La storia dell'omicidio Fortugno, dell'Asl 9 di Locri e dell'indagine sull'On.Laganà, riserva continue sorprese. Continuna ad essere una storia ambigua, oscura, contraddittoria e confusa...
Ci sono ambiguità-contraddizioni “legali”.
La signora Maria Grazia Laganà, in merito all’inchiesta che è scaturita nel procedimento penale e processo per l’omicidio Fortugno, condotte dalla DDA di Reggio Calabria, durante la conferenza stampa del 2.3.2007, ha "contestato": “La qualità dell’indagine relativa all’omicidio di mio marito era ed è assolutamente insoddisfacente… Non è stato a sufficienza indagata la commistione tra famiglie di magistrati, ‘ndrangheta e politici nel settore della sanità pubblica e privata. Mio marito denunciava questi fatti ed è stato ammazzato” (su cui abbiamo già parlato).Queste affermazioni però contrastano pesantemente con quelle dei legali che la rappresentano, insieme ai figli, come parte civile nel processo per l’omicidio del marito, gli avvocati Sergio Laganà e Antonio Mazzone, che, invece, hanno “condiviso l’impianto accusatorio dell’accusa nel procedimento per l’omicidio di Fortugno” (come riporta la “Gazzetta del Sud” del 27.02.2007). Ennesima contraddizione, pesante che mantiene costante la “schizofrenia” delle enunciazioni della signora. Eppure nessuno ci fa caso.
Ci sono, poi, le ambiguità-contraddizioni che definiamo “dei Legali”.
Ad assistere la dott.ssa Laganà per l’indagine aperta su di lei dalla DDA di Reggio Calabria (il cui nuovo coordinatore è il giudice Boemi), vi sono il cugino Sergio Laganà ed il penalista, presidente della Camera Penale di Locri, Antonio Mazzone. Proprio gli stessi che seguono la parte civile della famiglia Fortugno nel processo per l’omicidio.
Su Sergio Laganà abbiamo già visto. Oggi, stuzzicati da una segnalazione che ci è arrivata via e-mail, abbiamo invece iniziato ad approfondire la conoscenza dell’Avv. Antonio Mazzone (abbiamo anche provato a contattarlo telefonicamente per porgli qualche domanda ma non era in studio).
L'Avvocato Antonio Mazzone, insieme ad altri legali (Avv. Gianni Taddei e Avv. Eugenio Minniti), proprio a gennaio di quest’anno ha ottenuto una assoluzione in un processo per truffa ai danni della ASL a Locri, assoluzione definitiva anche grazie alla legge Pecorella (che impedisce l’appello alla Procura). La signora Laganà ha chiesto come sappiamo lo spostamento del suo “caso” da Reggio Calabria a Locri, dalla DDA all'Ordinaria.
Altri processi, non andarono invece altrettanto per il penalista Mazzone. Processi seguiti ad indagini e procedimenti non della magistratura ordinaria (come nel caso di Locri) ma della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Vediamone due:
Processo a carico dei fiancheggiatori della cosca Cordì e di alcuni esponenti della stessa cosca di Locri, fini come metà assoluzioni e metà condanne. Il Processo era relativo alle responsabilità per il sostegno alla latitanza del “u ragiuneri”, Antonio Cordì, capo cosca ed altri sodali. Qui l’avv. Mazzone era nella difesa degli imputati insieme ad altri colleghi, tra cui Gianni Taddei e Eugenio Minniti. (2005)
Andando ancora addietro nel tempo (2001) arriviamo ad un processo molto importante relativo alla guerra di mafia tra i Cataldo e Cordì di Locri.
Oltre trenta gli imputati (molti dei quali latitanti, sfuggiti agli arresti). Si tratta del processo per l’operazione “Primavera”, da cui scaturirono pesanti condanne (5 ergastoli e 79 anni ad Antonio Cordì, ad esempio), che scattò nella mattina del 31 ottobre 1997. Secondo la Commissione Parlamentare Antimafia – 2003 - ”l’Operazione Primavera avrebbe dato un quadro ancora più drammatico - se possibile - di quella realtà, descrivendo con le stesse parole dei mafiosi, colte attraverso oculate intercettazioni ambientali e non da racconti di collaboratori di giustizia, il clima di paura, gli attentati, la guerra tra i contrapposti schieramenti dei Cordì e dei Cataldo, i rituali, i gradi della 'ndrangheta, l'interesse dei mafiosi per il voto amministrativo”. Nel processo per l’operazione Primavera, tra gli avvocati difensori degli imputati troviamo sempre Antonio Mazzone, Gianni Taddei e Eugenio Minniti.
Viene da chiedersi come questi avvocati vivano il procedimento ed il processo per l’omicidio Fortugno che li vede su due fronti diversi, questa volta: l’avv. Mazzone come parte civile, mentre Taddei e Minniti a difesa degli imputati?
Intanto oggi l'udienza dal GUP ed il rinvio a giudizio
Intanto l’impianto accusatorio frutto delle indagini della DDA di Reggio Calabria (contestato pubblicamente e pesantemente dalla sig.ra Laganà, ma sostenuto dai suoi legali) è stato ritenuto valido dal GUP di Reggio, Santo Melidona, che, proprio oggi, ha rinviato a giudizio sia i due imputati come “mandandi”, Alessandro e Giuseppe Marcianò, sia i tre accusati di essere gli “esecutori”, Salvatore Ritorto, Domenico Audino e Domenico Novalla. Carmelo Dessì, è stato invece scagionato per l’omicidio ma sarà comunque processato per associazione mafiosa (cosca Cordì). Tutti gli imputati, vengono indicati come appartenenti alla cosa dei Cordì, la cosca che ha visto già, nei processi passati, la propria difesa nell’Avvocato che ora difende Maria Grazia Laganà, Antonio Mazzone.
Il rinvio a giudizio di oggi ha visto anche l’udienza, nell’aula bunker di Reggio, oggetto della protesta dei famigliari dei Marcianò. Infatti questi pubblicamente all’esterno della struttura giudiziaria hanno affisso striscioni in difesa degli imputati e ribadito che loro sono sempre stati vicini e amici dei Fortugno e Laganà, tanto che (come avevamo già detto -nelle tante pagine dedicate al "caso" sia noi, sia l’On. Angela Napoli della Commissione Antimafia ), i coniugi Fortugno-Laganà erano stati anche compari d’anello alla cerimonia proprio del figlio di Alessandro Marcianò (loro collega alla Asl di Locri).