Qualche notte fa è stato “arrestato in carcere” il presunto mandante ed esecutore dell’omicidio Congiusta. Era latitante dal marzo 2005, per associazione mafiosa, armi e droga, arrestato nel dicembre scorso. Capo dell’omonima cosca di Siderno, Costa. Nonostante ciò a maggio da latitante, secondo le imputazioni, decide ed esegue l’omicidio...
Dalle prime dichiarazioni, seguite alla contestazione del reato effettuata in carcere ove è detenuto, appare che l’omicidio rientri in un “regolamento di conti”. Fatto che, se confermato, vedrebbe il titolare del punto vendita di telefonia di Siderno, ucciso il 24 maggio 2005, in contiguità, quantomeno, con gli ambienti della ‘Ndrangheta. Esemplare, dobbiamo dirlo, che il padre e la famiglia di Gianluca, vogliano verità e giustizia, anche se questa, a quanto potrebbe risultare, evidenziasse la non estraneità della vittima con l’ambiente dell’assassino. Questo è sacrosanto è giusto. La verità, anche quando non è quella che si vorrebbe, è da raggiungere, perché un morto ammazzato merita, come tutti, giustizia.
Ci piacerebbe che chi è a conoscenza di cose rilevanti e crediamo determinanti (avendo letto con attenzione la Relazione della Commissione d’Accesso alla Asl di Locri) sull’omicidio Fortugno decidesse di parlare. Anche qui occorre fare giustizia. Anche quì la verità può nascondere scenari inquietanti, ben oltre la drammaticità di quel omicidio, coinvolgendo quella “cupola” che congiunge gestori della cosa pubblica, responsabili di uffici pubblici e uomini della ‘Ndrangheta, passando per la massoneria deviata. Chi aveva responsabilità non può non sapere e quindi si tace si fa complice, di un omicidio i cui “vantaggi” sono ricaduti non certo nell’ambiente criminale, bensì, nell’ambiente ove operava Fortugno, primario alla Asl di Locri e vicepresidente del Consiglio Regionale calabrese. Non si sono ancora chiarite, non solo le circostanze gravi indicate dettagliatamente nella Relazione Basilone, che smascheravano una infiltrazione pressoché totale nella Asl di Locri (che non sembra fare eccezione in quella terra) delle diverse ‘ndrine, ma nemmeno quelle intercettazioni telefoniche dei familiari – moglie e suocero - di Fortugno, e lui stesso, con gli uomini della cosca Morabito – Bruzzaniti – Palamara, ed in particolare con il Pansera, compagno di latitanza di Morabito, “u tiradritto”, di cui è anche genero, medico coniugato con la dottoressa Giuseppina Morabito che è in forza alla Asl di Locri. Intercettazioni cadute nel dimenticatoio, effettuate negli anni di latitanza dei soggetti, sia su telefoni fissi sia su alcuni di 48 cellulari acquistati dal Pansera, per le comunicazioni della cosca, in un negozio di telefonia a Siderno.
Importante segnale è la dichiarazione del Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Francesco Forgione, che sul Venerdì di Repubblica del 5 gennaio, afferma che la Commissione ha acquisito la Relazione sulla Asl redatta dalla Commissione presieduta dal Prefetto Basilone, aggiungendo che questa sarebbe da leggere, rispondendo alla domanda del giornalista, che sottolinea la vicenda di quanti sono finiti sotto inchiesta, con sequestro di pagine web, per averla pubblicata.
Già Marco Minniti, Vice ministro degli Interni, prima di ritirarsi deferente nella consegna del silenzio (probabilmente ricordando la vicenda del ponte sullo stretto e le intercettazioni con il direttore della Gazzetta del sud), aveva detto che quel documento và letto nelle scuole…
Chissà quanto tempo occorrerà perché alle parole seguano i fatti e chissà quando si avrà il coraggio, per chi sa, e conosce, fatti-persone-circostanze, di dire quello che può servire al raggiungimento di verità e giustizia in quella terra, con i suoi tentacoli, ben penetrati, nel nord, come nel centro o all’estero, stroncando quelle protezioni e quei legami che fanno della ‘Ndrangheta, non un emergenza, ma una ben organizzata e potente organizzazione mafiosa, e come tale infiltrata/amalgamata con il Potere ufficiale.
Anche Loiero potrebbe dire qualcosa, oltre a dichiarazioni che paiono sempre più messaggi cifrati, missive di strano tenore…come quando disse che alla ‘Ndrangheta non conveniva ucciderlo, perché se lo avessero fatto, la Calabria sarebbe stata militarizzata e gli affari criminali avrebbero subito un duro colpo. Ora nuove minacce.
Il concetto di legalità è sempre più distorto. Chi anziché denunciare il pizzo, le richieste, persino scritte di un clan di Siderno, quello dei Costa, alle autorità preposte, allo Stato (che deve esserci!), sceglie di rivolgersi in via d’amicizia e conoscenza ad un clan rivale del pretendente, quello dei Commisso, finendo poi morto ammazzato, dal capo clan in persona in latitanza. Tutto questo anziché essere definito, classificato, come naturale e giusto, come contiguità, collusione, è stato definito “opporsi al pizzo”. Mistificazione inaccettabile, che confonde, che segna, in modo dirompente, come se ve ne fosse ancora bisogno, la necessità di denunciare alle Autorità, di rompere l’omertà e, portare, lo Stato a muoversi, esserci. Mistificazione che è insulto oltraggio, sbeffeggio vile agli uomini dello Stato che coraggiosamente fanno il loro lavoro, come anche nei confronti dei gruppi, comitati, associazioni e singoli che il pizzo lo denunciano a viso scoperto e a testa alta, rischiando la vita. Chissà…quanto dovremo aspettare, perché certe affermazioni, certi, di fatto, inviti a rivolgersi a chi controlla il territorio con prepotenza e violenza e non agli uomini dello Stato, investigatori e magistrati, cessino. Perché la forza intimidatrice e di morte della ‘ndrangheta deve essere accettata, percepita, subita, come da invito stesso del Potere, che di fatto sceglie di non opporsi, andando ben oltre alla convivenza, che qualche ministro auspicava, facendosi parallela e china? Per noi non è accettabile, e continuiamo a ripeterlo e provare disgusto e rabbia.
E intanto, senza che nessun responsabile sia messo alla porta, due fatti. Nessun colpevole per la strage di Ustica, nessuna responsabilità accertata e nessun risarcimento alle vittime, perché il Legislatore ha cancellato il reato e quindi i Giudici hanno dovuto applicare le leggi. Il disastro Sanità in Calabria è stato sancito dalle ispezioni dei Nas, con 20 strutture su 24 responsabili di pesanti irregolarità. Il panorama del rinnovamento è questo?