Non si può restare in silenzio.
Crediamo che i fatti, come nostra abitudine, li si deve dire sempre e
sempre li si debba riferire agli organismi preposti. La questione
delle pubbliche gravi ed inquietanti dichiarazioni del pm Alberto
Landolfi, che in ultimo ha affermato che "
Oggi non
si può sostenere che un'organizzazione mafiosa sia attiva e
operativa in Provincia di Savona. Chi lo afferma, o è in malafede, o
è un ignorante", non solo
devono trovare una risposta pubblica - e noi l'abbiamo data - ma
anche un intervento del CSM. Infatti, tali dichiarazioni seguono un
operato quanto mai criticabile e censurabile, tanto che già nel 1998
il CSM si pronunciò in merito al sostituto procuratore Landolfi
presso la procura di Savona. Occorre che il CSM, organo
costituzionalmente preposto, intervenga per garantire il prestigio e
l'autorevolezza dell'ordinamento giudiziario, tutelando i magistrati,
così anche i reparti investigativi, che sono stati gravemente offesi
e denigrati dalle affermazioni del dott. Alberto Landolfi. Di seguito
riportiamo il testo integrale dell'esposto...
inviato ieri al CSM con la
richiesta di un intervento urgente. Abbiamo anche già diffuso ieri tale
testo agli organi di informazione
e siti web che si occupano di informazione ma ad oggi nessuno ha "osato" pubblicare una virgola. L'esposto cita
fatti precisi, riscontrati e riscontrabili, ma nonostante questo
silenzio assoluto che speriamo sia rotto nell'interesse della comunità e della Magistratura stessa. Questo silenzio è comunque davvero curioso, considerando che quando
si tratta di richieste di procedimenti disciplinari o d'altro genere
su magistrati corretti, integerrimi ma "scomodi" al Potere per la loro attività o
per dichiarazioni, certe penne sono pronte a scrivere pagine su
pagine, così come anche accade, purtroppo, quando vene dato
spazio e risalto ad attacchi infamanti e platealmente denigratori
verso i giudici "scomodi". Oggi, invece, che si tratta di
pubblicare fatti e tutelare i magistrati ed i reparti investigativi
che hanno fatto e fanno il loro lavoro, vi è un silenzio assordante.
Di seguito il testo dell'esposto.
Genova, 21 settembre 2009
ESPOSTO
URGENTE con richiesta di intervento al CSM
Oggetto:
ATTIVITA'
PRESSO L'UFFICIO DELLA PROCURA
DI SAVONA E GRAVI
PUBBLICHE DICHARAZIONI DEL PM
ALBERTO LANDOLFI (già oggetto di pronunciamento da parte del CSM nel 1998) con
conseguente grave danno per il prestigio e l'autorevolezza della Magistratura e
dei magistrati impegnati nell'attività di contrasto alle
organizzazioni di stampo mafioso
Gli
atteggiamenti
pubblici
adottati con
ripetute,
gravi ed inquietanti dichiarazioni
dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Savona,
Alberto
Landolfi,
rilanciano la
questione
della sua compatibilità con tale Ufficio.
Il danno
alla credibilità, autorevolezza ed affidabilità del potere
giudiziario è infatti nuovamente minato dal pm Landolfi che
continua, ad esempio, nel
rilasciare
interviste,
nonché
intervenire
in pubbliche assemblee
quali quelle con le scuole,
per
smentire in tali pubbliche sedi la fondatezza ed autorevolezza
dell'operato di colleghi magistrati, nonché anche di magistrati
della PNA - Procura Nazionale Antimafia, oltreché svilendo e
deprimendo, sino alla denigrazione, i reparti investigativi quali la
DIA - Direzione Investigativa Antimafia
ed altri reparti impegnati nel contrasto alle organizzazioni di
stampo mafioso, presenti ed operanti in Liguria ed anche nel
territorio di Savona.
Prima di indicare gli episodi di cui
siamo a conoscenza e che sono di pubblico dominio, occorre
in
via preliminare ricordare che il Consiglio Superiore della
Magistratura già si era dovuto occupare e richiamare pesantemente il
dott. Alberto Landolfi.
Il
giorno
15 luglio
1998
l'
assemblea
plenaria del CSM si è occupato della presunta incompatibilità fra
Maurizio Picozzi e Alberto Landolfi
- rispettivamente procuratore della Repubblica e sostituto
procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona -
ed
il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona Renato
Acquarone.
Nonostante tale questione in discussione fosse di fatto superata per
il semplice fatto che il dott. Renato Acquarone fosse divenuto
Consigliere della Corte di Cassazione,
il
plenum del CSM non si sottrasse dal prendere una chiara e netta
posizione di merito al comportamento di Landolfi e Picozzi.
Rispetto
al pm Landolfi il CSM affermava che questi aveva "
assunto
reiterati atteggiamenti esasperatamente critici nei confronti del PdR
Acquarone e del collega Greco...",
che
criticavano la sua inerzia e il suo modo di condurre i procedimenti
sulle emergenze ambientali del comprensorio savonese "...
con
il risultato obiettivo - ampiamente recepito dai mezzi di
informazione e in diverse interrogazioni parlamentari - di far
risultare screditata, se non addirittura sospetta la loro attività
giurisdizionale".
In
merito al procuratore Picozzi, sempre il CSM, rilevava che allo
stesso di
"
non aver saputo svolgere i suoi compiti con la
dovuta professionalità, con la necessaria serenità e con scrupolo
di approfondimento, tanto da indurre diffuse illazioni sul suo conto
e sui suoi rapporti con alcuni soggetti interessati a delicate
inchieste sulle discariche...".
Tale
conclusione dell'indagine del CSM che nel luglio 1998 ha ampiamente
censurato il comportamento del dott. Alberto Landolfi, unitamente al
procuratore Maurizio Picozzi, non ha però prodotto alcun mutamento
ed il Palazzo di Giustizia di Savona.
Anche
con l'avvento del nuovo
Procuratore
Capo, dott. Vincenzo Scolastico,
la Procura di
Savona ha continuato ad essere al centro di polemiche per inerzie e
dubbi risultati sia su conclusioni delle indagini, sia sulla gestione
stessa dei procedimenti che quasi sistematicamente si concludevano
con la sopravvenuta prescrizione. Di
fatto con il trasferimento in Cassazione del Procuratore Renato
Acquarone, e l'avvento del dott. Scolastico alla guida della Procura,
persino
un'inchiesta praticamente conclusa come quella sull'ormai noto
"Fallimento Perfetto"
(relativo alla vendita dell'Ilasider, crac dello stabilimento Omsav e
operazione immobiliare della Darsena di Savona),
è
rimasta bloccata sino allo scadere dei termini della prescrizione
garantendo impunità assoluta ai molteplici e potenti soggetti
coinvolti, che hanno potuto espletare il disegno criminoso senza
ostacolo alcuno e con grave danno sociale.
Per
rendere maggiore l'idea sull'operato del pm Landolfi, occorre
ricapitolare alcuni fatti, facilmente verificabili,
sia con l'acquisizione dei fascicoli sia con eventuali audizioni che
il CSM, così come anche le Commissioni Parlamenti d'Inchiesta (sia
quella sul Rifiuti sia quella sulle organizzazioni di stampo
mafioso), può disporre.
Il
28
maggio 1998
il
pm Landolfi
procede all'
archiviazione
della sua inchiesta sulla presenza di diossina interrata nell'area
dello stabilimento ACNA di Cengio
e nelle zone
limitrofe perché
- sostiene - tale ipotesi, accreditata in decine di documento
governativi e non, è infondata. Tale conclusione ha dello
straordinario, anche alla luce del fatto che vi erano perizie
esplicite in possesso dello spesso Landolfi. In particolare a
motivazione dell'archiviazione si adduceva che
l'"...inquinamento
del fiume (Bormida) e di conseguenza del territorio è pressoché
scomparso...".
Parallelamente
con lo stesso provvedimento chiedeva un supplemento di indagine sul
Ministro Edo Ronchi "
...al fine di verificare
la configurabilità del delitto di cui all'art. 238 primo comma
CP..."
per
"
...l'eteroclita condotta amministrativa
inequivocabilmente posta in essere dal ministro dell'Ambiente..."
riguardo alla
vicenda RESOL ACNA.
Sempre
sulla questione ACNA esiste un'allucinante
audizione,
di fronte alla commissione parlamentare costituita ad hoc,
dei magistrati
Landolfi e Picozzi,
in cui i due
escludono categoricamente l'interesse dell'azienda a emettere
diossina (prodotta ampiamente negli impianti e non come residuo di
produzione) e, soprattutto, o a scaricarla nel terreno.
I
fatti accertati sulla questione, emersi chiaramente solo in occasione
della chiusura dell'impianto, dimostrano inequivocabilmente che tali
affermazioni, così come tale archiviazione, fossero profondamente
errate, causando un ulteriore aggravarsi di una situazione, quale
quella dell'ACNA di Cegnio, che è divenuta un sito di emergenza
nazionale!
Allo stesso
pm
Landolfi venne
affidato il
procedimento
sui bidoni tossici di Savona,
mentre lascia languire il processo sulla centrale vicenda di
Borghetto Santo Spirito, la nota "
Cava
dei Veleni"
dei FAZZARI,
legati al Carmelo
GULLACE
della cosca della 'ndrangheta GULLACE-RASO-ALBANESE ed altri siti di
stoccaggio e occultamento illecito di rifiuti.
Il
rischio che venissero fatti cadere in prescrizione tutti i reati
ambientali era palese e più volte (inutilmente) evidenziato,
ad esempio da associazioni come il WWF. Il pm Landolfi fissa
all'aprile del 1999 la seconda udienza, vero inizio del processo,
quando la prima era stata tenuta nei primi mesi del 1998, per fatti
accertati nel 1992, per vedere poi l'udienza preliminare essere
fissata solo nel marzo 1997.
In
merito alla questione della "Cava dei veleni" dei FAZZARI,
occorre anche ricordare che da testimonianze ricevute risulta che
i
mezzi sequestrati ai FAZZARI, quale parziale indennizzo per il danno
ambientale e per la bonifica che sarebbe stata sostenuta dagli Enti
pubblici, erano stati depositati presso alcuni spazi dell'aeroporto
di Villanova d'Albenga, per poi svanire nel nulla. Nel frattempo,
inoltre, non risultano essere stati verificati e sottoposti a
sequestro eventuali beni intestati a familiari in Calabria ed
all'estero.
Inoltre, come
abbiamo potuto verificare di persona, l'acquisizione allo Stato della
Cava FAZZARI di Borghetto Santo Spirito (Sv), con demolizione della
palazzina abusiva ove vivevano i FAZZARI stessi, è stato
concretizzato solo parzialmente con la conseguente permanenza di
fusti, rifiuti speciali vari, residui di amianto non trattato, nella
parte a mare dell'area della Cava nonché la permanenza in uso sempre
in tale area ai FAZZARI della palazzina la cui demolizione non è
stata quindi, palesemente, eseguita.
Inoltre
sull'attività di codesta Procura, ed in particolare i procedimenti
seguiti dal pm Landolfi, si può aggiungere che ha prodotto:
- da un lato il
non luogo a
procedere per fatti gravissimi legati alle vicende
Italiana
Coke (sospetto incenerimento materiale Farmoplant denunciato dai
lavoratori),
Mazzucca (discarica di tossico-nocivi),
Magliolo
(discarica gestita da Verus collega di Casanova),
area ex
Agrimont, discarica abusiva di rifiuti speciali e industriali nel
pieno centro di Cairo Miontenotte.
- dall'altro
inchieste e
indagini per "procurato allarme" che si sono trasformate in
vere e proprie vessazioni e persecuzioni giudiziarie nei confronti di
tecnici (oltre ai periti anche della USL), di dipendenti delle
aziende di smaltimento (vicenda del palista della discarica di
Magliolo) e di giornalisti quali, a quanto risulta da segnalazioni da
noi avute, Numa de "La Stampa" e Menicucci in allora della
testata "Panorama".
La questione
CAVE DEI
VELENI - FAZZARI è di assoluta rilevanza, anche considerando
l'evolversi della situazione, nel dare conferma di quanto già
evidenziato sulla attività del dott. Landolfi. Oltre a quanto
scritto in precedenza occorre considerare che:
- il
traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti si è protratto per
almeno 10 anni ed era articolato in diversi poli
di "smaltimento", alcuni
autorizzati e altri no: la cava Fazzari, le discariche comunali di
Tovo San Giacomo, Magliolo e di Borghetto Santo Spirito,
l'inceneritore ex Fumeco di Tovo e lo stoccaggio provvisorio, sempre
Fumeco, di Andora. Si trattava di circa 60.000 fusti tossici e
20.000 tonnellate di rifiuti pericolosi.
- nonostante le
impressionanti scoperte con conseguenti elementi di prova
inoppugnabili, riscontri decisivi e la confessione del Filippo
FAZZARI, il pm Landolfi, a conclusione del dibattimento, vede
giungere, sull'indagine da lui seguita, una sentenza di primo grado
con assoluzione perché "il fatto non sussiste". Tale sentenza
ha mandato assolti da tutta una serie di reati (per reati che vanno
dal tentato inquinamento delle falde al disastro ambientale doloso)
Francesco e Filippo FAZZARI,
padre e figlio, legati al clan della 'ndrangheta
Gullace-Raso-Albanese, il faccendiere massone e trafficante
internazionale (già coinvolto nello scandalo petroli del 1983)
Federico CASANOVA e i
prestanome e soci in affari Udo
NEERFELD (deceduto), Luigi VERUS, Nicolino e Fiorenza BONORINO,
oltre all'ex sindaco di Tovo San Giacomo, Luigi
ACCAME.
- tale
procedimento era arrivato già alla prescrizione per i reati in
violazione della normativa sui rifiuti (DPR 915/82) e dal 1992 anno
di inizio delle indagini si arrivò al rinvio a giudizio solo nel
1997. Questo nonostante l'evidenza della pericolosità dei delitti
consumati fosse indiscutibile e comprovata anche dalla istituzione,
nello stesso 1992, di un Commissario ad acta per gestire l'emergenza
e far fronte con la bonifica ad una situazione di pesantissimo
inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque (con intollerabili
concentrazioni di sostanze cancerogene
e metalli pesanti, quali benzene, toluene, xileni, cromo esavalente
e piombo).
- nonostante
si fosse davanti ad elementi in possesso della magistratura, la
comprovata pericolosità dei soggetti in questione, come ricordato,
vi sono state innegabili lentezze nell'opera dei magistrati, nello
specifico il pm Landolfi ed il Gip Fiorenza Giorgi. Il dott. Alberto
Landolfi, nonostante avesse dichiarato che il termine per le
indagini preliminari era già decorso nel giugno 1993 depositava la
richiesta di rinvio a giudizio al Tribunale di Savona soltanto il 29
ottobre 1994. L'udienza preliminare è iniziata il 13 giugno 1995,
dopo numerosi rinvii, e terminava con il rinvio a giudizio dei
principali imputati solo due anni dopo: nel marzo del 1997. I reati
in violazione delle normative sui rifiuti cadono quindi in
prescrizione, e resistono solo le imputazioni più difficili da
dimostrare processualmente, malgrado relativi a reati di maggiore
gravità, quali il disastro doloso e il tentato inquinamento delle
falde acquifere. Con lo scorrere del tempo il CASANOVA risultava
ufficialmente irreperibile (anche se era stato più volte segnalato
a Finale Ligure, dove risiedono i suoi genitori) ma continuava nei
suoi traffici illegali con la Francia, NEERFELD era in fin di vita,
la famiglia ACCAME ha continuato ad imperversare nel finalese e
VERUS è stato addirittura nominato custode giudiziario di Magliolo.
- Filippo
FAZZARI aveva inoltre prodotto dichiarazioni in merito alla pratica
di smaltimento illecito di rifiuti tossico-nocivi in Liguria.
Nonostante tali dichiarazioni avessero avuto riscontro, non si diede
seguito alle verifiche degli altri siti indicati e non si è quindi
promossa alcuna azione giudiziaria in merito. Il Filippo FAZZARI, ad
esempio, dichiarava ufficialmente all'Autorità Giudiziaria che 40
mila bidoni fossero stati nascosti nel levante genovese.
- i
FAZZARI inoltre, per dare un'idea, hanno gestito per 25 anni la
coltivazione abusiva della Cava in località Pattarello, che
garantiva la finitura degli inerti per buona parte delle opere
edilizie dell'albenganese. Tutto ciò si affianca allo smaltimento
in detta cava dei fusti tossici. I FAZZARI, legati al Carmelo
GULLACE, hanno violato platealmente molteplici leggi. Nell'aprile
del 1992 venne archiviata un'inchiesta su un attentato dinamitardo
che aveva coinvolto la moglie di un funzionario della Polizia di
Stato e che già in allora venivano indicati come "un
gruppo familiare di rilevante caratura criminale, aduso
all'utilizzazione di esplosivo e che vede tra i componenti
personaggi con precedenti gravissimi, come il plurimo omicidio
volontario, il sequestro di persona, ecc.".
- uno dei siti accertati
del traffico e smaltimento illecito dei rifiuti tossici, oltre alla
Cava FAZZARI è quello della discarica di Magliolo. Risultava che in
detta cava fossero seppelliti perlomeno 3 mila fusti. Nel 1992 la
discarica stessa venne infatti sottoposta a sequestro dalla Procura,
ma il pm Landonfi non apre alcuna inchiesta specifica, nonostante in
presenza di denunce e testimonianze su tale sito. Nel 1994 alcuni
cittadini residenti notano una fuoriuscita di liquidi oleosi e
maleodoranti tra le rocce di natura carsica esattamente sotto alla
vecchia discarica e in prossimità del torrente Maremola. Le analisi
eseguite dai tecnici nominati dal Comitato riscontrano la presenza
di sostanze tossiche in quantità superiore a quelle stabilite dalla
Legge Merli, mentre le analisi della USL e del Presidio Multizonale
Provinciale sono del tutto tranquillizzanti. Nel 1996 il procuratore
della Repubblica di Savona dott. Acquarone apre finalmente
un'inchiesta sulla discarica in questione, che porta a scoprire, fra
l'altro, che i piezometri di controllo sono otturati e non
consentono alcun monitoraggio dell'eluato. Il procuratore Acquarone
manda gli avvisi di reato al sindaco, a funzionari della USL e della
Provincia di Savona. Nonostante tutto ciò la nuova discarica
comunale, di prima categoria in località Casei viene aperta nel
gennaio 1992 e programmata per contenere un milione di metri cubi di
rifiuti. Acquarone lascia la Procura di Savona. La discarica è
attualmente sempre in funzione.
Occorre inoltre precisare
che
sul territorio di competenza della Procura di Savona,
persistono forti presenze ed attività, anche di infiltrazione negli
appalti pubblici, di società direttamente o riconducibili ad
esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso. Oltre
a quanto ampiamente indicato sia dalle Relazioni della
Procura
Nazionale Antimafia e della
Direzione Investigativa Antimafia,
sia da quelle della
Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle
organizzazioni di stampo mafioso, vi sono
risultanze
investigative recenti (2006-2007-2008) che evidenziano tali
infiltrazioni ed attività. Per fare solo alcuni esempi, i più
eclatanti: è assodata la presenza ed attività della "
decina"
dei gelesi di Cosa Nostra, legate agli Emmanuello ed al clan di
Piddu Madonia; vi è la presenza ed attività della
famiglia
FOTIA, oltre a quelle della
'ndrangheta che vedono sia la
presenza dei
GULLACE-RASO-ALBANESE sia quella dei
FAMELI,
e l'indicazione investigativa per cui
anche a Savona sia presente
un "locale" della 'ndrangheta. Inoltre, grazie al lavoro
della DDA di Reggio Calabria, si è accertato che la
società
CO.FOR di Reggio Calabria era
riconducibile ai fratelli
GUARNACCIA. Tale società si era aggiudicata
diversi appalti
(di cui certamente quello presso il Comune di Celle Ligure
pesantemente viziato di irregolarità) nei comuni del savonese.
Inoltre l'attività investigativa legata alle inchieste della Procura
di Genova in ordine alla famiglia MAMONE ha fatto emergere l'attività
con una società di lavori stradali ed edili del
noto Vincenzo
STEFANELLI dell'omonima famiglia residente ed operante nel Comune
di Varazze e già coinvolto in Operazioni antimafia. Inoltre da
informazioni a noi giunte risulta che
anche nel periodo degli
arresti domiciliari, presso la villa di Toirano, il Carmelo GULLACE
continuava ad intrattenere rapporti diretti ed indiretti (tramite la
moglie) con esponenti della criminalità organizzata calabrese ed in
particolare, per citarne due, con i FAMELI ed i MAMONE, questo,
nonostante sia accertata la sua pericolosità sociale e l'indiscusso
spessore criminale e nonostante ciò sia stato, recentemente, anche
chiaramente indicato dalla DDA e dal Gip di Reggio Calabria
nell'Ordinanza "
Cent'anni di storia" relativa ai fermi
delle famiglie PIROMALLI - MOLE' e quindi alle propagazioni della
'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro nelle diverse regioni del
Paese, tra cui la Liguria. Risulta poi inequivocabile, sia dalle
questioni riportate in merito alle Cave dei Veleni e più in generale
su molteplici attività giudiziarie ed investigative non solo delle
procure liguri, bensì anche ad esempio dall'A.G. calabrese, che la
Liguria è uno degli snodi cardine del traffico illecito di rifiuti
delle organizzazioni mafiose e, con queste, di pezzi del mondo delle
imprese, dei trasportatori e degli armatori e spedizionieri, di cui,
ad esempio, la questione Jolly Rosso, è solo la punta dell'icebergh,
e che vede la presenza nella gestione diretta del principale porto
turistico del Mediterraneo di uno dei faccendieri, collegato ad
ambienti dei Servizi, già coinvolto nelle attività d'inchiesta sia
sul perseguito ma "non riuscito" affondamento della Jolly Rosso,
sia sull'omicidio di Ilaria Alpi, ovvero Jack Rock MAZREKU con la
Porto di Lavagna Spa di Milano, operante proprio in quel levante
genovese ove venne indicato un sito da 40.000 fusti tossici mai
ricercato e trovato, dove è da tempo presente ed attiva un'altra
famiglia della 'ndrangheta, ovvero i NUCERA, e dove ci sono stati
segnalati affondamenti di imbarcazioni di medie dimensioni con
carichi di rifiuti tossici, nonché scorie e materiali radioattivi,
al largo di Lavagna in direzione Corsica.
In merito alla
presenza ed attività, oltre che alla tipologia delle mafie presenti
ed attive in Liguria, oltre a rimandare alle Relazioni ufficiali
di PNA, DIA e Commissione Antimafia,
pare doveroso segnalare un
estratto dell'intervento ad un convegno, riportato anche nel
libro-inchiesta "Il partito del cemento", effettuato dalla
dott.ssa Anna Canepa, ex pm della DDA di Genova, adesso in servizio
presso la Procura Nazionale Antimafia: "
E' importante non
dimenticare che Criminalità Organizzata non è solo violenza,
estorsioni, omicidi, ma è sopratutto, nelle realtà come la nostra,
penetrazione nella economia legale e nel mercato attraverso il
riciclaggio del denaro; ed è bene ricordare che è attraverso lo
strumento dell'appalto e sopratutto del subappalto che la economia
legale viene pesantemente infiltrata e condizionata da quella
illegale. E quindi, quella colata di cemento, che con la benedizione
trasversale di tutte le forze politiche, sta per abbattersi sulla
Liguria, in particolare attraverso la costruzione dei porticcioli
turistici (e degli insediamenti connessi) dovrebbe essere oggetto di
grande preoccupazione, per non dire allarme."
Assunto quanto sopra,
veniamo quindi alle dichiarazioni del pm Landolfi che chiediamo di
esaminare ed affrontare, così come e con il suo operato d'Ufficio
presso la Procura di Savona.
Il 2
ottobre 2008, sul quotidiano "IL SECOLO XIX"
viene pubblicato il seguente articolo: DIBATTITO AL
LICEO DELLA ROVERE
Mafia e camorra: il pm fa lezione agli
studenti
Il sostituto procuratore Alberto Landolfi
incontrerà oggi i ragazzi: «Ma qui da noi non esistono
problemi»
«NEL SAVONESE, ma in tutta la Liguria non
abbiamo problemi legati alla criminalità organizzata. Esistono forse
solo dei rigurgiti legati ai vincoli esistenti tra qualche famiglia
ancora residente qui con nuclei malavitosi, ma senza conseguenze.
L'humus caratteriale dei liguri non ha permesso a quel tipo di
cultura di attecchire in queste zone». Alberto Landolfi,
sostituto procuratore alla procura di Savona, localizza in maniera
estremamente precisa e attenta il fenomeno della criminalità
organizzata (mafia e camorra) sui quali oggi interverrà al liceo
statale "Della Rovere". L'appuntamento con gli studenti
del liceo è per le ore 10, alunni ai quali il magistrato ha
accettato di parlare di mafia e camorra in maniera generale, con
particolare attenzione alle differenze tra i due sistemi criminali
«che sono estremamente diversi» sia per quanto concerne le
caratteristiche e le peculiarità.
Si annuncia quindi un dibattito
particolarmente acceso sull'argomento di attualità in Italia e sul
quale da qualche anno le giovani generazioni sono interessate e
pronte a schierarsi sul piano delle idee e delle posizioni. In
Sicilia, Calabria e Campania sono sempre più frequenti le
manifestazioni di protesta dei giovani nei confronti di mafia e
camorra, «anche se bisogna evitare il rischio di
innamoramenti sbagliati» aggiunge il pm Landolfi «visto
che spesso possono essere attratti da un mondo alternativo al
loro».
Mafia e camorra, ma non solo, saranno i
temi cardini dell'intervento di Landolfi che però non può mancare
nei riferimenti anche alla situazione locale. E se il pm ribadisce
di non essersi imbattuto in questi ultimi anni in fenomeni del genere
nel savonese («qualcosa c'era stato, ma verso la fine
degli anni ‘80 e gli inizi del ‘90»), individua anche
nella «predisposizione culturale dei liguri» la ragione principale
dell'essicamento sul nascere del fenomeno:«La gente di questa terra
è litigiosa, si arrabbia, ma non accetta la cultura della violenza.
Anzi la rifugge e sa reagire». Al Della Rovere,oggi,l'argomento però
sarà di grande attualità e interesse e forse in grado di regalare
al pubblico ministero e agli insegnati uno spaccato del pensiero
giovanile savonese sul problema.
GIOVANNI CIOLINA
Alcuni giorni dopo sempre
su IL SECOLO XIX viene pubblicato un nuovo articolo che riporta la
notizia dell'avvenuto incontro degli studenti con il pm Landolfi in
cui vengono riportati i medesimi concetti.
Il
17 settembre 2009
in una lunga intervista al periodico online "ACTA
DIURNA" ()
alla domanda "Qual
è la situazione di Savona e provincia, dal punto di vista della
lotta alla criminalità?" Il
pm Alberto Landolfi risponde:
"Ad
eccezione dei traffici di sostanze stupefacenti, che qui sono
rilevanti - l'uso di cocaina è diffusissimo in tutti gli strati
sociali - direi che la situazione criminale è abbastanza sotto
controllo. Ci sono stati momenti più difficili, verso la fine degli
anni ‘80 e l'inizio degli anni ‘90, con picchi di criminalità.
Negli ultimi anni gli omicidi sono diminuiti, lo stesso vale per le
rapine, e il territorio è ben controllato. Polizia e Carabinieri
lavorano spalla a spalla e la Polizia Municipale ha assunto un ruolo
abbastanza rilevante nell'attività di polizia giudiziaria.
Confermo quanto già affermato in passato: il Ponente ligure è stato
per anni luogo di aggregazione di gruppi famigliari legati alla
criminalità organizzata calabrese e a personaggi di spicco
appartenenti a questa sfera. Tuttavia, negli ultimi 10-15 anni,
l'attività di repressione, soprattutto grazie alla confisca dei
loro beni, ha
prodotto
risultati positivi. Oggi non si può sostenere che un'organizzazione
mafiosa sia attiva e operativa in Provincia di Savona. Chi lo
afferma, o è in malafede, o è un ignorante."
Risulta evidente,
quindi che tali affermazioni siano pesantemente in conflitto non solo
con quanto risulta da attività investigative, giudiziarie relative
ad inchieste concluse ed altre ancora in corso,
ma vadano
anche a minare pesantemente il prestigio e
l'autorevolezza, nonché la credibilità, dei magistrati che stanno
svolgendo, ed hanno svolto, attività investigativa e repressiva
sulle molteplici e pericolose attività delle organizzazioni mafiosi
che, soprattutto negli ultimi anni, hanno incrementato una forte
iniziativa di riciclaggio attraverso speculazioni edilizie e d'altro
genere in Liguria e con particolare invadenza nel ponente della
regione, a partire proprio dal territorio savonese, di competenza
dell'Ufficio del pm Landolfi.
Tali dichiarazioni sono
quindi profondamente lesive del lavoro e della dignità degli altri
magistrati e degli agenti dei reparti investigativi dello Stato, a
partire dalla DIA, rappresentando un messaggio devastante
all'opinione pubblica sull'affidabilità degli stessi colleghi del
Landolfi e dei reparti investigativi impegnati nell'azione preventiva
e repressiva delle organizzazioni mafiose presenti e operanti in
Liguria.
Inoltre tali affermazioni del Landolfi,
minando l'autorevolezza e professionalità dei suoi colleghi e dei
reparti dello Stato, che operando nel contrasto alle mafie esistenti
ed operanti nel savonese, stando alla dichiarazione del Landolfi,
sarebbero "
ignoranti" o "
in
malafede",
compromettono pesantemente, quindi,
la possibilità di ottenere la collaborazione delle vittime dei reati
di stampo mafioso, come possono essere quelli delle estorsioni,
dell'usura, del condizionamento dell'economia con riciclaggio e
infiltrazione negli appalti e sub-appalti, per citarne alcuni.
Chi
mai leggendo che un pm quale Landolfi, "decano" della Procura di
Savona - nel senso che gli altri passano, i procuratori si cambiano,
ma lui è sempre saldo al suo Ufficio - vincerà la comprensibile
paura e si recherà a denunciare minacce, intimidazioni o violenze
subite, sapendo che, a prescindere, l'unico pubblico ministero che
pubblicamente si esprime in merito, esclude categoricamente che
esista il problema?
Risulta,
ad esempio, alla nostra organizzazione, da segnalazioni giunte e già
comunicate ai reparti preposti con cui da tempo collaboriamo, che il
Carmelo GULLACE,
tornato libero per conclusione del periodo di detenzione ai
domiciliari, si muova per agevolare le attività di una
nuova
società dei FAZZARI, la
SAMOTER,
con
chiaro atteggiamento
intimidatorio. Chi
leggendo tali affermazioni del dott. Landolfi, deciderebbe di recarsi
presso la Procura di Savona per denunciare un pericoloso pluri
condannato, indicato anche tra i killer più efferati della faida con
i Facchineri, quale è GULLACE, esponendosi quindi a potenziali
rischi, avendo avuto la chiara percezione che in Procura non sarà
creduto?
Si
segnala in ultimo che
l'atteggiamento
intollerante verso quanti osano parlare dei limiti ed errori
dell'attività d'Ufficio del pm Landolfi, illustrato in merito alle
azioni - percepite come chiaramente "intimidatorie" -
contro i giornalisti ed altri soggetti che si erano occupati della
questione delle Cave dei Veleni, persevera.
Infatti tale tentativo ci ha visti nostro malgrado essere oggetto di
una querela dello stesso Landolfi in riferimento alla nostra risposta
-
che si allega - e che riportava esclusivamente fatti, alle sue
affermazioni dello scorso anno sul quotidiano "Il Secolo XIX"
sopra riportato. Questo episodio, avendo noi con assoluta certezza
indicato fatti veri e verificabili, ci vede dal punto di vista
diretto tranquilli perché la verità è sotto gli occhi di tutti e
basta un'acquisizione dei fascicoli relativi alle questioni da noi
indicate per riscontrarlo. Il fatto preoccupante, vista soprattutto
la rapidità fulminea con cui era stato avviato il procedimento (che
poi ha subito un "riavvio" a seguito dell'intervento del nostro
legale, e soprattutto, una volta calmatesi le acque su quanto da noi
scritto e pubblicato), è non tanto la querela in se quanto il
messaggio che con questa veniva lanciato, nuovamente agli organi di
stampa come anche alla cosiddetta società civile, ovvero: chi
critica l'operato del pm Landolfi finisce sotto processo in un batter
d'occhio. La conseguenza è quindi palese a tutti: nessuno osa
affrontare la questione.
Per
queste ragioni relative all'operato d'Ufficio svolto dal dott.
Alberto Landolfi e che già nel 1998 il CSM ha censurato, e per
quelle relative alle pubbliche gravi ed inquietanti affermazione
ripetute dello stesso Landolfi, vi chiediamo di provvedere con un
rapido e incisivo intervento, a tutela del prestigio,
dell'autorevolezza degli altri magistrati, dei reparti investigativi
e dell'ordine giudiziario tutto.
Chiediamo
inoltre di valutare anche, in quanto strettamente collegata ai fatti
citati in riferimento alle inerzie ed alle pesanti carenze della
Procura di Savona, a seguito del trasferimento del procuratore
Acquarone e prima dell'arrivo del procuratore Granero, l'opportunità
che il dott. Vincenzo Scolastico assuma l'incarico di coordinatore
della DDA di Genova, con competenza su tutta la Liguria. Tale
incarico sarebbe, come abbiamo già pubblicamente dichiarato - vedi
allegato -, una scelta, a nostro avviso, estremamente preoccupante,
proprio alla luce di quanto detto e soprattutto considerando che il
dott. Scolastico ed il dott. Landolfi operavano in stretta
collaborazione presso gli uffici della Procura Savonese, con i
risultati da noi evidenziati e che sono facilmente, di nuovo,
riscontrabili da un esame dei fascicoli e degli esiti dei
procedimenti.
In
ultimo occorre ancora sottolineare un fattore.
La
organizzazioni di stampo mafioso hanno come principale strategia,
soprattutto nel centro-nord, così come in Europa, quella del
rendersi "invisibili" al fine di meglio perseguire la
mimetizzazione necessaria all'infiltrazione nell'economia e nei
rapporti con le pubbliche amministrazioni
per
la gestione di appalti, licenze, concessioni e finanziamenti
pubblici. Non è una nostra considerazione, bensì risultanza
investigativa accertata, che le mafie sparino sempre di meno perché
l'interesse primario è quello di incrementare gli affari.
In
questo senso, quindi, ancora una volta, le dichiarazioni del pm
Landolfi sono un segnale devastante in quanto di fatto non fanno
altro che agevolare quell'insabbiamento che allontana l'attenzione
dalle infiltrazioni mafiose presenti e attive su questo territorio.
Un
sostituto procuratore come il dott. Alberto Landolfi non può non
sapere quale sia la realtà e non può arrecare, di fatto,
costantemente ostacolo ad inchieste dirette o di colleghi che, ad
esempio, svolgono indagini e avviano procedimenti proprio su
quell'ondata speculativa, figlia di flussi finanziaria non meglio
precisati, che si sta abbattendo sulla regione e che è stata
indicata chiaramente da magistrati della DDA come il principale
affare dietro cui si nasconde il riciclaggio del denaro
sporco.
Inoltre, lo stesso pm Landolfi, non può non sapere che le
parole hanno un significato ben preciso e che la percezione che
queste danno possono instillare fiducia o sfiducia nelle Istituzioni
e nella Magistratura. Se avesse, infatti, detto che sulla base delle
sue personali ultime indagini non si evidenziava una particolare
penetrazione delle organizzazioni mafiose, sarebbe sempre stata una
considerazione criticabile ma avrebbe indicato che tale sua
affermazione si limita alla sua sfera di conoscenza diretta, quindi
parziale. Invece con le affermazioni ripetute, sino all'insulto
dell'ultima pubblica intervista del 17 settembre 2009, il pm Landolfi
ha lanciato un messaggio categorico quanto errato e preoccupante per
tutto quanto detto nella presente.
Restando
a disposizione per ogni eventuale necessità di precisazioni e
integrazioni, ed anche, eventualmente, per essere ascoltati e/o
indicare altri possibili testimoni sui fatti indicati, si attende
riscontro alla presente.
L'Ufficio di Presidenza
C.Abbondanza,
S.Castiglion, E.D'Agostino