Cosa c’è dietro l’omicidio Fortugno? Sembra proprio che ogni giorno che passa la nebbia anziché diradarsi si faccia più fitta. Proviamo a spezzare questo banco, ripercorrendo la vicenda. Lo facciamo senza commento, riportiamo semplicemente le notizie e fatti che si sono susseguite da allora a oggi, mettendo semplicemente insieme i pezzi che, come in un mosaico, o in uno dei troppi misteri italiani, presi a se non dicono nulla, ma visti nell’insieme danno un quadro capace di permettere una più chiara interpretazione...
Il 16 ottobre 2005, al seggio delle primarie dell’Unione viene ucciso Francesco Fortugno, con 5 colpi d’arma da fuoco. E’ il vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria ed ex primario del Pronto Soccorso di Locri (Asl 9).
Il gruppo di fuoco, che verrà con questa imputazione, arrestato vede come sicario, un giovane con comprovati e ben conosciuti problemi di stabilità mentale e comportamentale.
Il mandante Alessandro Marcianò, incriminato come tale, insieme al figlio, Giuseppe, (compartecipe della azione), sottoposto al regime del 41bis era collega di lavoro sia di Francesco Fortugno, Primario, sia della consorte della vittima, Maria Grazia Laganà, Vice Direttore Sanitario e responsabile del personale nella Asl 9 di Locri, nonché amico e comunque in confidenza con Domenico Fortugno fratello del deceduto, Direttore Sanitario della Asl 9 a Siderno.
La famiglia Marcianò, vide anche nel passato, la partecipazione della famiglia Fortugno, Francesco e Maria Grazia, come compari di anello del matrimonio del figlio.
Il sicario, prima dell’arresto, e dopo l’omicidio, era estremamente notabile, girava per la Locride su una BMW nuova fiammante, curioso per un nullatenente, ma altrettanto curioso, per un sicario di mafia, tenuto al silenzio e soprattutto a vivere nell’ombra, senza mai farsi notare.
Dal di due giorni dopo l’omicidio, emerge che:
- la consorte è figlia del potente avvocato Mario Laganà, già senatore della Democrazia Cristiana (e come vedremo poi già direttore della Asl 9 di Locri);
- la proposta avanzata di Fortugno di spostare la Asl di Locri a Siderno (dove abbiamo visto lavori il fratello) raccoglieva ampie proteste;
- la Regione si apprestava alle nomine dei nuovi direttori generali delle Asl commisariate nell’agosto 2005 e qui Fortugno, responsabile Sanità della margherita calabrese certamente aveva un peso.
[anomalie ulteriori quindi per un omicidio di ‘ndrangheta; oltre al fatto che storicamente la ‘Ndrangheta non commette omicidi eclatanti, gli unici sono quello del giudice Antonino Scopelliti eseguito su ordine di Cosa Nostra (quando Cosa Nostra era la più potente organizzazione mafiosa), e quello si Lodovico Ligato, non estraneo al mondo dell’illegalità e dell’illecito. La ‘Ndrangheta commette, solitamente omicidi “interni”, al mondo che le è contiguo e connivente, oltre alle faide tra famiglie. Solitamente poi come anche gli ultimi episodi di sangue nel nord Italia, non ama mettere la firma, e quando può ricorre agli “incidenti” o depista in modo esemplare, magari come un cuoco “represso nel menù” che uccide il suo datore di lavoro, che magari era pure un ex piduista e uomo dello Stato in pensione. La ’Ndrangheta, come si è visto anche a Locri, e come ormai si è accertato, ha raggiunto e mantiene ruolo dominante, cioè di maggior potere tra le organizzazioni mafiose, non solo italiane, grazie ai rapporti, alle alleanze, alle contiguità col Potere politico ed economico. Un atto eclatante può mettere in discussione questo rapporto.]
Non ancora raffreddato il corpo del povero Franco, ancora logicamente in alto mare ogni sorta di soluzione, o chiara visione, giudiziaria, a Locri scende tutta l’Unione, scende il Presidente della Repubblica, tutti parlano di omicidio di mafia.
La vedova Maria Grazia Laganà, in interviste e dichiarazioni (tra cui anche video interviste – mai smentite e non smentibili) dichiara di non sapere assolutamente nulla di mire della ‘ndrangheta sulla Asl di Locri, di non essere minimamente a conoscenza di infiltrazioni mafiose e classifica come “episodi sgradevoli” che capitano ovunque nella Sanità Pubblica, gli omicidi all’interno dell’Ospedale di medici, personale e pazienti.
A Rainews24 il 19 ottobre 2005, la Laganà dichiarava: “Non abbiamo mai avuto minacce, nessuna avvisaglia. Eravamo tranquilli. Hanno colpito l'anello debole della catena, ma non come uomo, ma perché non avendo ricevuto avvisaglie eravamo impreparati. Sarebbe stato meglio ricevere due bossoli in una busta” "Mio marito non aveva a che fare con nessun tipo di appalto - ha spiegato ai giornalisti - anche all'opposizione non poteva avere legami con amministratori e dirigenti Asl e adesso era vicepresidente di un organo legislativo e non di governo come il Consiglio regionale. Questa storia degli appalti l'ho appresa dai giornali e sentendo la televisione. Non ne avevo mai sentito parlare".
A ½H di Lucia Annunziata, sulla Rai, il 30 ottobre 2005 la dott.ssa Maria Grazia Laganà ha cominciato con il rispondere:
«… guardi, l’ospedale io non mi sento di … La sanità in genere, tutti gli ospedali in tutta Italia hanno delle grosse sofferenze … l’ospedale di Locri era l’indotto per la nostra zona, era la Fiat di Torino, ha dato lavoro a molta gente, e purtroppo la realtà della nostra zona non possiamo nasconderlo è una realtà difficile e quindi anche queste cose questi episodi sgradevoli sono in effetti successi ci sono stati omicidi di medici anche di paramedici, qualche volta anche di qualche paziente che era ricoverato…
"E perché "chiese l’Annunziata, "come erano motivati, poi si sapeva….."
"Va beh …ognuno aveva… alcuni non s’è mai saputo la motivazione …altri erano altri filoni che …..altre inchieste che la magistratura …che ci sono …"
Annunziata: "Quindi voi eravate in prima linea, o pensavate fosse normale…."
"No normale no, ma il contesto, giustamente lei mi ha detto…
il contesto è difficile occorre fare delle scelte, fare delle differenze, ma non si può essere avulsi completamente dal contesto soprattutto nella sanità in cui si hanno contatti con tutti... Ci sono dei problemi, delle sofferenze all’interno della gestione …perché c’è carenza di personale"
C’è un clima di intimidazione???
Personalmente non ho mai avvertito ……con la mia professione non ho mai avuto dei problemi …..il mio ruolo è quello della gestione del personale e rilascio degli atti sanitari quindi ho rapporti con il pubblico ma in maniera limitata.
"Suo marito : 35 anni di pronto soccorso ……..a Locri il pronto soccorso è tutto ……è l’ingresso... Avrà avuto gente sparata o ferita di cui non doveva dire il nome …"
"No no questo no assolutamente …. Essendo nella sua veste di primario di pronto soccorso un ufficiale di stato….non ha mai omesso nulla, si fanno dei referti regolari e non ha mai avuto minacce … poi noi abbiamo il posto fisso di polizia all’interno del pronto soccorso ma per mancanza di personale è stato un po’ meno presente… mi ero informata perché il personale addetto ai pronto soccorso, è regolato da una circolare ministeriale … non fanno parte delle caserme o delle questure… ma in tutto il territorio nazionale il personale di polizia a presidio dei pronto soccorso è stato ridotto, limitato."
"Visto che l’ospedale è l’equivalente nella zona della Fiat, che ha portato benessere occupazionale….è entrato nel mirino dell’interesse dalla ‘ndrangheta?…"
"NO!!!"
"Esclude categoricamente che il delitto possa essere maturato nell’ambiente della sanità?"
"Non riesco a darmi una risposta sul perché mio marito è stato ucciso sono a farmi domande ….L’unica cosa che riesco a pensare è un avvertimento, alle istituzioni, ed è stato colpito mio marito perché era facile da colpire … non ho idea di cosa voglia la ‘ndrangheta…sono in tanti ad avere avuto avvertimenti….ma mio marito nessuno, eravamo tranquilli…."
La notte del 17 settembre 2004, tutto il personale era allertato per l’arrivo di un ferito da armi da fuoco proveniente da Africo, gambizzato, che fu operato in sala gessi perchè le sale operatorie erano impegnate in un intervento vitale. Si trattava del nipote di “U Tiradrittu”, il boss della potente cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara, a cui estrassero 5 pallini, o meglio come disse il medico che lo accompagnò fuori, su una carrozzina e una flebo al braccio sinistro, dalla sala chirurgica di "fortuna", "solo cinque". Questo è confermato dalla mamma di quel ragazzo di Locri che usufruì dell'equipe allertata eccezionalmente proprio per chi ricevette quei 5 pallini, accompagnato da mezza Africo. Questa notizia non è uno scoop, solo una notizia non divulgata, eppure c'erano molti appartenenti alle Forze dell'ordine quella sera in quel Ospedale e certamente alcuni giornalisti erano al corrente.
Il Corriere della Sera, il 25 ottobre 2005, pubblica notizia delle intercettazioni telefoniche tra i familiari di Fortugno e esponenti della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara in Lombardia, tra cui anche latitanti. Intercettazioni della Procura di Milano, di chiamate di Mario Laganà, e Francesco Fortugno, a uomini come Domenico Attinà, legato al clan Morabito, ponte con Giuseppe Morabito e Giuseppe Pansera, in allora latitanti e rispettivamente padre e marito di Giuseppina Morabito collega di Fortugno e della Laganà (risulta che il Pansera acquistò 48 telefonini presso un centro di telefonia di Siderno, il commerciante di telefonia risulta assassinato da un commando non ancora individuato nel maggio 2005).
Queste tra il 1996 ed il 1999. Le giustificazioni che vengono portate dalla signora Laganà sono testuali “Era normale che fossero contattati i medici della zona, per il rinnovo delle cariche del Consiglio dell’Ordine dei medici”. Nel novembre 1999, Fortugno contatta per tre volte, non su portatili, bensì l’utenza di casa di Leone Bruzzaniti, arrestato nel 1996 a Milano, dopo essere sfuggito alla cattura ordinata dai Giudici di Genova, che è ritenuto personaggio di primo piano all’interno della cosca, tanto da essere stato condannato a 19 anni e sei mesi. Dove sono finite queste intercettazioni?
Già il 21 ottobre 2005 il Corriere della Sera parla di intercettazioni sino al 2003, effettuate dalla Procura di Milano e trasmesse per competenza alla Procura Reggina. Tra le 31 telefonate, intercettate, oltre a quelle già citate risultano anche diversi contatti tra la signora Laganà e il Pansera Giuseppe, la vedova, adduce sempre, alla necessità di contattare tutti i medici, per il rinnovo del Consiglio. Nel 2000 però, il Pansera, medico di Melito Porto Salvo era latitante, verrà arrestato nel 2004.
Secondo rivelazioni del quotidiano La Repubblica (da Repubblica e Nuova Cosenza), sarebbe Enzo Cafari, assicuratore ed operatore turistico, legato in passato all' ex presidente delle Ferrovie dello Stato Lodovico Ligato, ucciso nel 1989, l ' uomo che avrebbe contattato utenze telefoniche riservate intestate al Ministero dell' Interno. Cafari sarebbe stato in contatto con Giuseppe Pansera, genero del boss Giuseppe Morabito e medico in servizio nell' ospedale di Melito Porto Salvo, arrestato dopo un lungo periodo di latitanza insieme allo stesso Morabito. Il nome di Cafari compare nell' inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Milano sugli affari di Giuseppe Morabito, inchiesta dalla quale sono emersi anche gli sporadici contatti telefonici tra lo stesso Pansera e Francesco Fortugno.
''Nel 1999 -spiega il dipartimento- la Squadra Mobile della Questura di Milano, su delega della locale Direzione Distrettuale Antimafia avviò un'indagine su alcuni affiliati alla cosca della 'ndrangheta reggina 'Morabito Bruzzaniti Palamara', attiva anche nel capoluogo lombardo, ritenuti responsabili di gravi delitti, tra cui associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti''. Un'attività investigativa che ''venne successivamente estesa in provincia di Reggio Calabria ed a Roma'', con il coinvolgimento di altre persone, ''tra le quali Giuseppe Pansera e Rocco Carrozza, generi del noto boss reggino Giuseppe Morabito, all’epoca latitante''. Ed e' proprio nel corso di queste indagini, sottolinea il Dipartimento, che emerse, dalle intercettazioni telefoniche, ''anche il nominativo di Vincenzo Cafari, 72 anni. In particolare, vennero registrati suoi contatti con Pansera e Carrozza''. Si tratta dell'uomo che, secondo Repubblica, avrebbe contattato due utenze del Viminale. ''Cafari -prosegue il Dipartimento di Ps- che risulta aver avuto incarichi presso Segreterie di Sottosegretari di Stato di diversi Dicasteri negli anni 1968-1974, e' segnalato negli archivi di polizia in quanto denunciato per associazione a delinquere finalizzata anche al sequestro di persona a scopo di estorsione, ricettazione e falso. Agli atti risulta titolare di uno studio in Roma, in via Tagliamento, sede di una società di gestione di alberghi ''SO.GE.AL. s.r.l.'', di un'agenzia di assicurazioni e dello studio dell'Avv. Giuseppe Lupis, indagato quale affiliato alla cosca 'Morabito', gia' difensore di fiducia di presunti appartenenti al detto clan ed arrestato nel 2004''. ''Nell'ambito del procedimento penale in questione -aggiunge il Dipartimento- furono messe sotto controllo anche utenze telefoniche in uso al Cafari. Durante questa attivita' investigativa, svolta sotto la costante direzione della Procura della Repubblica di Milano (che di ogni sviluppo venne tempestivamente e costantemente tenuta informata da quella Squadra Mobile) si registrarono, nel corso del 2001, contatti telefonici con un funzionario di polizia, il cui contenuto fu ampiamente chiarito quattro anni fa''.
Quello di Enzo Cafari è un nome che in passato è comparso più di una volta nelle inchieste sui rapporti tra 'ndrangheta ed ambienti politico-affaristici non soltanto calabresi ma anche a livello nazionale. A lui fece riferimento, tra l'altro, l'ex ministro della Giustizia Giuliano Vassalli rispondendo ad un'interrogazione sui rapporti tra mafia e massoneria, confermando che collegamenti, in particolare, tra mafiosi ed affiliati alla loggia massonica P2 erano emersi nel corso del processo svoltosi a Locri contro don Giovanni Stilo, il sacerdote di Africo Nuovo morto di recente sospettato di rapporti con la 'ndrangheta. Vassalli parlò, in particolare, dei rapporti tra don Stilo e lo stesso Enzo Cafari. Ed ancora il nome di Cafari comparve nell'inchiesta sull'assassinio di Mino Pecorelli a proposito di un presunto incontro che il giornalista avrebbe avuto con l'assicuratore calabrese poco prima di essere ucciso. Circostanza, però, che Cafari ha sempre smentito sia nel corso dell' istruttoria sull'assassinio di Pecorelli, che durante il processo. ''Il giorno in cui mi sarei incontrato con Pecorelli – dichiarò durante il processo lo stesso Cafari - ero a Reggio Calabria, com'è provato documentalmente. L'ultima volta che vidi Pecorelli fu nell'autunno del 1978 dopo che mi aveva proposto di collaborare ad una rubrica su temi assicurativi''. Dopo alcuni anni in cui era tornato nell'anonimato, Cafari ricompare adesso in una vicenda scottante a proposito delle sue telefonate su utenze riservate del Viminale.
Infine, il dipartimento di Pubblica sicurezza, rivela che ''Cafari risulta aver avuto incarichi presso Segreterie di Sottosegretari di Stato di diversi Dicasteri negli anni 1968-1974''.
Il 20 marzo 2006 La Stampa e Rainews24 danno notizia che c'è un testimone di meno in Calabria, l'hanno ammazzato per chiudergli la bocca, all'ultimo momento. Sapeva qualcosa sul delitto eccellente di Locri,. Un sottile filo rosso collega l'omicidio di Francesco Fortugno all'agguato di ieri al calciatore del Locri Vincenzo Cotroneo, 28 anni, ucciso a Bianco. Gli investigatori volevano informazioni su quattro o cinque personaggi che gli giravano intorno, soprattutto volevano scoprire se lui conosceva alcuni nomi, e non di mafiosi qualunque, volevano scoprire se lui conosceva i nomi di quelli che un'estate fa avevano sparato sulla saracinesca del circolo sportivo che Vincenzo gestiva insieme al padre in un vicolo di Bianco. Un avvertimento molto speciale, l'arma usata era una calibro 9 x 21, molto probabilmente la stessa che il 16 ottobre successivo ha ucciso Fortugno.
In merito agli indagati che verranno arrestati successivamente, il il 24 marzo 2006 sottolineava:
- il rapporto di amicizia di Alessandro Marcianò, con la famiglia Fortugno, oltre che con Francesco, anche con il fratello Domenico;
- Alessandro Marcianò conferma di essere legato, insieme al figlio , Giuseppe Marcianò, a Crea, esponente della Margherita, sottolineando però che prima aveva aiutato proprio Francesco Fortugno ad entrare in Regione (oltre 8.000 preferenze non solo a Locri ma anche nella Piana di Gioia Tauro, contro le 3000 delle precedenti elezioni);
- Alessandro Marcianò risulta collega (della porta accanto) della signora Laganà, lei Vicedirettore sanitario, responsabile del personale, lui Caposala, mentre Fortugno era Primario, il fratello di questi Direttore sanitario a Siderno, stigmatizzando ”sono qui da 30 anni ci conosciamo tutti”;
- Giuseppe Marcianò, risulta essere stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Intreccio” relativo a traffico di armi e droga;
- Insieme al gruppo di fuoco, risulta aver passato i giorni precedenti l’omicidio, nel nord Italia (Milano, Torino, Novara) Domenico Audino.
Il Ministro degli Interni, Pisanu, dispone un procedimento amministrativo sulla Asl 9 di Locri.
Viene nominata una Commissione di accesso per accertare i fatti. In Primavera 2006 la Commissione realizza il documento conclusivo, la famosa Relazione Basilone, che porta il governo di centrodestra, con un grave ritardo di diversi mesi, ad adottare il Provvedimento (mai contestato) di scioglimento e commissariamento della Asl 9 di Locri per infiltrazioni Mafiose.
In aprile 2006 l’Espresso online, pubblica un ampio articolo. Questo è un passaggio, crediamo significativo visto che si parla del Pansera (intercettazioni telefoniche citate) e contenente un riferimento all’aspetto ”politico” di certe relazioni, con una delle componenti della Margherita: “Nel 1998 il genero di Tiradritto, Giuseppe Pansera, mentre era intercettato dalla polizia su ordine del pm Gratteri, parlava di esplosivi da acquistare, ma si occupava anche delle elezioni provinciali. In particolare dava indicazioni per appoggiare un medico pregiudicato che si candidava con la Lista Dini. Oggi Pansera è in carcere a Parma, mentre resta in libertà l'altro genero del boss: Francesco Sculli, direttore dell'ufficio tecnico di Bruzzano Zeffirio, un comune di 2 mila abitanti a pochi chilometri da Locri.”
La Relazione mette in evidenza un infiltrazione pressoché totale, per coinvolgimento delle ‘ndrine (Morabito-Bruzzaniti-Palamara, Macrì, Cataldo, Cutrì, Nirta, Commisso, Aquino, Lombardo, Panetta, Mammoliti, Alì, Albanese, Vadalà, Morando, Triboli, Mollica, Barbaro, Ruga, Gallace, Mazzaferro, Pangallo, Ierinò, Paviglianiti, Maesano, Strangio, Giampaolo, Romeo, Pelle, Iamonte, Alecce, Audino, Ruggia, La Scala , Ursino) e per forza di condizionamento della gestione amministrativa, finanziaria e pratica dell’Ente Sanitario. Personale medico e non, in cui spiccano i parenti più stretti dei capi clan, anche latitanti. Soggetti sottoposti a provvedimenti cautelari o a condanne detentive in carcere che regolarmente percepiscono lo stipendio quali dipendenti. I “laureati”, pupilli del noto e scomparso don Stilo, indicato più volte come ponte tra ‘Ndrangheta e Cosa Nostra, ben addentro e influente all’Università di Messina. Ditte e Cooperative della ‘Ndrangheta, perché infiltrate o perché letteralmente “proprie”, alcune delle quali già sotto sequestro, ricevono appalti e incarichi. Incarichi a personale o ditte che proseguono, senza alcun rinnovo e continuano ad essere pagati regolarmente. Il tetto di spesa è un optional (oltre 88 milioni dal 2000 al 2005 spesi , pari al doppio di quanto consentito dalle norme; 27 strutture private – esterne – convenzionate; 135.000 abitanti, ogni cittadino avrebbe dovuto quindi ricorrere alle strutture private – per giustificare la spesa – 13,96 volte all’anno) e non esiste l’ombra di un certificato antimafia come imposto dalla normativa. (vedi qui lo speciale)
E' ampia, già dalla primavera, la "pubblicazione" di stralci e notizie sull'inquietante realtà emersa dalla Relazione sulla Asl di Locri, con attestati ai protagonisti di questo coraggioso lavoro. Le testate che se ne occupano, ma che poi "dimenticano" lo scottante argomento sono: , e La Stampa.
E’ in questa Asl dove operava come Primario Francesco Fortugno e come vicedirettore sanitario e responsabile del personale, la vedova, Maria Grazia Laganà (che per questa funzione doveva anche prendere parte ai procedimenti, dando anche parere, su assunzioni, acquisti materiale sanitario, appalti, incarichi e convenzioni). La quale però non ha mai sollevato, pubblicamente alcun riferimento a questa realtà, e quando la affrontava negava e affermava di non saperne nulla.
Nel passato risulta essere stato direttore della stessa Asl l’avvocato Mario Laganà, padre e suocero. E’ in questa Asl dove vengono assunti parenti (fratelli, cugini e nipoti) di Fortugno e Laganà. L’unica nomina non effettuata è stata quella di Mario Laganà a Sindaco della Azienda, per conflitto di interesse. Ad evidenziare questo è l’ex direttore Filocamo Giovanni (il Giornale – 12 dicembre 2006), che afferma: «Io ho speso una vita per portare la medicina a Locri, non ci sto a passare per il Grande Vecchio delle cosche. Tutti sanno che Fortugno è stato assunto quando il suocero, potentissimo esponente democristiano, era amministratore della struttura. Se, come leggo dai giornali, c’è qualcosa che non va nella Asl di Locri non è a me che si devono imputare situazioni strane. Io solo un anno sono stato direttore generale. Le famigerate assunzioni le facevano altri, tra cui il comitato di gestione in cui il suocero di Fortugno era pure amministratore. Per quanto mi riguarda ho fatto un concorso alla signora Laganà e al fratello, ed entrambi sono stati presi. All’ospedale lavorano anche cugini, nipoti, parenti vari di Fortugno e della Laganà. Ho avuto l’ardire di oppormi per motivi di opportunità alla nomina del padre della Laganà, nel 2004, quale componente del collegio sindacale, perché ritenevo che vi fosse un conflitto d’interessi grande così. L’ho fatto presente pubblicamente, all’epoca, ma non ce n’è traccia nella relazione ministeriale sulla Asl di Locri dove, stranamente, non si fa mai cenno alla signora Laganà, al padre, allo stesso Fortugno. Una domanda: si sa chi ha assunto Alessandro Marcianò, il presunto mandante dell’omicidio che lavorava fianco a fianco alla vedova nella direzione sanitaria? E gli altri parenti dei boss? Io no. Qualcuno ha detto che fino al mio arrivo, la Asl di Locri lavorava essenzialmente in esterno, ma con me il budget degli accreditamenti è stato ridotto del 40 per cento? Perché nessuno lo ricorda?».
In effetti nella parte che siamo riusciti a pubblicare della Relazione della Commissione d’Accesso, il ruolo dei componenti della famiglia Laganà, per le diverse funzioni svolte, non è mai indicato.
Il Forum di AmmazzateciTutti, realizzato dai giovani della Margherita di Polistena, presso il server della ditta del padre (ex esponente della DC calabrese) di uno di questi, avanza con forza la alle elezioni politiche. Un Forum che abilmente è stato fatto passare per “I Ragazzi di Locri”, con un’attenzione praticamente degna solo delle famiglie reali, da parte del sistema mediatico.
Anche in questo Forum la realtà della Asl di Locri è sempre stata un tabù. Anomalo fatto visto che quella evidenziata dalla Relazione è una realtà a conoscenza quantomeno di tutti i Locresi. Quando, prima delle elezioni, ad aprile in molti, si chiese che quella Relazione amministrativa, fosse resa pubblica, visto che il procedimento si era concluso con il commissariamento, perché strumento essenziale per capire e per raggiungere la verità, chi lo chiedeva veniva tacciato di lesa maestà e ridotto al silenzio.
Non si comprende, come ha anche sottolineato, l’Onorevole Angela Napoli, ex Vicepresidente della Commissione Antimafia, il silenzio, la riservatezza o segretezza, sulla Relazione Basilone, considerando che non vi è stato un seguito giudiziario. (considerato che la DDA non ha dato questo seguito)
La candidatura della signora Laganà prende corpo, e viene nominata quale prima dei non eletti, a seguito della morte dell’Onorevole Zappia. Naturalmente non cambiano le dichiarazioni sulla realtà della Asl di Locri. In novembre 2006 entra a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso.
Uno dei primi provvedimenti adottati dal nuovo Governo, e più precisamente dal Ministero degli Interni, è “premiare” la dottoressa Paola Basilone. Visto che aveva svolto un ottimo e coraggioso lavoro in Calabria, la trasferiscono a Roma come responsabile del servizio centrale scorte.
Quando vengono arrestati i Marcianò, e l’ex collega della porta accanto d’ufficio, è indicato come mandante qualcosa cambia. (estate 2006)
Il Sostituto Procuratore della DDA di Reggio Calabria, Giuseppe Creazzo, titolare della indagine sull’omicidio Fortugno, ha portato al conseguimento di importanti risultati, anche considerando la conoscenza specifica del caso, ha accettato il nuovo incarico proposto dal Ministro della Giustizia, Mastella, quale vicedirettore dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia. Questo trasferimento ha certamente pesato, come affermato dall’interrogazione dell’Onorevole Napoli del giugno scorso e ancora inevasa, nel momento in cui le indagini sul delitto appaiono nella loro fase cruciale ed alla luce delle gravi carenze di Magistrati evidenziati da tutti i responsabili delle strutture giudiziarie di Reggio Calabria e Locri.
La vedova inizia a parlare di denunce presentate da suo marito, sulla gestione della Asl di Locri (ma non era vicedirettore e responsabile personale lei? Non sa proprio nulla di quello che succedeva e che il marito aveva denunciato?)
Le dichiarazione sulle presunte denunce di Francesco Fortugno da parte della vedova, si fanno sempre più incalzanti, mentre continua non cambiare la sua versione sulla Asl, arrivando a chiedere che fosse il Procuratore Nazionale Antimafia ad occuparsi direttamente dell’indagine. Fatto che sarebbe illegittimo considerato che il ruolo, stabilito dalla legge, del Procuratore Nazionale Antimafia è quello di coordinamento e supporto alle DDA, ma non quello di indagine.
In parallelo “il movimento antimafia” così presentato pressoché unanimemente dalla stampa e dai media, di AmmazzateciTutti, si accoda alla scia delle nuove dichiarazioni della neo onorevole Laganà.
Quando la Procura Nazionale Antimafia a seguito, dell’incontro con le DDA calabresi, nell’ottobre scorso, parlò di omicidio politico, e non quindi di mafia, risultò ancora più dirompente la dichiarazione del Procuratore di Locri, Giuseppe Carbone, secondo cui non esisteva alcuna denuncia di Francesco Fortugno sulla gestione della Asl di Locri, ne tanto meno quindi sui tentacoli in essa della ‘Ndrangheta.
Il Vice Ministro degli Interni, Marco Minniti, durante la trasmissione AnnoZero sulla ‘Ndrangheta, del 19 ottobre ' 06 ( ) , ha dichiarato: ”Penso che la Relazione della Commissione d’Accesso sulla Asl di Locri debba essere letta nelle scuole, debba essere diffusa, deve essere conosciuta perché considero quel documento un documento assolutamente fondamentale per comprendere quale è la capacità di infiltrazione della mafia e della ‘ndrangheta. Perché lei mi chiederà: come è possibile che la ‘ndrangheta che c’ha quel giro di denaro di cui ha parlato prima Michele Santoro, perché si interessa della nomina del Primario? Eppure si interessa della nomina del Primario. Il problema è che la ‘ndrangheta si occupa anche di queste cose, perché la partita vera che si gioca in Calabria, come in altre parti del nostro Paese, è la questione della sovranità e chi comanda veramente sul territorio. E se uno comanda veramente sul territorio, deve poter decidere anche i Primari. Se no, altrimenti, non comanda”.
Pochi giorni dopo, il 27 ottobre, le abitazioni dei giornalisti di Democrazia e Legalità che avevano pubblicato (il 15 ottobre, mentre il 16 lo pubblica la Casa della Legalità) la Relazione Basilone , atto amministrativo di un procedimento concluso, non coperto da segreto istruttorio, e soggetta alla normativa sulla trasparenza degli atti amministrativi, vengono perquisite “all’ora dei camorristi”. Non è un provvedimento della DDA, bensì del Pm Giuseppe Lombardo della Procura di Reggio Calabria, figlio d’arte di Rocco, ex Procuratore capo di Locri, “una guida sicura”, prima dell’arrivo di Giuseppe Carbone. Procura quest’ultima, di Locri, al centro del ”mistero”, ed oggetto, oggi, di polemiche, richieste di chiarezza e ispezioni ministeriali.
Il 3 novembre, vengono oscurate le relazioni dai siti: Democrazia e Legalità e Casa della Legalità, da Repubblica svanisce. Il 9 novembre vengono disposti altri sequestri: Libero.it, Wikipedia, Comunisti italiano della Calabria, Gil Botulino, Radio24-il sole24ore. Insieme a questi viene sequestrato e oscurato il Dossier sulla Asl di Locri redatto dalla Casa della Legalità (quello in formato pdf, non quello in html) dove vengono elencati i dati pubblici su tutte le aziende e cooperative – con lista soci e società collegate – indicate dalla Commissione di accesso come aziende attraverso cui la ‘Ndrangheta si era infiltrata nella Asl di Locri, parallelamente agli articoli sulla vicenda dal 2005 a ottobre scorso. Oscurato e sequestrato in quanto catalogato, sempre dal Pm Giuseppe Lombardo, come documento riservato/secretato. Peccato che poteva essere, come può ancora essere, strumento per capire quali altri Enti sono in affari con le ditte della ‘Ndrangheta in tutta Italia. Il silenzio dei media è pressoché totale, dopo un'articolo su Repubblica online, e un trafiletto su l'Espresso, solo il Sole 24 ore con Radio 24, mantiene l'attenzione sulla vicenda, e decide con la trasmissione Reporter24 di leggere, tutta la relazione per diverse settimane (per ascoltarla clicca qui). L’irregolarità delle procedure seguite altrettanto totali e, considerando le regole di procedura giudiziaria, inficianti il provvedimento stesso.
Naturalmente”l’organo antimafia”, AmmazzateciTutti, nato dopo l’omicidio Fortugno, quello dello striscione con la Margherita, e che sponsorizzò la candidatura della vedova, su tutto questo tace, la verità accertata sulla Asl di Locri è come se non esistesse, cancellano i messaggi dove sono indicati i link per la Relazione e gli approfondimenti ( – ).
A seguito delle pubblicazioni online della Relazione, l’ex Vicepresidente della Commissione Antimafia, Onorevole Napoli, dichiara a Democrazia e Legalità, testuali parole: ”La mia perplessità è dovuta proprio al tentativo di deresponsabilizzazione ....se ne è servita la stessa vedova di Fortugno: parla sempre di un omicidio di mafia con un imput politico, ma non dice mai da dove sarebbe venuto questo imput. A mio avviso c'è una fase di depistaggio. L'onorevole Laganà è andata alla DDA di Catanzaro a farsi consegnare le interrogazioni di Fortugno contro un dirigente della asl, che avrebbe cercato di sdoppiare alcune funzioni di primario, funzioni che appartenevano allo stesso Fortugno. Questo significa, però, evidenziare solo interrogazioni di Fortugno “pro domo sua”, su un caso che lo interessava direttamente. Sulla situazione generale, esistono interrogazioni di Fortugno, denuncie sul sistema generale all'interno dell'ospedale e della Asl 9? Se ci sono, ha senso dire che Fortugno si è opposto alla mafia, ma se non emergono...allora non capisco”.
[un panorama politico, quello calabrese, in cui la stragrande vittoria del centrosinistra, corrisponde ad una maggioranza di consiglieri regionali – 27 su 50 -, inquisiti e imputati in diversi e pesanti procedimenti giudiziari, quando non addirittura già condannati, a partire dai presidenti del Consiglio, Bova e della giunta, Loiero (ma anche di questo abbiamo già parlato). La mancanza di risposte all’illegalità, agli sprechi, alle altre Asl, come quella di Palmi o Melito Porto Salvo, non diverse da quella di Locri, alle infiltrazioni della ‘Ndrangheta vedono una trasversalità di interessi e di interventi di accettazione e convivenza, quando non addirittura di contiguità e connivenza nella Politica.]
Giungono in contemporanea altri segnali preoccupanti quanto anomali. Il 14 dicembre 2006 una bomba carta in un cestino di rifiuti all’Ospedale di Siderno, unità della Asl 9, con una lettera anonima, fatta ritrovare agli inquirenti, dove si affermerebbe, che gli autori non sono dei dilettanti e se vogliono possono colpire. Destinatari indicati nella lettera di questo atto sono: il direttore sanitario dell’ospedale, Domenico Fortugno, fratello di Francesco, e la vedova Maria Grazia Laganà (ex vicedirettore sanitario dell’Asl 9 di Locri). Intervestato dal Telegiornale regionale della Rai, con voce provata, Domenico Fortugno ha ripetuto le parole della cognata dette nei giorni seguenti all'omicidio del fratello, non ho idea di chi abbia ordito questo attentato, non so proprio chi possa essere il mandante, chi possa avercela con me. La vedova, invece, parla di un tentativo in corso per delegittimarla e denigrarla.
Il 16 dicembre 2006, è data notizia di denunce di Francesco Fortugno ritrovate in un armadio nella Procura di Locri, risalenti al 2002. Se tutti parlano di interrogazione effettuata in quell’anno in Consiglio regionale e non quindi di denuncia alla Procura, le voci concordano, se invece si parla di denunce o esposti, all’Autorità Giudiziaria, le versioni divergono, portando il Procuratore di Locri, ad affermare che quelle denunce non esistono, come anche accertato con Piero Grasso, il 18 ottobre scorso a Catanzaro.
Non è poi tanto misteriosa la interrogazione del 2002, di Francesco fortugno sulla Asl di Locri, quella sua e della moglie (Vicedirettore sanitario responsabile del personale con quindi compito di intervento e parere in tutti i procedimenti di: assunzioni, incarichi, convenzioni, appalti, incarichi esterni, forniture). Questo considerato che detta interrogazione, che oggi sembra uno scoop, , giornale che annovera nella sua redazione, anche l'unico "testimone oculare" dell'azione di fuoco a Palazzo Nieddu, Pino Lombardo, cognato di Giuseppe Bova, presidente del Consiglio regionale della Calabria.
Interrogazione () dove non si parla delle ditte indicate dalla Commissione, neanche mezza, non si parla minimamente delle decine di unità mediche e non, pregiudicate per delitti di mafia e infamanti contro la Pubblica Amministrazione o persone, indicati dettagliatamente e documentalmente dalla relazione Basilone come dipendenti della Asl di Locri, cioè colleghi di lavoro di Fortugno stesso e della moglie dottoressa Laganà. Non si citano o denunciano imancati allontanamenti per i condannati in via definitiva con anche interdizione dai Pubblici Uffici. Non sono mai citati ne direttamente nè indirettamente, le infiltrazioni della 'Ndrangheta nella Asl 9. Quanto evidenziato nell'interrogazione, in merito all'unico nominativo contenuto nella Relazione, è relativo - come anche evidenziato da un'interrogazione Parlamentare nonchè da un'intervista all'allora Direttore Generale - a un aspetto che riguardava personalmente Fortugno quale Primario. Vengono indicate irregolarità di gestione di bilancio e patrimonio, che però - come l'assenza di un invenatrio - certamente risalgono al periodo precedente di gestione. Inoltre le contestazioni mosse, tutte, rientrano nel potere-dovere di verifica ed intervento della Regione stessa, anche considerato il passaggio sull'assenza di bilancio, e degli sforamenti (è il Presidente della Regione che li deve firmare). Un ulteriore interrogativo: dove era il responsabile del personale, con tutte le sue funzioni di legge? Ed inoltre i Sindacati, vagavano nel parco?
Considerato che l'unica cosa certa sulle famose e discusse denunce di Fortugno, assodato che di 'Ndrangheta nella interrogazione manco l'ombra, ma che questa è, ed appare, alla base del famoso fascicolo "ritrovato", non dovrebbe essere (a differenza della Relazione Amministrativa della Commissione di Accesso) coperta da segreto istruttorio? Come mai questa è stata pubblicata nell'ottobre del 2006, e fatta passare come ritrovata due mesi dopo? Ma se è "la denuncia", come mai non sono state sequestrate le copie di essa e la documentazione, certamente relativa , presente negli uffici della Asl e della Regione?
In merito alle polemiche di questi giorni sulla morte di Francesco Fortugno, ex vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, ucciso nell'ottobre 2005, l 'ex procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna ha detto: ''Penso che Fortugno sarebbe stato ucciso malgrado quelle denunce che pure risalivano a quattro anni prima''. Le denunce, ha ricordato Vigna, ''riguardavano la gestione della Asl di Locri. Su questa, oltre alla magistratura, c'e' il potere politico e regionale che devono verificare. Ma la Calabria e' in una situazione disperata. Basta leggere quello che ha scritto il prefetto De Sena che, a proposito della Pubblica Amministrazione calabrese, disse che la mafia non ha bisogno di infiltrarsi perche' c'e' gia'''.
La Commissione Antimafia del Parlamento ha richiesto copia di tutti gli atti, per comprendere globalmente il caso.
Il 18 dicembre 2006 la Cassazione accoglie i ricorsi dei Marcianò, centrati sulla inattendibilità dei collaboratori di Giustizia. Annulla le ordinanze di carcerazione della Procura di Locri e rinvia a nuovo esame.
Il 20 dicembre 2006, la notizia di una bomba all’ospedale di Locri. Tutto il mondo politico calabrese e di Governo, esprime solidarietà e vicinanza all’onorevole Laganà. Viene fermato, per i fatti di Siderno del 18 dicembre, un ex poliziotto, allontanato nel 2004 dalla Polizia di Stato, Francesco Chiefari. L’arresto viene convalidato. Ritrovato "esplosivo" simile a quello di Siderno e Locri nel cimitero di Careri.
Ma allora quella Relazione della Commissione di Accesso, unico documento ufficiale perché viene negato o nascosto?
Poi, se nel 2002 vi sono state effettivamente delle denunce di Fortugno, questi sino al 2005 (quando tra l’altro dall’opposizione era passato con l’Ulivo-Unione alla maggioranza e guida della Regione) non ha richiesto più provvedimenti in merito? Il potere di controllo, verifica e gestione nella Sanità non è anche politico e nel potere della Regione?
La signora Laganà, se non era una prestanome o un passacarte nella sua funzione direttiva e di controllo nella Asl di Locri, non poteva e non può non sapere quello che dichiara pervicacemente di ignorare. Perché?
Se è vero, come afferma la signora Laganà che esistono denunce del marito sulla gestione della Asl, e quindi sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta, lei che era vicedirettore sanitario e responsabile del personale, figlia del ex direttore e amministratore di quella Asl, non sa proprio a cosa si riferissero?
Nel momento in cui la relazione non è più un segreto, nonostante i tentativi al di fuori delle regole dello Stato di Diritto per tenerla nascosta, e nel momento in cui emerge pubblicamente “tutto il peso” della famiglia Laganà e con essa quella Fortugno, nella Sanità di Locri, iniziano a susseguirsi atti come quelli di Siderno e Locri. Fatti che di fatto spostano l’attenzione dagli elementi emersi sulla vicenda. Coincidenze? O come siamo abituati in Italia, tentativi di depistaggio?
Onestamente, crediamo che mettere in fila i fatti, cosa che avrebbe potuto e dovuto fare un qualsiasi giornale della Calabria o Nazionale, aiuti davvero ad aprire un varco tra la nebbia e quindi lo abbiamo fatto, per dovere di informazione e perché crediamo che la verità e la giustizia siano da perseguire sempre, non guardando in faccia nessuno.