In tanti hanno vissuto e vivono grazie al patrimonio illecitamente accumulato dai RAMPINO (Antonio detto 'Ntoni e “u Massaro”, Francesco detto Franco, Benito Giuseppe e Saverio - quest'ultimo il "povero" tra i luntruni) ed in troppi fanno finta di nulla, ignorando o cercando di far cadere nell'oblio il fatto che la famiglia RAMPINO è 'NDRANGHETA.
Prima di fare una breve storia dei RAMPINO facciamo un esempio pratico...
Il MULTARI Francesco (ora deceduto), oltre al legame con il boss GULLACE Carmelo, di cui faceva anche l'autista-accompagnatore, era coniugato con la sorella dei RAMPINO, capeggiati da Antonio RAMPINO, nato a Canolo (RC) e cresciuto 'ndranghetista a Genova e divenuto sino alla morte (2008) il reggente della 'ndrangheta in Liguria con influenze tra Piemonte e Lombardia.
Il MULTARI non poteva portare disonore alla “famiglia”. La pena per questi casi sarebbe stata il finire morto ammazzato. Così se il matrimonio ufficiale con la RAMPINO aveva dato alla luce una figlia ma era entrato in crisi, il MULTARI non poteva permettersi di lasciare la moglie. Come concessione della “famiglia” poteva, il MULTARI tenere viva ma riservata la relazione extraconiugale che aveva instaurato e che aveva anche portato alla nascita di un altro figlio.
La figlia legittima del MULTARI con la RAMPINO, Bruna, sposò il MARTELLI Mimmo, legatissimo al vecchio boss FAZZARI Francesco. Era proprio il MARTELLI che, ad esempio, teneva informato il FAZZARI Francesco (già legatissimo ai RAMPINO - come poi vedremo - ed imparentato si con i GULLACE-RASO-ALBANESE) su ciò che avveniva e si diceva presso il COMUNE di Borghetto Santo Spirito, sul cui territorio ha dominato per decenni.
Il MARTELLI era talmente legato alla famiglia mafiosa del FAZZARI Francesco che nei manifesti funebri per la morte del vecchio
boss i suoi familiari (con in prima fila la FAZZARI Giulia con il consorte GULLACE Carmelo, FAZZARI Rita con il consorte ORLANDO Roberto) inserì come primo ringraziamento nominale proprio quello per “MIMMO MARTELLI e famiglia”... Se già, ancora, il MARTELLI aveva avuto un posto in prima fila al matrimonio della FAZZARI Rita con l'ORLANDO Roberto, più di recente, anche nel 2012, si mostrava in compagnia del BRECI, uomo del GULLACE, che quando questi (il GULLACE) sfuggì all'arresto, rendendosi latitante, vide proprio nel BRECI colui che
lo accompagnò in Francia, nascosto nel portabagagli dell'auto, come un sacco di patate.
In coincidenza con la RAMPINO Franco, secondo quando riferiva il MULTARI, il MARTELLI Mimmo avrebbe “ereditato” parte dei soldi lasciati dal RAMPINO. In coincidenza con quel fatto e quelle indiscrezioni del MULTARI, il MARTELLI, comprò la villetta a Toirano ove tutt'ora vive, acquistando anche quanto necessario per sistemarla al meglio.
Da fastidio ricordare i RAMPINO 'ndranghetisti a capo, per lunghi anni, della 'ndrangheta in Liguria? A qualcuno pare di si. Da fastidio, ad esempio, alla nipote del RAMPINO Antonio, Francesca TERRAGNI che, dopo l'emergere dei fotogrammi del battesimo in casa MAMONE (1993), nell'aprile 2011, ci scriveva per difendere la memoria del RAMPINO e family (vedi qui). Noi demmo spazio a quanto la TERRAGNI affermava e la invitavamo a "ripulire" quel cognome, “RAMPINO”, che era legato, indissolubilmente con gli Antonio, Franco e Benito all'attività criminale della 'ndrangheta. Un nome quindi disonorato dai luntruni mafiosi. La TERRAGNI voleva l'oblio sulla storia della sua famiglia e sull'eredità da questa lasciata... e così ha querelato il Presidente della Casa della Legalità per difendere l'onore degli 'ndraghetisti della sua famiglia a capo della 'ndrangheta in Liguria e basso Piemonte per decenni.
Se per gli “eredi” dei RAMPINO quegli 'ndranghetisti son santi e buoni (così come il denaro sporco che hanno lasciato), per la storia, per i fatti, non erano nè santi, nè buoni e nemmeno onesti o vittime delle circostanze. Erano mafiosi ed in questi termini si deve rammentare la loro storia. Ed allora ecco che portiamo qui, ora, qualche elemento in più sui RAMPINO...
Partiamo dall'Informativa “MAGLIO 3”, cioè la più recente (del ROS per il procedimento penale della DDA di Genova aperto nel 2010).
Prima di tutto si leggono le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia:
LAURO GIACOMO
(…omissis…)
“…Ritornando alle vicende direttamente di interesse per la Liguria, devo dire che negli anni ’60 e ’70 un rafforzamento dei “locali” presenti nel Nord Italia avvenne con l’invio in soggiorno obbligato di numerosi esponenti ‘ndranghetisti nel settentrione. A tal riguardo ricordo che anche il noto “capo mafia” Antonio MACRI’ ha soggiornato, se non erro, intorno alla fine degli anni ’60, in qualche paesino vicino Genova”.
(…omissis…)
“…Ricordo che “capo locale” di Genova era RAMPINO Antonio o suo fratello i quali, se non rammento male, esercitavano l’attività di ambulanti, frequentando all’epoca i vari mercati.
Proprio con riferimento ai RAMPINO, mi viene in mente di aver saputo che gli stessi avevano procurato una fornitura di armi, tra cui ricordo una pistola calibro 9 di marca “MAB SANT’ETIENNE”, utilizzate nella prima guerra di mafia. Le armi giungevano dalla Francia attraverso la frontiera di Ventimiglia”.
(…omissis…)
“…Devo precisare che il “locale” di Genova so essere attivo sin dagli anni ’50 e dico ciò perché so che organizzò la fuga dall’Italia verso gli Stati Uniti di Angelo MACRI’ di Delianuova”.
(…omissis…)
ZAGARI ANTONIO
(…omissis…)
“…Effettivamente è possibile che un “locale” esista a prescindere dalla commissione di attività illecite o comunque che la sua rilevanza sia indipendente dalla realizzazione di reati.
Infatti possono essere diversi i motivi che consigliano di tenere un “profilo basso” affinché le forze dell’ordine non siano particolarmente allertate nei confronti del manifestarsi di un fenomeno che potrebbe creare allarme sociale e preoccupazione nell’opinione pubblica.
Inoltre la possibilità di usufruire di un territorio “tranquillo”, consente di avere punti di riferimento per esempio per la permanenza di latitanti che si devono allontanare dalle proprie aree di interesse criminale”.
(…omissis…)
“…Sono a conoscenza che in Liguria erano presenti dei “locali” e che in particolare quello di Ventimiglia rivestiva una grande importanza.”
(…omissis…)
“…Aggiungo che il periodo detentivo in comune è effettivamente durato tre anni (1975-1978) ed il RAMPINO all’interno della comunità carceraria godeva di un certo prestigio, riconosciutogli in particolare dai calabresi, e di grande considerazione. Quando io giunsi al carcere di Fossano proveniente dal carcere di Varese, il RAMPINO era già detenuto da qualche tempo in quella struttura, per cui fui io a presentarmi in qualità di “uomo d’onore” e l’indicazione di fare ciò mi fu fornita da mio padre in occasione del primo colloquio avvenuto qualche giorno dopo il mio arrivo. RAMPINO era proveniente da Genova e, malgrado i ricordi siano offuscati dal lungo tempo trascorso, rammento che lo stesso in una circostanza rivelò di essere stato anche a capo del “crimine”, di cui si è fatto menzione in precedenza a proposito del santuario di Polsi”.
(…omissis…)
BARRECA FILIPPO
(…omissis…)
“…In particolare con riguardo alla Liguria ho parlato della struttura che ha permesso l’espatrio in Francia del famoso Franco FREDA, il quale poi da Parigi so essersi trasferito in Costa Rica. Il riferimento di detta struttura, individuabile in un vero e proprio “locale” di ‘ndrangheta, era un certo PALAMARA”
(…omissis…)
“…Posso dire, quindi, che per quanto è a mia conoscenza in Ventimiglia era presente, almeno sino al 1991, un “locale” ovvero una “società”.
(…omissis…)
“…Sono a conoscenza della presenza in Genova di altra struttura mafiosa, individuabile in un “locale”, e di un personaggio a nome RAMPINO Antonio, elemento a cui si potevano rivolgere eventualmente gli esponenti della ‘ndrangheta con esigenze in area. So, altresì, che anche in Sanremo e Savona vi erano esponenti della ‘ndrangheta.”
(…omissis…)
“…Conosco RAMPINO Antonio per essere il responsabile del “locale” di ‘ndrangheta in Genova e tale informazione l’ho appresa, all’interno della ‘ndrangheta di Reggio Calabria, intorno all’inizio degli anni ’80. Il nome di Mimmo GANGEMI risponde ad un personaggio da me conosciuto negli anni ’70 e detenuto con me nel carcere di Reggio Calabria, in relazione ad un omicidio da lui commesso. Rammento che il predetto nel carcere “’ndraghetiava”, intendendo con ciò che era all’epoca un personaggio di spicco della ‘ndrangheta.”
(…omissis…)
RIGGIO GIOVANNI FRANCESCO
“…La composizione di tali “locali” era da ricondurre ad elementi emigrati e già affiliati oppure che erano emigrati per ragioni di lavoro venendo poi ritualmente affiliati direttamente nella zona di residenza. Il capo di un “locale” del nord, non può non avere il riconoscimento del responsabile del “locale” di origine della Calabria.”
GULLA' GIOVANNI
(…omissis…)
"Il riferimento in Liguria della famiglia di Sarzana era VINCENZO NUCERA che allora abitava a Lavagna e che poi si trasferì a Frosinone lasciando a Lavagna il figlio SANTINO NUCERA anche lui appartenente (allora e, ritengo, tuttora) all'Onorata Società e che svolge attività di imprenditore edile. Che io sappia non ha parenti nel Ponente Ligure. Ha invece parenti a Lavagna; in particolare io conosco PAOLO NUCERA che gestisce un ristorante sito davanti alla Stazione dei Carabinieri di Lavagna. Mi risulta che PAOLO e SANTINO NUCERA siano tuttora affiliati all'Onorata Società. I NUCERA sono originari di Fossato e, a quanto mi risulta, non sono inseriti in una cosca calabrese particolare tanto è vero che non sono mai stati implicati in guerre tra cosche. (…omissis…) L'organizzazione dell'onorata società era allora (e devo ritenere ancor oggi visto che sconvolgimenti non ve ne sono stati) strutturata in questo modo: vi era una presenza ramificata da Sarzana a Ventimiglia passando per Lavagna, Rapallo, Genova, Savona, Taggia, Sanremo ecc.; tutti poi convergevano nel "locale" (intendendo per tale la famiglia, il gruppo) di Ventimiglia che fungeva, come si diceva in gergo, da "Camera di Controllo" di tutta la Liguria, vale a dire che per tutte le questioni inerenti all'organizzazione (prescrizioni, regole ecc.) il riferimento per ogni singola 'ndrina e per ogni singolo locale era la camera di controllo di Ventimiglia la quale fungeva da filtro per la Calabria.
I rappresentati alle riunioni potevano cambiare ma localmente vi erano capi riconosciuti delle varie famiglie:
- a Sarzana i principali esponenti erano i ROMEO e i SIVIGLIA;
- a Ventimiglia ERNESTO MORABITO, CICCIO MARCIANO', ANTONIO PALAMARA;
anche un certo SCARFO' di cui non ricordo il nome era un personaggio di spicco della zona;
- a Lavagna, come già detto, i NUCERA;
- a Genova ANTONIO RAMPINO e PIETRO NASTASI, originario di Santa Cristina, che aveva un forno in via Bobbio;
- a Savona SEBASTIANO FOTIA;
- a Taggia erano molti influenti i MAFODDA e NINO RAGUSEO. Un mio amico, PIETRO MOLLICA di Africo, anch'egli affiliato, mi parlava spesso di suoi parenti affiliati che però non ho conosciuto personalmente;
- a Sanremo MICHELANGELO TRIPODI di Rosarno e, mi sembra, alcuni appartenenti alla famiglia FALLETI (uno dei quali, PINO, abitava a Vallauris);
- a Diano Marina gli STELLITANO. Io ne ho conosciuto uno, di cui non ricordo il nome, originario di Seminara, che aveva un negozio di abbigliamento a Diano.
Non ricordo chi fossero gli esponenti di Albenga e Borghetto Santo Spirito”.
(…omissis…)
E veniamo a quanto altro, in merito ai RAMPINO, è indicato in “MAGLIO 3” dal ROS:
Appare doveroso chiarire che il radicamento della ‘Ndrangheta al di fuori dei confini della terra d’origine si è particolarmente esteso al Nord Italia agevolato dalla scarsa sensibilità dimostrata verso una manifestazione ritenuta limitata al solo Sud e che ha consentito invece una lenta e progressiva penetrazione criminale in quel tessuto sociale. Queste ultime evoluzioni sono state prospettate già in una precedente fase investigativa coordinata da Codesta A.G. nell’ambito di una manovra denominata “LIGURIA 2000” condotta dall’Arma territoriale di Genova che documentava all’epoca l’appoggio elettorale ad un candidato all’elezioni regionali. In quell’occasione era stato riscontrato un comune sostegno di una parte della comunità calabrese riconducibile alla nota famiglia “MAMONE” ed ai fratelli RAMPINO (Antonio, Francesco e Benito), originari della provincia reggina, a favore di un amministratore locale allora candidato alle consultazioni amministrative regionali.
Per quanto concerne i menzionati fratelli RAMPINO si comunica che nella già citata indagine “MAGLIO”, condotta nello stesso anno (2000) da questa Sezione Anticrimine e coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito del procedimento penale n. 2951/00 mod. 21 D.D.A. Genova, il RAMPINO Antonio era emerso in qualità “capo del locale” genovese e quindi promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione, rispettato da tutti gli affiliati, anche se già all’epoca erano state raccolte numerose circostanze che evidenziavano uno strisciante disaccordo da parte di alcuni, in riferimento al suo modo di condurre le varie attività del sodalizio mafioso. Il procedimento, sebbene conclusosi con decreto di archiviazione, forniva un formidabile spaccato sul nord Italia, sancendo effettivamente la presenza della ‘Ndrangheta in Liguria. In ogni caso l’attività condotta permetteva già allora di individuare una possibile successione nella gestione del “locale” genovese da parte di GANGEMI Domenico, manifestatosi quale naturale alternativa. Quest’ultimo già all’epoca aveva rivelato, in modo incontrovertibile, la sua carica ed il “rispetto” che anche gli altri affiliati gli riconoscevano, come emerso dalle attività tecniche e nei comportamenti riscontrati nei servizi dinamici svolti.
L’indagine a suo tempo condotta da questa Sezione consentiva, di fatto, l’individuazione dei criteri di gestione del “locale” genovese, evidenziando il ruolo di collegamento e di protagonista tenuto da GANGEMI Domenico. Le attività tecniche eseguite nell’ambito dell’indagine “MAGLIO” permettevano la registrazione di diverse conversazioni, per lo più ambientali, durante le quali gli interlocutori, tra i quali GANGEMI Domenico, facevano riferimento alle rispettive titolarità di cariche ed al conferimento delle stesse; in particolare è opportuno citare quella in occasione di un colloquio tra il predetto e SAVOCA Giuseppe, in cui quest’ultimo raccontava della propria esperienza, affermando di avere la “SANTA” da diciassette anni, mentre il GANGEMI spiegava che tale “Borio” (riferibile a RAIMONDI Giuseppe) gli aveva chiesto notizie in ordine alla carica del Vangelo, precisando in seguito che “a Genova il Vangelo lo comandava lui” (ovvero GANGEMI), ponendosi quale naturale successore dell’allora reggente del “locale” genovese RAMPINO Antonio:
Conv. n. 780 delle ore 23.43.11 del giorno 25.08.2000 intercettata a bordo dell’autovettura Nissan Micra ... di proprietà ed in uso a SAVOCA Giuseppe Proc. Pen. n. 2951/00/21 R.G. – RIT 181/2000 Reg. Int. del 10.5.2000
(...omissis...)
SAVOCA: io... che avevo... che avevo... la SANTA... sono diciassette anni... mica poco! ... non ho avuto queste opportunità e poi mio suocero in fine dei conti sono tre anni che è morto... eh… eh… due anni prima, tre anni prima che sono stato in galera io... sono sei anni... quante opportunità... ho avuto? ...uno mio suocero… mio nipote.. (inc.)... neanche... chi me lo ha detto... me lo ha detto... poi parliamo...
GANGEMI: a me...ha detto…fava hai fatto...questo “Borio”... ma compare Mimmo... lei cosa ha ... ma fino il VANGELO so io... gli ho detto io... io non ho altro coso...
SAVOCA: ma lui come...
GANGEMI: sì...
SAVOCA: lui come Peppe ...non c'è altro...
GANGEMI: sì ...che so io... a Genova non c'è niente... gli ho detto io...
SAVOCA: eh...tampone con la coda ...
GANGEMI: no...c'è a…(inc.) ...che c'è l’ho io... ci sono altre doti là... che sappia io no... gli ho detto io... (inc.)... il VANGELO lo comando io...
SAVOCA: eh... tamburo con la coda... perché automaticamente più di là non arrivano... (pausa) ...uno gli deve dire...guarda che ‘Ntoni RAMPINO... massimo in malattia è... non è che...
(...omissis...)
Si precisa, inoltre, che GANGEMI Domenico era stato già coinvolto in vicende penali riconducibili al commercio di stupefacenti. Negli anni Settanta, era considerato capo 'ndrina del quartiere “Spirito Santo” di Reggio Calabria ed in seguito ad una sua scarcerazione si era trasferito con tutta la famiglia a Genova, esercitando l'attività di venditore ambulante di prodotti ortofrutticoli. Proprio la scomparsa del RAMPINO Antonio, avvenuta in Genova il 10.2.2008, ha spinto questa Sezione Anticrimine a ritenere il GANGEMI Domenico quale potenziale referente e/o reggente della compagine criminale calabrese presente nel capoluogo. Siffatta ipotesi era supportata da servizi dinamici periodici, supportati da una proficua ed intensa attività informativa che ha permesso sistematicamente di documentare interessanti incontri che evidenziavano come, seppur con dinamiche relazionali differenti, il GANGEMI proseguiva nella gestione del “locale” di Genova, operando una lenta e progressiva penetrazione criminale nel tessuto sociale con rapporti piuttosto singolari anche con amministratori politici locali, così come riscontrato nell’ambito dell’indagine “LIGURIA 2000” che aveva evidenziato un singolare connubio tra personaggi calabresi.
(…)
L’indagine “MAGLIO” risultava molto utile per comprendere come il GANGEMI Domenico fosse da lungo tempo inserito in contesti mafiosi di elevato livello, rendendo ancora più interessante quanto recentemente emerso dall’attività dinamica eseguita nei suoi confronti. Nel corso di svariati servizi di osservazione e controllo svolti in Liguria, la sua presenza era notata in numerose riunioni conviviali unitamente ad altri personaggi calabresi tra i quali il già citato RAMPINO Antonio ed altri tra cui:
- D'AGOSTINO Raffaele, esponente di spicco della cosca "D'AGOSTINO", operante in Sant'Ilario dello Ionio e Canolo, unicamente ai fratelli D'AGOSTINO Domenico nato a Canolo (RC) il 2.1.1947, coniugato con BRUZZANITI Domenica, figlia del capomafia Rosario cl. 1924; fermato lo scorso 13.7.2010 nell’ambito dell’operazione “Il Crimine” di cui alla premessa della presente comunicazione.
- CARTISANO Adolfo, i cui fratelli, domiciliati nella frazione Villa San Giuseppe di Reggio Calabria, sono indicati come vicini alla cosca "IANNO’", capeggiata da IANNO' Paolo, in passato uomo di fiducia del noto CONDELLO Pasquale. L’11.9.1973 è stato sottoposto alla diffida di PS, e negli anni ’70, unitamente al padre ed ai suoi fratelli, era contiguo alla cosca “CALABRESE - MARTINO - IANNO’”, operante nella zona della frazione Villa San Giuseppe. Durante la sua permanenza in Calabria frequentava i pregiudicati: BARILLA’ Angelo, SICLARI Giuseppe, LAQUIDARA Pasquale scomparso il 6.2.1975, con il quale era sospettato di favorire la latitanza di CALABRESE Giovanni, noto boss dell’epoca, operante nella frazione di Diminniti di Reggio Calabria. Tale contesto mafioso è confermato anche dal fatto che un fratello del CARTISANO ed esattamente CARTISANO Domenico, è stato ucciso il 16.5.1988, così come il figlio di quest’ultimo, CARTISANO Giuseppe, assassinato il 22.4.1988, nell’ambito della “guerra di mafia”. Gli stessi erano appartenenti allo schieramento “CONDELLO - IMERTI” contrapposto a quello dei “DE STEFANO – TEGANO”;
- NUCERA Lorenzo, titolare di uno stand presso il mercato ortofrutticolo di Genova, il cui fratello NUCERA Salvatore Giuseppe, è stato controllato in diverse occasioni con soggetti riconducibili alla 'ndrina degli "ARANITI".
(…)
Tra le frequentazioni del negozio ortofrutticolo di GANGEMI Domenico si annoverano anche soggetti originari dell’area mammolese e della città di Reggio Calabria, emersi nelle precedenti manovre investigative e che il defunto RAMPINO Antonio, allora reggente del locale di Genova, reputava come “spregiudicati”. I personaggi di origine mammolese sono riconducibili alla famiglia “GORIZIA” e tra di essi un ruolo di sicuro rilievo assume GORIZIA Cosimo.
Quest’ultimo è emerso in una inchiesta, condotta da questa Sezione Anticrimine e successiva all’indagine “MAGLIO”, denominata “COLPO DI MAGLIO” a seguito della quale ne gennaio 2006 è stata emessa nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di usura con successiva condanna ad anni 3 e mesi 6 di reclusione. L’inchiesta, volta a contrastare il fenomeno dell’usura, permetteva di individuare un complesso e radicato circuito di usurai tra i quali il fratello GORIZIA Giuseppe (anch’egli notato presso il negozio del GANGEMI) ed altre persone, alcune di origine calabrese, che concedevano prestiti a stratosferici tassi di interesse, ammontanti fino al 350% annuo.”
In merito all'operazione “COLPO DI MAGLIO” si deve ricordare non soltanto la condanna per gli imputati, tra cui il GORIZIA (vedi qui), ma anche il coinvolgimento e la condanna, unitamente a questi, di CRISCINO Silvio, che come avevamo indicato da tempo è stato evidenziato in Atti della DDA di Genova come il “banchiere” dei MAMONE e dei GULLACE.
Nell'agosto 2008 riprendevamo quanto già scritto a partire dal 2005 in merito al CRISCINO:
“(...) Persino sulla questione di Silvio Crescino, indicato dalla collaboratrice di giustizia quale "banchiere" dei Mamone e Gullace e referente per l'attività d'usura, Gullace riesce a dribblare. Silvio Criscino viene arrestato per un giro di usura. Mentre è in carcere avviene una strana "rapina" a casa sua, nella stessa via dei Mamone sul crinale delle alture di Borzoli. Sua moglie dai giornali gli lancia un messaggio, così mentre afferma che "stanno tutti bene" ribadisce che il marito è innocente e non c'entra nulla con quello per cui è stato arrestato. La moglie è Angela Mamone, sorella di Luigi Mamone, capofamiglia, legato attraverso la moglie Alba ai Raso! Il messaggio arriva chiaro e Criscino che è rinchiuso in Carcere: chiede il rito abbreviato così che non passano essere raccolte nuove prove e gli elementi sui rapporti con Gullace non entreranno mai al dibattimento! (...)”.
La Guardia di Finanza nell'Informativa “PANDORA” (vedi qui ampi estratti) nel ricostruire quanto emerso dall'attività della DDA di Genova e della DIA in merito ai MAMONE (vai allo speciale) ed i soggetti a cui questi sono collegati, sottolinea:
“Tra questi, oltre ai noti FAMELI Antonio e GULLACE Carmelo, vale la pena di citare il CRISCINO Silvio, marito di Angela MAMONE (ex moglie di un RASO) e zia di Gino; è stato arrestato nel gennaio del 2006, insieme ad altri calabresi, indicati dagli inquirenti come legati alla 'ndrangheta e responsabili di un vasto giro di usura e di pratiche estorsive. Mentre il CRISCINO si trovava detenuto presso il carcere genovese di Marassi, nella sua abitazione di Coronata, veniva effettuata uno “strano” furto al narcotico. Gli inquirenti, da quanto appreso dalla stampa, non escludevano per nulla la pista del “segnale”, come dire “tieni la bocca chiusa”.
La OSTERTAG [ex moglie di Vincenzo MAMONE e testimone presso DIA e DDA, ndr] in epoca antecedente all'arresto del CRISCINO, testimoniava:
“con riferimento ad altri episodi relativi agli interessamenti di mio marito a favore del GULLACE affinché questi riuscisse ad investire il proprio denaro in altre attività economiche lecite, in tale ottica vanno interpretati i contatti con un iraniano che gestiva un negozio di tappeti a Genova in via Pisa e quelli con il cognato di mio suocero MAMONE Luigi, tale CRISCINO Silvio il quale avrebbe investito i soldi sia dei MAMONE che del GULLACE in attività usuraie. Almeno in una occasione ho assistito ad una dazione di denaro da parte del GULLACE, a mio marito MAMONE da consegnare a CRISCINO...”
Ed il CRISCINO era, pure in compagnia di un agente della Polizia di Stato (tale “Gianni”) in servizio a Genova - in foto con il CRISCINO – al battesimo in casa MAMONE, nel 1993, dove riuniti vi erano la figlia del boss Francesco FAZZARI, ovvero Giulia FAZZARI, i boss Franco RAMPINO e Carmelo GULLACE che brinderanno con Gino MAMONE che di lì in avanti vedrà crescere il suo “impero” con la ECO-GE... Ecco qualche fotogramma del video in questione che avevamo, in parte già pubblicato (vedi qui):
Ma ora torniamo al rapporto “MAGLIO 3”:
Le risultanze investigative emerse nel corso dell’inchiesta condotta dalla Procura di Reggio Calabria facevano risalire all’ottobre del 2008 le prime indicazioni sull’articolazione ligure della ‘Ndrangheta e sui collegamenti con le strutture criminali presenti nella terra d’origine. Quelle emergenze, di fatto, confermavano in modo inconfutabile quanto già ampiamente delineato da questa Sezione Anticrimine nell’ambito del procedimento penale 2951/2000/21 R.G. di codesta A.G. (indagine MAGLIO) in ordine alle dinamiche criminali emerse in questa regione con particolare riferimento al locale di Genova e all’allora reggente, oggi defunto, RAMPINO Antonio. Lo spessore criminale e l’autorevolezza di RAMPINO Antonio, posti in risalto all’epoca dell’indagine “MAGLIO”, riemergevano nel procedimento della Procura reggina con sorprendente attualità.
(...)
Dal provvedimento di fermo di p.g. della DDA reggina si rileva:
“La prima indicazione (in queste indagini) sull’articolazione ligure della ‘ndrangheta si ha da una conversazione intercettata il 18.10.2008 nel corso dell’ennesimo viaggio di OPPEDISANO Michele e GATTUSO Nicola. In particolare al progressivo 3555 delle ore 16.14 [...] i due fanno riferimento a tale CICCIO BONARRIGO il quale avrebbe commesso delle mancanze ed in tale contesto OPPEDISANO Michele dice di aver parlato con i responsabili della LIGURIA che però non sapevano nulla di questo discorso :
(…omissis…)
OPPEDISANO Michele Melo, Melo.
GATTUSO Nicola Sette chili ho preso.
OPPEDISANO Michele …inc...
GATTUSO Nicola Diteglielo. ..inc.. oggi abbiamo mangiato, io mi sono preso mannaggia, non mi sono preso la pillola, come non mi prendo la pillola, mi diventa rossa la faccia, mannaggia l'ostia e ce l'ho, ce l'ho qua in macchina. Loro hanno fatto qualche discorso ..inc.. con il "MASTRO" (COMMISSO Guseppe, ndt).
OPPEDISANO Michele Chi? Quelli la?
GATTUSO Nicola Uh! Minchia che fa bordello.
OPPEDISANO Michele ...inc... una nostra delusione, sapete per quale motivo?Che loro sono in contatto con quelli là con Ciccio BONARRIGO, CARTELLA... tragediatori.
GATTUSO Nicola Chi loro chi? Il "MASTRO"
OPPEDISANO Michele Se hanno fatto una cosa di questi...
GATTUSO Nicola Sono a metà, a crederci ed a non crederci compare...
OPPEDISANO Michele Se hanno fatto una cosa del genere, noi siamo a contatto quelli che davvero comandano il paese, però. L'avete sentito a Melo cosa ha detto? Tu basta che me lo dici, che io gli dico a Ciccio
BONARRIGO di non uscire da casa.
GATTUSO Nicola Quello vuole appuntamento per parlare, dice che vuole che ci sia pure Melo, lo sapete, volete ...inc...
OPPEDISANO Michele Chi?..inc...
GATTUSO Nicola Quello grosso, voglio che ci sia quello grosso dice. Pure Saro..."di finirla, di finirla che non è giusto". Compare Saro gli ho detto io, le cose sono degli anziani e noi ci rapportiamo, ..inc.. " ... no per l'amore di Dio dice ..." Ciccio BONARRIGO ha fatto qualcosa sempre, ha sbagliato. Qua non mi posso sbilanciare per dirgli compare con la LIGURIA qua non c'entra niente e Ciccio sostiene questo.
OPPEDISANO Michele Si, ma il bello sapete dov'è? Uno ..inc..
GATTUSO Nicola E apposta questo gli voglio dire, perché deve vincere il ...inc...
OPPEDISANO Michele Le CARICHE per la parte sua. Due! Non si doveva neanche permettere di ..inc...
GATTUSO Nicola Di fare quello che ha fatto.
OPPEDISANO Michele Di fare ..inc.. però ha fatto questo ..inc. e ne ha fatte!. Noi non gli abbiamo domandato a quelli, ai RESPONSABILI della LIGURIA, che ritengono che loro sono i RESPONSABILI a livello, tramite me, della LIGURIA, e non sanno niente di questi discorsi qua. A Ciccio BONARRIGO che voglio dirgli io, Ciccio BONARRIGO vattene dove ..inc.. che per avere le CARICHE …
I due interlocutori si riferiscono al fatto che BONARRIGO Francesco (Ciccio BONARRIGO) abbia chiesto due cariche, richiesta ritenuta non solo inaccettabile, ma addirittura offensiva. Nel corso della presente ricostruzione si avrà modo di definire la posizione di BONARRIGO che sarebbe insignito di cariche superiori non riconosciute dal Crimine di Polsi come valide per ottenere le due cariche richieste, secondo un principio di prelazione che si basa sulla “anzianità del grado”, ossia vi sono affiliati che detengono la carica da più tempo. Segue il passaggio in cui OPPEDISANO Michele dice di avere contatti diretti con “i responsabili della Liguria” e di aver accertato che questi non sono a conoscenza della richiesta di BONARRIGO.
Quest’ultimo rientra nel contesto ligure in quanto è stata documentata nel corso dell’indagine Maglio la sua vicinanza a RAMPINO Antonio che gli avrebbe consentito l’ascesa negli assetti ‘ndranghetisti.
(…)
Di altrettanto pregnante valore risulta la conversazione, avvenuta in data 06.11.2009, tra COMMISSO Giuseppe e LONGO Bruno, anch’essa rievocata nel dispositivo restrittivo della Procura di Reggio Calabria:
“Passando ora all’esame delle risultanze del presente procedimento, va innanzitutto detto che in una importante conversazione avvenuta in data 06.11.2009, tra COMMISSO Giuseppe e LONGO Bruno, si fa riferimento ad una “carica” di rilievo nella ‘ndrangheta, che sarebbe stata conferita a COSIMO Barranca – capo locale di Milano – e prima di lui proprio al più volte citato RAMPINO Antonio. LONGO infatti domanda al “Mastro” un aggiornamento sulla situazione di Cosimo BARRANCA (“… Mi avevate detto qualcosa per COSIMINO BARRANCA che fate…”) e COMMISSO lo informa che al citato BARRANCA gli avrebbero concesso una carica speciale (“…Anche a lui gli hanno dato quella cosa…”) meglio definita con il nome di “CICLISTA (testuale o CICOLISTA)…”. Tuttavia, Rocco AQUINO non ricorderebbe bene le parole di quella liturgia, sebbene, spiega, le abbia già pronunciate in occasione dell’investitura di tale “Stefano” (“…E adesso ROCCO AQUINO vuole sapere come è questa cosa… come sono le parole no… e ha detto che lui non se le ricorda … che ha fatto quello STEFANO…”). Dal loro discorso, si capisce che anche “RAMPINO” avrebbe ottenuto la stessa carica; un titolo segretissimo, per il quale sarebbe necessario ottenere prima una “…chiave” d’accesso. Finanche il “Mastro” sembra non ricordare bene la formula: “Ma questa qua secondo me non è una cosa …(inc.) io non so comunque (inc.) io no so come sono le parole perché… se li sapevate voi”, e ancora, “Non hanno nominato il cavaliere e i principi…”. LONGO chiarisce che va fatto appello a: “…nostro signore Gesù Cristo, la croce… ehh… il sangue…che è stato portato davanti alla luce…”; tuttavia, sostiene che l’espressione simbolica deve essere necessariamente conosciuta da chi celebra la funzione, le parole non possono essere inventate: “...la potete inventare voi se non la sapete?”. Comunque sia, sottolinea che il simbolo della carica è rimasto immutato: “…di questa qua so che è qua, il segno è lo stesso…”, ovvero “La croce qua è…”. Poi, fa presente di non ricordare bene le parole che, comunque, conserva scritte nel quaderno, che lo stesso “Mastro” gli avrebbe dato in passato: “…poi le parole non li so precise… che le ho imparate e le ho lasciate la (inc.) come me le avete scritte nel quaderno”.
Anche in questo caso si richiama l’attenzione di codesta A.G. nei confronti del defunto RAMPINO Antonio, già capo locale di Genova, che ancora oggi viene richiamato dagli affiliati di ‘Ndrangheta ritenuti di alto spessore criminale e facenti parte dei vertici dell’organizzazione stessa. Una figura che fa parte della storia della ‘ndrangheta e che ha segnato le dinamiche criminali del nord Italia in un unico disegno criminoso che oggi prosegue attraverso il suo naturale successore GANGEMI Domenico.
(...)
Ritornando alla citazione di RAMPINO Antonio, è opportuno rivelare che il “locale” genovese, attraverso la sua figura, è stato da sempre al centro di commenti piuttosto autorevoli, fatti da personaggi inseriti in un ambiente qualificato del panorama ‘ndranghetista. Basti ricordare che, nell’indagine c.d. “ARMONIA”, sono state registrate alcune attivazioni ambientali che, in modo alquanto singolare, già trattavano il binomio “RAMPINO/Ciccio BONARRIGO”. In alcune conversazioni (5.9.1998) intercettate a bordo di autovetture in uso ad alcuni indagati era nominato “compare ‘Ntoni ‘u Rampinu” che, dalla disamina dei brani, questa Sezione Anticrimine identificava appunto nel RAMPINO Antonio, alias “compare ‘Ntoni” e “u Massaro” (brano di conversazione intercettato il 5.09.1998, dalle ore 15,57, progr. 2218 – (...). Dalla conversazione in questione, avvenuta tra MAISANO Filiberto ed ERRANTE Pasquale, si rileva che, proprio grazie alla mediazione di RAMPINO Antonio, era stata risolta quella che s’intuiva essere stata un’annosa questione ovvero l’“unificazione della carica di VANGELO”, la quale evidentemente era attribuita con criteri differenti dalla “casa madre” della ‘Ndrangheta e dalle c.d. “filiali” nordiche. Veniva, infatti, precisato che, in occasione del vertice avvenuto in Montalto agro di San Luca, era stata raggiunta l’“unificazione tra Nord e Sud”. Il predetto brano indicava chiaramente come tale obiettivo fosse stato ottenuto grazie ad un incontro al quale avevano partecipato anche esponenti della ‘Ndrangheta presenti nel settentrione d’Italia.
(…)
Nell’indagine “MAGLIO” il RAMPINO, come detto, si era rivelato essere “capo del locale” genovese ed ulteriori riscontri si hanno dall’analisi della conversazione di cui al prog. n. 806 del 6 maggio 2008 della c.d. indagine “Patriarca”. In particolare ASCONE Rocco e MANDALARI Vincenzo nel pieno di discorsi di ‘ndrangheta, disquisiscono anche sulla “competenza” a concedere l’autorizzazione all’ apertura del locale di Voghera, che è in LOMBARDIA, ma che in base ad accordi con il defunto RAMPINO Antonio potrebbe rientrare nella “giurisdizione” della LIGURIA.
(…omissis…)
ASCONE: ma siamo sicuri che lui... da Voghera fa parte della Lombardia o della parte di Genova? come l'hanno inquadrato loro... non lo so io ...
MANDALARI: allora... come cartina geografica fa parte della Lombardia, come "Locale" all'epoca quando lo aprirono, lo aprirono con l'accordo di Antonio RAMPINO quindi faceva parte a Genova...
(…omissis…)
RAMPINO Antonio promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione, rispettato da tutti gli affiliati, risente all’epoca di uno strisciante disaccordo da parte di alcuni affiliati al locale genovese (GANGEMI Domenico), nei confronti del suo modo di condurre le varie attività del sodalizio mafioso. Nonostante ciò nessun affiliato aveva provato a porre in discussione la sua leadership.
Risulta poi sempre dagli Atti di “MAGLIO 3” ricostruito anche l'elemento del rapporto con gli ANASTASIO (che è stato già approfondito qui) e quello con la cosca D'AGOSTINO, su cui poi, abbiamo già in parte parlato in merito ai luntruni del “locale” di Canolo (vedi qui) ed anche in merito alla Strage di Razzà, ovvero agli AVIGNONE (vedi qui). In merito al rapporto con i D'AGOSTINO, il ROS dettaglia:
D’AGOSTINO Raffaele risultava essere stato detenuto nella Casa Circondariale di Genova Marassi tra il 27.02.1999 e il 2.8.2000 allorquando veniva trasferito presso la casa circondariale di Voghera, poi in quella Palmi, successivamente in quella di Sulmona, per poi essere scarcerato il 3.3.2006. La permanenza presso il carcere di Marassi non passava inosservata in quanto in tale periodo questa Sezione Anticrimine aveva posto in essere una serie di attività investigative che ne registravano il coinvolgimento negli assetti e negli equilibri in seno a realtà criminali di tipo associativo proprio a Genova. In particolare dall’indagine MAGLIO risultava che nel periodo di detenzione presso la casa Circondariale di Genova Marassi, precisamente in data 19.7.2000, gli veniva notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito dell’indagine denominata “Prima luce”, poiché ritenuto promotore di una struttura “armata” di tipo mafioso denominata “Cosca D’AGOSTINO” operante sul territorio di Sant’Ilario dello Jonio e zone limitrofe. Le indagini permettevano l’accertamento delle dinamiche che avevano mosso, negli ultimi decenni, i rapporti fra gruppi criminali operanti nella zona di S. Ilario (piccolo comune della zona Jonica della provincia di Reggio Calabria, collocato nella Locride, posto tra i più grandi centri di Locri ed Ardore), dalle quali erano scaturiti fatti omicidiari determinati dallo scontro fra due diversi gruppi al fine di conseguire il predominio sul territorio. Nonostante il lungo periodo di detenzione lo si reputava già perfettamente inserito sia nelle attività criminali della famiglia di appartenenza, sia alla vita del “locale” di Sant’Ilario. Rilevavano a tal proposito gli esiti dell’indagine “MAGLIO” che avevano già chiaramente dimostrato quanto fosse attuale il ruolo rivestito dal D’AGOSTINO.
In precedenza era detenuto semilibero presso la Casa Circondariale di “Marassi” in Genova, con fine pena 15.3.2005, essendo stato condannato a pena definitiva per il sequestro del commerciante sorrentino Tullio FATTORUSSO, avvenuto il 9.10.1981.
D’AGOSTINO Raffaele era considerato la “mente” della cosca “D’AGOSTINO”, operante in Sant’Ilario allo Jonio e Canolo, a cui appartengono anche i fratelli D'AGOSTINO Domenico e D'AGOSTINO Vincenzo, entrambi attualmente detenuti. Giova in proposito evidenziare che i D'AGOSTINO sono notoriamente legati agli JERINO’ per vincoli di parentela, e, quindi, alle famiglie di Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa Jonica quali, appunto, gli AQUINO e gli URSINO.
Figlio di Nicola, deceduto nel 1991, già "capo-bastone" dell'omonima cosca in Canolo e fratello di Antonio, ucciso in Roma il 9.11.1976. Il padre era sindaco di Canolo all’epoca in cui RAMPINO Antonio chiese che fosse sentito a verbale allo scopo di sostenere un suo alibi nell’ambito del duplice tentato omicidio in danno di DELLA GAGGIA Umberto e della sua convivente. Nel suo periodo di semilibertà D’AGOSTINO Raffaele lavorava presso la ditta di FILIPPONE Michelangelo nato a Polistena (RC) 5.3.1939, residente in Genova, avendo egli il permesso di uscire dal carcere dalle ore 07.00 alle ore 21.30. Nell’indagine “MAGLIO” D’AGOSTINO era emerso sin dai primi servizi dinamici ed in seguito erano stati evidenziati una serie di rapporti con elementi calabresi dimoranti in Genova e provincia, che dimostravano in maniera univoca le sue entrature nell’ambito dell’aggregato mafioso di matrice calabrese presente nel capoluogo ligure.
L’intera biografia criminale criminale dell’interessato è testimonianza della levatura e dell’importanza dello stesso nel panorama della ’Ndrangheta. In tale quadro i contatti tenuti dallo stesso in Genova apparivano estremamente significativi e quindi meritevoli della giusta attenzione, atteso che non può essere dimenticato il fatto che RAMPINO Antonio era originario del medesimo paese.
Nel senso deponeva anche il rapporto con FILIPPONE Michelangelo, che emergeva per essersi posto a disposizione del D’AGOSTINO allo scopo di garantirgli un’attività lavorativa presso la ditta individuale “AUTOTRASPORTI FILIPPONE di FILIPPONE Michelangelo” e finalizzata a giustificare la richiesta, poi concessa, di semilibertà anche se era stato constatato che D’AGOSTINO non era quasi mai operoso sul luogo di lavoro, che in realtà era presso la ditta “TRASPORTI TFB s.r.l.”. Analogamente era apparsa di grande rilevanza la disponibilità da parte del D’AGOSTINO dell’appartamento in via Milano n. 61 interno 4, i cui locali risultavano intestati alla società “INTER.IMP. s.n.c. di LUPIS & C.”, attiva nel settore delle spedizioni così come quella del FILIPPONE. In sintesi il “valore” di D’AGOSTINO Raffaele e la sua personalità gli permettevano di avere, fino al suo arresto avvenuto nel 2000, la possibilità di inserirsi nel contesto delinquenziale genovese, tanto da essere stato uno dei protagonisti della gestione dei videogiochi grazie allo stesso FILIPPONE Michelangelo.
Emerge anche, dagli Atti del ROS, che il GANGEMI ed il RAMPINO (allora capo della 'ndrangheta in Liguria) stopparono il tentativo della nota famiglia 'ndranghetista dei MACRI' volta alla creazione di un apposito ed autonomo “locale” con competenza sul territorio di Bolzaneto e Sant'Olcese ove, i MACRI' hanno la loro “roccaforte”:
All’epoca (2001) erano censurate conversazioni ambientali in cui GANGEMI Domenico e RAMPINO Antonio esprimevano comune disapprovazione ritenendo “u Borio” (o Boria) identificabile in RAIMONDI Giuseppe come il promotore dell’iniziativa tra gli ambienti di Bolzaneto e Sant’Olcese.
In realtà il distaccamento della ‘ndrina fu una proposta di MACRI’ Giuseppe cl. 64 [nato a Haine St. Paul (Belgio) il 14.3.1964, residente in Genova vico Saponiera nr.2/15 dal 15.4.1992, proveniente da Mammola (RC)] e fu proprio GANGEMI Domenico a riferirlo nell’ambito di una conversazione ambientale del 29.4.2001:
“…se n’è uscito a Peppe MACRI’… poi io gli feci una bella lavata di cervello, se n’è uscito… di uscire con la ‘Ndrina distaccata a Bolzaneto… non ci sono ‘Ndrine distaccate… (inc.)… ‘Ndrine distaccate poi ci disse ‘Ntoni RAMPINO, ci disse, fatevela per conto vostro a ‘Ndrina, ci disse… OMISSIS… domenica alle nove, allora io l’ho preso e gli ho detto: sentite compare Pe’, vedete che io vi apro gli occhi di una cosa, gli ho detto io, i Catanzaresi per l’amor di Dio sono amici, gli ho detto io, come noi, niente da dire ebbè e cose… cercate voi però di fare parte dei riggitani, non vi dico altro …OMISSIS… io non ho proprio niente da dire, se la volete fare fatela per conto vostro, no… dice… allora gli ho detto io: non parliamo, ma scusa gli ho detto io, con sessanta - settanta cristiani che siamo, gli ho detto io, che volete distaccare? Ma Voi lo sapete che non siamo neanche il numero giusto… vabbè… 50 chilometri… dice sapete, me lo dovete dire il motivo gli ho detto io, della ‘Ndrina distaccata, gli ho detto io: se mi alzo una mattina… (inc.)… lo sapete che ognuno che viene e fa… (inc.)… il “mastro di giornata”… (inc.)… vi pare che ve la fate…si, ma non cambia niente…”.
In un altro passaggio, alle ore 21.59 del 29.4.2001, GANGEMI ribadiva con vigore il concetto di essere in disaccordo con la creazione di una nuova ‘ndrina a Bolzaneto, come sottolineato da RAMPINO Antonio (il Massaro):
“…voi altri con quel ramo distaccato… non sapete… (inc.)… gli ho detto io: ma sentite, voi volete ragionare o non volete ragionare, gli ho detto io, con cinquanta pulcini che siamo, gli ho detto io, che volete fare? …che restiamo quattro pulcini là, fatemelo sapere!…” e poi ancora: “Sì, ma gli ho detto io: lo sapete che non siamo neanche il numero giusto, tutti… (inc.)… gli ho detto io: che restiamo io, compare ‘Ntoni e qualche altri due vecchi, qua restiamo quattro vecchi, qua gli ho detto io… la verità, il ‘massaro’… (inc.)… facetevela per conto vostro, gli ha detto allora… no, dice: che me lo dite a fare… gli ha detto il ‘massaro’, come diciamo noi, nel giusto…”.
Già nel 2001 si registrava l’esistenza del locale di Genova con 50 affiliati (50 pulcini) ed il timore del GANGEMI era quello che uno spostamento della manovalanza (cariche minori) nella ‘ndrina distaccata avrebbe causato il concentramento esclusivo di cariche superiori (4 vecchi, inteso in senso generico RAMPINO Antonio, GANGEMI DOMENICO e altri) a livello centrale. In realtà GANGEMI Domenico era convinto che in questo progetto un ruolo ispiratore l’avessero i “Catanzaresi” individuabili principalmente nella persona di RAIMONDI Giuseppe (alias BORIA):
“perché io sapete che penso malignamente… però può essere pure che io mi sbaglio, non è che la do scontata la cosa, quella… la pungitina gliela fa “Boria” pure a questo Peppinello MACRI’ capite? Cioè questa è una malignità mia, può essere che no, può essere che io mi sbaglio… OMISSIS… chi RAIMONDI? perché non prende per fare lui, compare, ma questi bavosi che sono nati ieri! Perché se sono all’altezza mi operano loro, perché non devono operare? Mi si mettono al mio comando, che glieli do io i servizi da fare, sti bavosi di merda, non valgono una borsa di polvere loro e ci rompono il cazzo a sti vecchi…”
Ed ancora, per meglio chiarire - anche alla nipotina che vorrebbe il silenzio su RAMPINO Antonio e famiglia 'ndranghetista - ecco un passaggio dove si evidenzia anche il ruolo del RAMPINO per l'assegnazione dei “fiori”, ovvero i “gradi” degli affiliati alla 'ndrangheta:
Tra il 16.12.2001 e il 9.1.2002 RAMPINO Antonio contattava gli affiliati CIRICOSTA Michele, CUTRONA Raffaele e ROMEO Antonio alias “compare Totò” con i quali veniva definita la data del 13 gennaio 2002 come quella favorevole per lo svolgimento di un “summit” per l’attribuzione dei “fiori” (RAMPINO a CUTRONA: “…giorno 13 compare .... vengo a prendere un po’ di fiori ...” - CIRICOSTA MICHELE a RAMPINO: “…dice che se vuole andare per i “fiori”, sono pronti…”). Il termine “fiori” utilizzato dagli interlocutori si ritiene oramai un concetto giuridicamente acquisito avulso da qualsiasi ulteriore interpretazione. Con tale espressione, infatti, si intende la dote di “picciotto” attribuita ad un nuovo associato alla ‘Ndrangheta il cui ingresso in società è sancito metaforicamente secondo le formule dei rituali di affiliazione. In senso generale il “fiore” è sinonimo di “dote” o “grado” che viene attribuito all’associato e che lo colloca nella struttura gerarchica della ‘Ndrangheta
In quell’occasione la dote veniva concessa a BRANCATISANO Pietro e la conferma era fornita da una conversazione ambientale tra PANETTA Rocco e PRONESTI' Salvatore registrata il 13 giugno 2002. I due affiliati al locale di Genova, a breve distanza di tempo dal “summit” del 13.1.2002, si lamentavano della scelta fatta da RAMPINO Antonio (capolocale) di concedere i “fiori” (conferire la dote) a “Pietro il milanese”, ritenuto estraneo alle dinamiche del locale di Genova. I due interlocutori si ritenevano offesi dall’atteggiamento del RAMPINO che, a loro parere, avrebbe favorito un soggetto estraneo al locale genovese senza interpellarli e senza garantire loro analogo trattamento
(…)
PRONESTI’: PRONESTI’ Salvatore
PANETTA: PANETTA Rocco
(…omissis…)
PANETTA: ’Ntoni (RAMPINO) si deve rendere conto che i tempi sono cambiati
PRONESTI’: no, no… i tempi sono cambiati e vogliamo avere conto… eeh
PANETTA: non è come una volta!
PRONESTI’: che lui…(inc.)… con Pietro ha fatto… che laggiù si odiarono per Pietro, per quello di Milano… per quello che è venuto là… vuoi per…ma fallo con un passo alla volta, se se lo merita… se se lo guadagna… non che te lo porti!
PANETTA: (inc.)… gli ha dato cose più… (inc.)… cose più…
PRONESTI’: sì, sì… gli ha dato cose più di lui
PANETTA: ha più cose di noi ha quello… fuori locale… (inc.)
PRONESTI’: ma noi, noi… apposta lui
PANETTA: ma a me…
PRONESTI’: prima… prima non trascurava gli uomini… no, a lui… a noi che lo abbiamo affiancato una vita… per andare a fare
(…omissis…)
All’epoca BRANCATISANO Pietro era residente proprio a Milano ed il riferimento fatto da PRONESTI’ Salvatore nel corso della conversazione in esame aggiungeva nuovi ed ulteriori elementi che portavano ad identificare in BRANCATISANO Pietro la persona oggetto della discussione. Il brano consentiva di comprendere anche le ragioni della presenza di RAMPINO Antonio alla riunione del 13 gennaio 2002 la cui partecipazione era da ricondursi non tanto alla sua qualità di reggente del locale di Genova quanto, piuttosto, all’alta carica da lui rivestita in seno all’organizzazione ligure con “competenze territoriali” nell’area lombarda e per questo autorizzato dalla ‘Ndrangheta a concedere le cariche. Tale quadro contribuisce a fornire un’ulteriore conferma dell’unitarietà della ‘Ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso.
L’incontro del 13 gennaio 2002 era dunque realizzato all’interno della carrozzeria “REGINA di PEPÉ Benito”, ubicata in Vallecrosia (IM). In quella circostanza, su input di questa Sezione Anticrimine, veniva effettuato un formale controllo da personale della Compagnia Carabinieri di Bordighera (IM) che sorprendeva i partecipanti all’interno del forno per la verniciatura a caldo dell’officina. Si desidera porre in evidenza il luogo prescelto per l’incontro ritenuto sicuro in quanto protetto dalla possibilità di installare apparati di intercettazione ambientale che, all’interno di un forno per la verniciatira, verrebbero inevitabilmente distrutte a causa delle elevate temperature raggiunte. Non meno rilevante è il fatto che un tale forno non poteva considerarsi idoneo ad ospitare riunioni conviviali per pranzi o cene a causa della presenza di residui tossici, per cui meglio si prestava per lo svolgimento del rito di affiliazione che non necessitava di tempi lunghi.
All’atto del controllo venivano identificati:
- RAMPINO Antonio, nato a Canolo (RC) il 26.11.1927 deceduto a Genova il 10.2.2008.
- BRANCATISANO Pietro, nato a Bruzzano Zeffiro (RC) il 4.8.1961.
- GATTELLARI Giovanni nato ad Oppido Mamertina (RC) il 26.3.1951, residente in Milano via F. Crispi n. 17 (giunto da Milano in auto con BRANCATISANO Pietro);
- CIRICOSTA Michele nato ad Anoia (RC) il 29.7.1936, residente a Bordighera (IM) via Selavadolce nr. 16;
- BARILARO Francesco nato ad Anoia (RC) il 15.1.1947, residente in Bordighera (IM) via degli Inglesi n. 103;
- COTRONA Antonio nato a Martone (RC) il 12.11.1937, residente in Imperia via Beralde n. 20
- PEPÉ Benito nato a Galatro (RC) il 5.8.1936, domiciliato in Bordighera (IM) via Regina Margherita n. 50 (all’epoca titolare dell’attività);
- ROMEO Antonio, detto “compare Totò”, nato a Roghudi (RC) il 22.7.1939, domiciliato in Sarzana (SP);
- SIVIGLIA Annunziato nato a Roghudi (RC) il 30.12.1938, domiciliato in Sarzana (SP);
- RINALDIS Francesco Giuseppe, detto “Peppe”, nato a Canolo (RC) il 12.8.1925 (deceduto) altro elemento di spicco del “locale” genovese;
- RAFFAELE Gerardo Gaetano nato a Candidoni (RC) il 24.1.1932, residente in Cervo (IM) via Solitario delle Alpi n. 28/5;
- BONFORTE Fortunato nato a Sinopoli (RC) il 26.3.1956, residente a Saint Lorant de Var (F) Rue che de Sidonie 197;
- ROSITANO Francesco Antonio nato a Sinopoli (RC) il 24.5.1931, residente a Saint Lorant de Var (F) via Pier Suvuago 481;
- TIGANI Domenico Antonio nato a San Procopio (RC) il 24.5.1927, residente a Le Trinitè - Nizza (F) in Rue Pier Porgonise 8 (giunti a bordo di un’autovettura con targa francese).
Il servizio di osservazione, controllo e pedinamento consentiva di accertare che RAMPINO Antonio giungeva presso la citata carrozzeria a bordo dell’autovettura VW PASSAT di colore blu elettrico metallizzato targata BN563DH (già emersa nei servizi di o.c.p. del 10.09.2000 e del 04.08.2001 – ...) con a bordo BRANCATISANO Pietro (proprietario e conducente), GATTELLARI Giovanni e RINALDIS Giuseppe (deceduto).
Il summit tenutosi il 13.1.2002 a Bordighera per l’affiliazione di BRANCATISANO Pietro, che vedeva tra gli altri anche la partecipazione di GATTELLARI Giovanni, ratificava i rapporti strettissimi, perlaltro già esistenti, tra la ‘Ndrangheta lombarda e quella ligure. Quest’ultima congiuntura riemergeva nei riferimenti a BRANCATISANO Pietro e RAMPINO Antonio rilevabili nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del Tribunale di Milano che vedeva tra i destinatari proprio lo stesso BRANCATISANO Pietro (O.C.C. n. 43733/06 R.G.N.R. e n. 8265/06 R.G.G.I.P. nell’ambito dell’operazione “Il Crimine” – ...).
Il provvedimento evidenziava con vigore l’importanza del vincolo esistente tra RAMPINO Antonio e BRANCATISANO Pietro il quale, dopo l’attribuzione della “dote” si sarebbe allontanato dal locale di Pavia per crearne uno a Voghera alle dirette dipendenze della Liguria di RAMPINO Antonio e non della Lombardia contesa tra “Pino NERI” e NOVELLA Carmelo. L’indagine milanese aveva evidenziato che NOVELLA Carmelo era in disaccordo con Pino NERI poiché voleva dividere la Lombardia creando un gruppo di locali indipendenti dal Crimine di Polsi. Per tali ragioni veniva assassinato il 14.07.2008. Si ritiene che nelle dinamiche secessioniste di NOVELLA Carmelo rientri anche il mancato riconoscimento dell’autorità di RAMPINO Antonio allineato al Crimine di Polsi:
“ (…omissis…) Enzo gli dice a Biagio di prendere l'appuntamento per portarlo là..... dove deve portarlo, scendono, e gli dico Pietro BRANCATISANO.... voi, chi ve lo ha formato il Locale a voi? sotto quale direzione camminate voi...dice...u'RAMPINO non ha nessuna autorizzazione e non ha...qua rispondiamo noi e non vi permettete e prendete gli uomini che erano a Pavia ah!...gli uomini che era a Pavia se ne vanno con Franco BERTUCCA, così si fa compare...”. (…)
La creazione del locale di Voghera sarebbe avvenuta insieme a GATTELLARI Giovanni, presente anch’egli il 13.1.2002 nella carrozzeria di Bordighera, e SCRIVA Biagio come si evince da una conversazione ambientale del 3 maggio 2008...
Conferma ulteriore sul ruolo del RAMPINO emerge dall'intercettazione di un dialogo tra il BRUZZANITI Rocco ed il GANGEMI Domenico, che il ROS sintetizzano così:
Parlando di ‘ndrangheta i due veterani affiliati non possono non parlare di RAMPINO Antonio, quale predecessore di GANGEMI Domenico nella direzione del locale di Genova. Suggestivo il ricordo di GANGEMI Domenico che esprime il personale e immutabile rispetto per il defunto reggente, ma si ritiene più importante la convinzione del capo locale che BRUZZANITI Rocco ne sia a conoscenza. Questo aspetto evidenzia l’appartenenza di BRUZZANITI Rocco al sodalizio criminoso sin dall’epoca della reggenza di RAMPINO Antonio condizio sine qua non per conoscere il duraturo rispetto menzionato dal GANGEMI. Quest’ultimo ricorda altresì il particolare rapporto che lo legava all’allora reggente RAMPINO Antonio “rispettato nei momenti più difficili e nelle cose più complicate”.
(…)
GANGEMI fa presente che anche in un’altra occasione, all’epoca della reggenza di RAMPINO, era giunta “un’imbasciata politica da Reggio”. Questo aspetto fortifica l’ipotesi investigativa dell’esistenza di una ‘ndrangheta unica e strutturata sul territorio nazionale ed estero. L’appoggio politico genovese per le tornate elettorali veniva deciso dai mandamenti della Provincia. Tali decisioni però non è necessario che siano portate a conoscenza di tutti gli affiliati, in quanto è dovere di questi ultimi attenersi alle decisioni del locale, inteso questa volta, come tavolo di trattativa tra i personaggi più rappresentativi. La reggenza RAMPINO, seppur segnata da fazioni ostili interne, ha lasciato un’impronta indiscutibile nell’evoluzione dell’intera ‘ndrangheta, quella di GANGEMI si presta a maggiori critiche, ma resta pur sempre il riferimento primario della ‘ndrangheta in Liguria per la Calabria (binomio OPPEDISANO Domenico cl.30/GANGEMI Domenico).
(…)
BRUZZANITI Rocco stima il defunto reggente genovese [RAMPINO Antonio, ndr] definendolo un BUON PADRE, termine ricorrente per indicare il capo locale (… se già é stato fatto in una famiglia, il padre espone i fatti, giusto? e praticamente la famiglia chiede scusa…).
L’appartenenza al locale di Genova da parte dei due interlocutori si ritiene ormai assodata e scandita da momenti storici con ruoli definiti in seno al locale stesso. GANGEMI riveste sempre posizioni più rilevanti di BRUZZANITI Rocco nell’ottica di una carriera criminale che gli consente di essere il reggente del locale alla morte di RAMPINO Antonio.
Diversamente BRUZZANITI Rocco ha sempre ambito a cariche superiori e, nei brani che seguono, non ne nasconde l’amarezza per il mancato conseguimento. In particolare BRUZZANITI ostenta le personali imprese criminali, l’inserimento nel locale genovese e i rischi corsi “per la bellezza della bandiera che portiamo!”. Non manca la risposta del capo locale detentore del potere di affiliazione e della gestione delle cariche che sbandiera il personale impegno per il locale genovese (IO LO FACEVO PER IL LOCALE NOSTRO COMPA' perché tra l'altro io voglio il Miccula (fonetico) che ho un posto ).
(…)
La parte del brano è piuttosto sintomatica e conferma il quadro investigativo sin qui prodotto sull’esistenza compartimentale del “locale” genovese retto da GANGEMI Domenico. Singolari sono le esternazioni dell’indagato che gestisce le dinamiche del sodalizio con una ripartizione d’incarichi secondo una mentalità ‘ndranghetista ben precisa (“IO LO FACEVO PER IL LOCALE NOSTRO COMPÀ - QUELLI INTERNI MI FANNO UNA COSA BUONA PER IL LOCALE”). Di notevole importanza si considera la visione dell’affiliato BRUZZANITI Rocco della vecchia gestione RAMPINO ritenuta accentratrice e, talvolta, poco rispettosa degli associati. Questo aspetto è sottolineato allorquando BRUZZANITI osserva : “qual è stata all'epoca che era … stato detto a tavola per dire voi (inteso GANGEMI Domenico, ndt), compare N'toni (inteso RAMPINO Antoino, ndt) e chi di competenza e dire: signori, giovanotti, le cose (...omissis…) in poco tempo hanno chiamato pure il posto ...inc... (…omissis…) mi vedo questa cosa qua (…omissis…) dico: aspetta un minuto qua forse sto andando troppo in buona fede e qualcuno mi ha ... inc... il posto ... la cosa non c'era a Ventimiglia voi lo sapete meglio di me compare”. Si ritiene che BRUZZANITI Rocco riconosca l’esistenza di una dirigenza in seno al locale genovese costituita in primis da RAMPINO Antonio, coadiuvato da GANGEMI Domenico e “chi di competenza”. In particolare, questa oligarchia genovese non avrebbe riunito gli affiliati del locale per comunicare la possibilità di conferire una carica (“un posto”) spiegando le ragioni della necessità di destinarla al locale di Ventimiglia. BRUZZANITI ritiene di essersi reso conto di aver agito “troppo in buona fede” ossia di non aver prestato la giusta attenzione a quanto stesse avvenendo.
Ritiene infatti che la carica concessa a Ventimiglia poteva essere destinata al locale genovese e, magari, a lui stesso.
La concessione di cariche c.d. “minori” è a discrezione del locale, mentre la concessione di cariche c.d. “maggiori” rientrano nelle logiche della struttura ‘ndrangheta gestita dal Crimine di Polsi. In precedenza si è richiamato la concessione della dote a BRANCATISANO Pietro (soggetto al di fuori del locale di Genova) ufficiata proprio da RAMPINO Antonio.
La competenza extraterritoriale del titolato RAMPINO, come già sottolineato in precedenza, rientra nella gestione delle cariche maggiori che può avvenire solo grazie ad un organo centrale che evita che se ne creino in numero eccessivo. In merito non mancano i commenti negativi sulla gestione della concessione delle cariche da parte di RAMPINO Antonio ritenuta eccessivamente parsimoniosa. Come non mancano le esternazioni di OPPEDISANO Domenico che, parlando con GANGEMI Domenico ribadisce che gli hanno fatto giurare e spergiurare che le avrebbe concesse solo a persone particolarmente meritevoli.
I due interlocutori proseguono la conversazione e, da “uomini d’onore”, ognuno esprime quello che pensa in modo veritiero ( ma ditemi chiaro ). Da una parte BRUZZANITI Rocco riferisce di aver saputo, all’epoca dei fatti, che la concessione della carica al di fuori degli affiliati del locale di Genova fosse stata un’iniziativa di GANGEMI Domenico, dall’altra l’attuale reggente del locale genovese sostiene di essersi adeguato agli ordini impartiti da RAMPINO Antonio.
Entrambi accolgono le rispettive rimostranze e BRUZZANITI Rocco ripercorre le personali vicissitudini ‘ndranghetiste che gli avrebbero potuto far conseguire la carica in argomento (mi rischiai la vita e rischiai la galera a vita ... per l'orgoglio della Calabria…).
(…)
L’aver ripercorso il passato, attraverso il racconto degli interlocutori, impone agli stessi una valutazione dei rapporti con l’allora reggente del locale genovese RAMPINO Antonio. BRUZZANITI Rocco sostiene con particolare energia che il defunto RAMPINO nutrisse nei confronti di GANGEMI Domenico una profonda stima ed un sincero affetto (a voi vi ha sempre voluto bene, vi ha stimato e vi ha rispettato come uomo e come cristiano ... perciò questo ve lo posso confermare io oggi qua e ve lo confermerò sempre!). I due sottolineano i rischi corsi partecipando all’associazione mafiosa sia dal punto di vista giudiziario che dell’incolumità personale in seno agli scontri interni alla ‘ndrangheta (BRUZZANITI: perché qua tutti rischiamo, quei poveri cristiani rischiamo ...inc... però, rischiamo la vita, tanto so' ...inc...uniti tutti i calabresi… GANGEMI: io mi sono messo a disposizione per dovere tuo ...inc...e ho rischiato anche qualcosa).
(…)
L’argomento trattato nelle conversazioni è particolarmente sentito dai due interlocutori perché riguarda aspetti di principio del comportamento mafioso citando diversi personaggi ritenuti contigui al sodalizio criminoso (GORIZIA Cosimo alias Cosimino, RAMPINO Antonio alias ‘Ntoni RAMPINO u’ Massaro, BATTISTA Raffaele alias Raffaelino, BELCASTRO Domenico alias Compare Mimmo BELCASTRO, VIOLI Domenico alias “il lattoniere”, MULTARI Antonino alias Nino, MOIO Vincenzo, MARCIANO’ Giuseppe alias Peppino Marciano’, ANASTASIO Pietro e Francescantonio, CONDIDORIO Arcangelo alias “zio Angelo”, CAMMAROTO Antonio alias ‘Ntoni Cammarota, ecc). Oltre il riferimento a soggetti specifici considerati a diverso titolo aderenti alle logiche ‘ndranghetiste, vi è un marcato utilizzo di terminologia specifica che evidenzia l’appartenenza al sodalizio criminoso: “Locale di Genova”, “nostro locale” “trascuranza”, “azionista” (uomo d’azione), “ ‘ndrangheta ”, “distacco” “onore”, “dignità”, “onestà dell’uomo”, “rispetto”, “bandiera della Calabria”, “orgoglio della Calabria”, “distacco per regole sociali”, “una cosa lecita”, “gerarchia”, “pulita”, “giovanotto”, “picciotto”, “malandrino”, “uomo”, “cristiano”, “tavolo”, ecc. Ogni singolo termine racchiude in sé un significato ‘ndranghetista e caratterizza inequivocabilmente la conversazione. Senza scendere nel merito del confronto tra i due interlocutori, si comprende immediatamente che si è in presenza di due soggetti gerarchicamente inquadrati nel sodalizio criminoso, con ruoli differenti che impongono rispetto e orgoglio reciproco. BRUZZANITI è in una posizione di inferiorità rispetto a GANGEMI Domenico, ma il fatto stesso di appartenere alla ‘ndrangheta lo inorgoglisce in vista di una futura e personale ascesa criminale.
In altro passaggio della stessa interessantissima conversazione, si comprende che i due giudicano sostanzialmente bene la gestione di RAMPINO Antonio indicato quale promotore della presenza ‘ndraghetista in area (Compare Rampino é stato un padre, un buon padre ... però spesso per nigligenza di qualcosa, per qualche interesse di qualcuno si faceva, si é fatto - lui vi ha dato come inizio ...(inc.).. chiaramente ... io ...(inc.)..). Di particolare importanza è la capacità di assoggettamento dell’organizzazione che si desume proprio dall’atteggiamento ossequioso del BRUZZANITI, certificandone l’inserimento nella compagine mafiosa ’Ndrangheta, immagine che è evocata anche attraverso la sola sottolineatura della propria origine regionale.
Sempre in merito alle “doti” che il RAMPINO Antonio attribuiva vi è anche il caso di Pino BOVA. Qui, in sintesi, quanto indicato in merito, agli Atti, dal ROS:
(omissis)
BATTISTA Raffaele propone di far partecipare alla riunione del locale di Genova anche Pino BOVA. Quest’ultimo si identifica nell’omonimo nato a Gioia Tauro (RC) il 21.7.1962 residente a Genova Via Fereggiano n. 30/8 ritenuto fedelissimo del defunto RAMPINO Antonio (già capo locale di Genova) che lo ha voluto valorizzare al punto da attribuirgli la carica di “mastro di giornata” come emerge dalla c.d. indagine “Maglio” di cui si riporta un estratto della trascrizione in forma integrale della conversazione tra presenti nr. 6152 delle ore 12.32.15 del giorno 19.04.2001 intercettata a bordo dell’autovettura Nissan Micra targata BJ152LS di proprietà ed in uso a SAVOCA Giuseppe (...):
“(…omissis…) gli ho detto io, gliela do’ io la risposta… no che gli caricate la testa a Pino BOVA che non sa il comportamento che… (inc.)… il giovanotto vi può dare la contro risposta, gli ho detto, a Voi… a compare ‘Ntoni e a tutti, a me no! Perché io ce l’ho la contro risposta, per dire, se voi sapete che Pino BOVA non è all’altezza di fare il “mastro di giornata”, va bene, a questo punto qua è… (disturbi)… siete responsabile Voi, non è responsabile quello, io il regolamento per lui ce l’ho, che quando lui si permette a parlare ancora, gli dico: carissimo giovanotto che fino adesso non te lo ha detto nessuno, te lo dico adesso io in faccia… (inc.)… che qualora ricevi tu novità o parole di una persona più anziana di te e dice: la “Maggiore” ha detto così! Tu prima fai il tuo dovere, su tutte le… (inc.)… e poi chiedi… poi chiedi chiarimenti e questo qua te lo dico io, vale per tutti, per cento mila… (inc.)… perché questo è il fatto, la “Minore” deve sottostare a quello che fa la “Maggiore”… perché si chiama “Minore”? Si chiama “Minore” perché la “Minore” sa che… (inc.)… io ve la faccio riunire, è meglio… (inc.)… a tutti! (…omissis…)”
In merito al “distacco” richiesto da MOIO Vincenzo (soggetto che è già stato ben delineato qui), vi è l'intercettazione di una delle conversazioni del RAMPINO Antonio con PANETTA Rocco, effettuata sulla Renault in uso al PANETTA (ore 11:57 del 23.11.2001), che il ROS indica:
Interlocutori:
PANETTA Rocco
RAMPINO Antonio
(…omissis…)
RAMPINO: è un cristiano buono, però… eh…
PANETTA: sì, sì…
RAMPINO: eh… un “vangelo nuovo”… (inc.)…
PANETTA: il migliore… è il migliore quasi della chiana (Piana)… diciamo come… (si accavallano le voci)… qualità…
RAMPINO: sì, ora come ora… dopo… dopo Angelo MACRI’ è lui… eh…ù
RAMPINO parla bene di Peppe ‘Ntoni affermando che è un uomo intelligente e commenta che tutti gli vogliono bene.
(…omissis…)
RAMPINO: ma non è vero compare… no, no, ma non è vero compare… Peppe ‘Ntoni non è vero che ha detto così… se noi prendiamo… non possiamo dire che Genova c’è… c’è la ‘Ndranghita…
PANETTA: è vero…
RAMPINO: la ‘Ndranghita viene da laggiù, la massa viene da laggiù… come la chiamiamo… come… viene da laggiù, allora non possiamo dire: a Genova s’è impiantata, L’IMPIANTAMMO NOI ALTRI…
PANETTA: ma non possono dire neanche in Calabria che la “mamma” è là… quale “mamma” è là…
RAMPINO: no, la “mamma”… non è la “mamma”… lui non ha detto che la “mamma” è là, lui non ha detto che la “mamma” è là… disse: non lo ha detto Peppe ‘Ntoni, non lo ha detto per niente, l’hanno tirata fuori chi è stato la tirata qua… (inc.)… però, compare, SE ESCE UNA REGOLA ESCE PER TUTTI… loro no, loro no… noi che siamo qua… però da laggiù vedi… Rocco PANETTA di dov’è… ’Ntoni MARZANO di dov’è…
PANETTA: (inc.) sono d’accordo con voi…
RAMPINO: eh, eh… allora, allora… la “mamma” lui non è che ha voluto dire perché che la “mamma”… comandano quelli, perché se comandano quelli, comandiamo pure noi…
PANETTA: (inc.)… in quella maniera…
RAMPINO: no, no chi l’ha presa…
PANETTA: loro…
RAMPINO: che c’era un altro piccolo, perché NOI COMANDIAMO… SIAMO A GENOVA COMANDIAMO NOI… voi avete una ruota meno della mia o io ne ho una più di voi o voi ne avete una più della mia, però sempre noi siamo di laggiù… è vero?
PANETTA: è logico…
RAMPINO: la ruota non vuol dire… perché l’uomo è uomo… la “dote” sì e certo… la “dote” è come… (inc.)… filiale… sapete come si sono tirati fuori, si sono tirate fuori… per esempio il “quartino”… uh, questo, quell’altro e per sottilizzare la “società”… invece poi l’abbiamo riempita… l’abbiamo allargata… (inc.)… per esempio siamo dieci persone… (si accavallano le voci)… Rocco
PANETTA, sì Rocco PANETTA…
PANETTA: no, compare ‘Ntoni, non è neanche quello che dite voi… il mio dispiacere sapete che cos’è qua… (inc.)… sta “dote” ste cose… è un illusione dell’uomo, perché vi spiego… cioè forse lo sapete meglio di me, questi storti che non capiscono niente… (inc.)… io ho questo, mi hanno dato questo… sono più grande, però ci metto due o tre come… (inc.)… di quando incominciasti…
RAMPINO: se uomo…
PANETTA: se è un nome normale…perché non è Nicarello che fa l’uomo…È L’UOMO CHE FA LA CARICA…
RAMPINO: NON LA CARICA…
PANETTA: è uno sfottere anche tra uomini…
RAMPINO: è la dote, perché carica è una cosa… (si accavallano le voci)… ”dote” è un’altra…
RAMPINO: dote, dote, dote e ha la “santa”… ha questo, ha quello…
RAMPINO: si però… però questo… (si accavallano le voci)… ci sono… ma ci sono questi… questi cose… ci sono anche… (inc. sembra dire in Svizzera)… l’hanno ritirata gli uomini… queste cose… le regole… (inc.)… ’Ntoni ARRIGO per esempio sempre aveva il codice…(inc.)… coso aveva un libro, un libro ,un codice proprio un codice c’è… ci sono queste cose… queste… queste doti… però se tutti abbiamo… se tutti siamo uguali non serve a niente, vero o no? …la dote, la dote… bisogna dire Rocco PANETTA merita questo, perché è Rocco PANETTA… per dire Rocco PANETTA…per dire…si merita questo… questo… allora è inutile che poi gliela diamo… adesso tu gliel’ hai dato a tutti i NOVELLI, adesso NOVELLI non ti caca più… non ci caca, a me non mi caca, perché gli ho dato poca confidenza già dal primo e voi tanto e non quanto, però compare… tu gli hai dato il NOVELLI non aveva niente, tu gli hai dato tutte la cose, certo…(interruzione)…
(…omissis…)
RAMPINO: compare ‘Ntoni era buono e caro… la buonanima di ‘Ntoni MACRI’ per questo fatto ha peccato pure lui sapete, però è lui sempre… ma…(inc.)… a una certa età uno bisogna… bisogna dire sta… vero o no…
PANETTA: vedete quel coso là, Vincenzo MOIO là… pare che si sono lasciati un’altra volta…
RAMPINO: chi, con chi…
PANETTA: eh… la “società”… (inc.)…
RAMPINO: (inc.)… sapete che non mi viene in mente chi è…(inc.)…
PANETTA: ha preso e ha sparato il Carabiniere (inteso MOIO Giuseppe, ndt), allora…
RAMPINO: ah…
PANETTA: il figlio…
RAMPINO: ah sì, sì…
PANETTA: era ritornato…
RAMPINO: nella “società”?
PANETTA: lo conoscete, lo conoscete…
RAMPINO: sì che lo conosco…
PANETTA: di Ventimiglia
RAMPINO: sì, sì nella “società”… me lo ricordo questo fatto…
PANETTA: e mò si è “distaccato”… che si è “distaccato” un‘altra volta, sapesse cosa…
(…omissis…)
Nella prima parte di questa conversazione RAMPINO sancisce l’esistenza della ‘ndrangheta in Liguria “impiantata” anche da lui stesso e l’applicabilità delle regole a tutti agli appartenenti di ‘ndrangheta, pur rivendicando un potere decisionale pari a quello della Calabria. Nella seconda parte della conversazione si fa riferimento al “distacco” di MOIO Vincenzo “di Ventimiglia” figlio di quello che “ha sparato al Carabiniere”, infatti risulta che MOIO Giuseppe il 14.3.1977 partecipava ad un conflitto a fuoco con militari dell’Arma di Villa San Giovanni in località case di Bosurgi di Reggio Calabria.
Vi sono poi i rapporti del RAMPINO con gli altri magnaccia e spacciatori, ovvero chi ha continuato l'attività di sfruttamento della prostituzione e spaccio di droga nel centro storico di Genova, come gli ZAPPONE (quello Zappone Salvatore, legato agli altri boss del centro storico genovese, come ad esempio l'esponente di Cosa Nostra Rosario CACI, che abbiamo più volte indicato pubblicamente per le attività illecite - “guadagnandoci” una sua querela – e che poi è stato oggetto di azione penale e sequestro dei beni).
In merito alle regole di ‘ndrangheta CONDIDORIO Arcangelo cita “il vecchio ZACCONE padre di Cecilio” ed in merito si ritiene che si identifichi in ZAPPONE Salvatore, padre di ZAPPONE Cecillo, quest’ultimo pluripregiudicato per reati inerenti il traffico di stupefacenti.
Il nominativo dello ZAPPONE Cecillo emergeva nell’ambito dell’indagine “MAGLIO” condotta da questa Sezione Anticrimine ed avente per oggetto un associazione delinquere di matrice ‘ndranghetista operante nella provincia di Genova. In particolare l’8.5.2005, durante un servizio di o.c.p., veniva notata la vettura Rover 75 targata BH397EM intestata allo ZAPPONE e parcheggiata davanti ad un ristorante di Genova ove si teneva un incontro tra il noto RAMPINO Antonio ed altri appartenenti al sodalizio criminale indagato. ZAPPONE Cecillo è stato controllato in compagnia di CONDIDORIO Arcangelo il 4.10.2004 al Valico di Brogeda (CO) e il 12.3.2004 in Genova Via Sampierdarena.
Secondo CONDIDORIO Arcangelo ZAPPONE Salvatore sarebbe stato chiamato in passato dalla piana (mandamento della Piana) perché conoscitore delle REGOLE, dopodiché ricorda un episodio in cui lo stesso ZAPPONE in età giovanile avrebbe dato prova del proprio coraggio.
Vi sono poi le cerimonie... C'è, ad esempio, il caso della cerimonia nuziale di RAMPINO Roberto, figlio di RAMPINO Benito Giuseppe, nipote di RAMPINO Antonio. Celebrate il 7 febbraio 1999. Anche questa è occasione di riunione per la 'ndrangheta, come annota il ROS... ed infatti durante il pranzo nuziale il ROMEO Antonio conversava con i fratelli RAMPINO ed in particolare con il GULLACE Elio, affiliato attivo nella provincia di Savona e soprattutto fratello del boss Carmelo GULLACE a capo, nel nord ovest della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE legata ai PIROMALLI e MAMMOLITI (vedi qui lo speciale sui GULLACE ed i collegati FAZZARI).
Molto significativa è anche la “fotografia” della questione inerente la storia di un assegno al RAMPINO Benito Giuseppe detto “Pino” che aveva un debito con BELCASTRO Domenico. Una vicenda che richiama in causa il peso (e gli uomini del vecchio capo locale Antonio RAMPINO) e si pone agli affiliati della 'ndrangheta nel capoluogo ligure. Alcuni dei passaggi sulla questione nell'Informativa del ROS:
BELCASTRO Domenico ritiene che vi sia stata una mancanza di rispetto personale, ossia RAMPINO Benito Giuseppe ha rifiutato di aiutarlo nonostante i 30.000 euro di debito preesistente mai saldato e il particolare rapporto che lega le famiglie RAMPINO-BELCASTRO.
In particolare BELCASTRO Domenico cita il fratello detenuto Girolamo che più volte è intervenuto in soccorso della famiglia RAMPINO e per il quale non siano stati mai mandati soldi durante la detenzione, neppure per comprare le sigarette. L’assistenza in carcere da parte degli altri affiliati è concepito come un dovere ed infatti è proprio BELCASTRO Domenico che sottolinea che non è mai venuto meno ai c.d. doveri contribuendo economicamente ai bisogno del sodalizio criminoso (“ma lo sapete che io vi ho detto sempre a voi se devo mettere cento euro sono stato fra i primi no? mentre oggi ve li metto pure oggi pero' ora a me mi pesano… IO SONO SEMPRE PRESENTE NEI DOVERI”).
Non manca il riferimento alla buonanima di compare ‘Ntoni che si ritiene assolutamente identificato nel fratello di Benito Giuseppe: RAMPINO Antonio già reggente del locale di Genova. Il richiamo non è di certo casuale, ma collegato al fatto che le vicende erano ben conosciute dal capo locale all’epoca dei fatti ed ora raccontate per la prima volta al successore GANGEMI Domenico.
(…)
GANGEMI Domenico ritiene che sia opportuno puntualizzare in merito alle ragioni che avevano spinto RAMPINO Benito Giuseppe a non recarsi più da BELCASTRO Domenico, ma unicamente dal reggente. GANGEMI spiega di essere venuto a conoscenza del fatto che i Carabinieri avrebbero installato delle telecamere da BELCASTRO Domenico e il fatto avrebbe spinto il RAMPINO ad evitare incontri dall’affiliato di Siderno colpito tra l’altro dall’arresto del fratello Girolamo già latitante. BELCASTRO risponde che tale insinuazione sarebbe priva di fondamento in quanto le telecamere le avrebbe fatte installare personalmente e aggiungendo che da 20 anni circolava voce che le telecamere in realtà fossero state installate presso l’ortofrutta dove stavano appunto parlando.
(…)
Il giorno seguente (12.4.2010) sull’utenza in uso a BELCASTRO Domenico sottoposta ad intercettazione (...), si censuravano alcune interessanti telefonate che riscontravano le emergenze sopra evidenziate. Già alle ore 09.19 il suddetto riceveva la telefonata di BATTISTA Raffaele al quale chiedeva di fornirgli il recapito telefonico di RAMPINO Benito Giuseppe. BATTISTA Raffaele rispondeva di non averlo a disposizione invitando l’interlocutore a rivolgersi a “Pino il meccanico” (identificabile in BOVA Giuseppe) del quale forniva l’utenza telefonica n. 0108169.. (...).
Immediatamente dopo (ore 09.20) BELCASTRO Domenico contattava BOVA Giuseppe al quale chiedeva il numero dell’utenza telefonica di “Pino RAMPINO” precisando che si trattava del fratello di “Compare Antonio”. BOVA Giuseppe dettava al conoscente il numero 3398042.... Alle ore 09.43 BELCASTRO Domenico telefonava a RAMPINO Benito Giuseppe il quale si riservava di raggiungerlo a Molassana dove sarebbe arrivato entro venti minuti. La conversazione veniva seguita da un’altra che vedeva BELCASTRO Domenico rivolgersi nuovamente a BATTISTA Raffaele al quale chiedeva la cortesia di raggiungerlo presso il suo ufficio (EDIL MARMI) dove si trovava in attesa di una terza persona, riferendosi evidentemente a RAMPINO Benito Giuseppe. Appariva evidente, da quest’ultima interessante conversazione, che l’intenzione di BELCASTRO Domenico era quella di discutere la problematica ed eventualmente risolvere il contenzioso con RAMPINO Benito Giuseppe alla presenza di un testimone che, nello specifico, era stato da lui individuato in BATTISTA Raffaele. Dall’attività tecnica si apprendeva che l’incontro tra i due si sarebbe realizzato allorquando alle ore 10.06 RAMPINO Giuseppe Benito annunciava a BELCASTRO Domenico il suo imminente arrivo.
La questione risulta piuttosto interessante se si tiene conto che RAMPINO Giuseppe Benito è fratello del defunto RAMPINO Antonio, che aveva retto le redini del “locale” di Genova sino alla sua scomparsa, avvenuta in Genova il 10.02.2008. Quest’ultimo emerge sin dai primi anni Cinquanta, quando il 29.5.1953 viene sottoposto a fermo per omicidio. Nel 1956 è arrestato su mandato di cattura emesso dal Giudice Istruttore di Genova, mentre il 14.11.1959 è arrestato per rissa e porto abusivo di arma da fuoco. Negli anni Sessanta è protagonista di diversi episodi criminali ed in particolare di un fatto di sangue estremamente utile per comprendere sia la personalità malavitosa dell’interessato che per meglio apprezzare il contesto delinquenziale investigato, all’interno del quale il RAMPINO Antonio ha sempre avuto un ruolo di spicco e di vertice. Nel contesto investigato “MAGLIO” RAMPINO Antonio emerge quale “capo del locale” genovese. Fin dai tempi della sua permanenza nel paese d’origine risulta in collegamento con appartenenti alla cosca “D’AGOSTINO” di Canolo (RC). Le indagini c.d. “Patriarca” (Procura della Repubblica di Reggio Calabria) e c.d. “Infinito” hanno fornito uno spaccato della ‘’ndrangheta nel nord Italia in cui risuona il nome del defunto RAMPINO ritenuto tra le cariche apicali dell’intera organizzazione.
La figura del RAMPINO Antonio emerge – sempre dalle indagini del ROS – per le competenze sul basso Piemonte e, ancora, alle assegnazioni di “doti” e summit. Se avevamo già visto molto di questo in riferimento al CARIDI Giuseppe (vedi qui), andiamo avanti ora con quanto scrive il ROS:
Le emergenze investigative fino ad ora esposte hanno prevalentemente riguardato dinamiche criminali circoscritte al territorio ligure che, come si è potuto riscontrare, sono strettamente legate all’organizzazione presente nella terra d’origine. E’ stato possibile rilevare come il locale di Genova abbia rivestito in passato e rivesta tuttora un’importanza essenziale nel contesto ‘ndranghetista del nord Italia ed abbia trovato in GANGEMI Domenico il suo massimo esponente e detentore dell’eredità lasciata dal defunto RAMPINO Antonio detto “U’ MASSARU”.
L’attività investigativa condotta da questa Sezione Anticrimine consentiva di rilevare che l’autorità esercitata dal capo locale di Genova, GANGEMI Domenico, su tutto il territorio ligure, si esprimeva anche oltre i confini regionali influenzando fortemente le realtà criminali di matrice ‘ndranghetista presenti nell’area basso piemontese, segnatamente nella provincia di Alessandria.
La manovra investigativa denominata MAGLIO, svolta da questa unità A/C in seno al procedimento penale n. 2951/2000/21 R.G di codesta A.G., aveva già fornito indicazioni sui rapporti esistenti tra esponenti dei locali liguri e due personaggi ritenuti organici all’organizzazione ‘ndranghetista attiva in basso Piemonte: MAIOLO Antonio e CARIDI Giuseppe.
E’ opportuno evidenziare la personalità criminale di MAIOLO Antonio qualificata da diversi precedenti di polizia tra i quali emerge un arresto, avvenuto il 14.9.1989 in Castellar Guidobono (AL), in quanto ritenuto responsabile dell’omicidio di FACCHINERI Giuseppe. Per tale accusa veniva arrestato ma successivamente scarcerato in seguito alla ritrattazione delle accuse formulate dal teste...
(…)
Riguardo CARIDI Giuseppe non figurano precedenti di polizia registrati presso la banca dati FF.PP. e tale circostanza ben si adatta all’immagine pubblica che lo stesso offre sia in qualità di commerciante di calzature che di politico locale. Il predetto risulta, infatti, consigliere del comune di Alessandria, presidente della IIa Commissione Politiche del Territorio ed è stato candidato, non eletto, alle ultime elezioni amministrative regionali del Piemonte nelle liste del partito di Alleanza Democratica (Pres. Giancarlo Travagin) del quale egli risulta segretario nazionale organizzativo.
Tale aspetto mal si concilia con il lato “oscuro” della sua personalità, ovvero quella di un soggetto inserito a pieno titolo in logiche criminali di matrice mafiosa come è emerso non solo nella presente inchiesta ma anche in pregresse attività info-investigative condotte da questa Sezione Anticrimine, specificatamente nell’indagine MAGLIO.
Le attività tecniche e dinamiche svolte nell’indagine suddetta evidenziavano il ruolo di affiliato alla ’Ndrangheta di MAIOLO Antonio ed i frequenti contatti telefonici tra CARIDI Giuseppe e l’allora reggente del locale di Genova RAMPINO Antonio.
La presenza di MAIOLO Antonio e CARIDI Giuseppe era stata anche rilevata nel corso di un summit di ‘Ndrangheta di straordinaria importanza avvenuto l’8 aprile 2001 allorquando a Diano Roncagli (IM), presso il ristorante “Gli amici del Conte”, si riunivano i più autorevoli capi mafia della Liguria e del basso Piemonte. La data dell’8 aprile 2001 assumeva un precipuo interesse investigativo in virtù del fatto che la stessa corrispondeva alla domenica precedente a quella di Pasqua. In quest’ottica diventava estremamente interessante riportare quanto a suo tempo asserito dal collaboratore di giustizia MARCENO’ Calogero nel corso di un interrogatorio avvenuto il 2 aprile 1993:
«La settimana prima di Pasqua, ed esattamente l'ultimo sabato prima del Venerdì Santo, si tiene la riunione del clan a livello regionale, alla quale partecipano due rappresentanti per ciascun "locale", e precisamente il "capo locale" e il "capo società", ovvero loro delegati. In questa riunione si procede al "banco nuovo" per le cariche a livello regionale…».
Alla riunione, svoltasi in più tempi e per i cui dettagli si rimanda alla lettura dell’annotazione di p.g. (...), partecipavano 36 persone, quasi tutte identificate e di seguito elencate, intervenute, come emerso nel corso dell’attività, per attribuire cariche e “battezzare” alcuni affiliati:
1. RAMPINO Antonio, da Genova, già nominato;
2. PRONESTI’ Salvatore, da Genova, già nominato;
3. PANETTA Rocco, da Genova, già nominato;
4. MAIOLO Antonio, nato a Oppido Mamertina (RC) il 2.1.1940, residente a Sale (AL), già nominato;
5. CARIDI Giuseppe, nato a Taurianova (RC) il 28.01.1957, residente ad Alessandria, già nominato;
6. MAIO Antonio, da Varazze (SV), nato a Villa di Chiavenna (SO) il 15.12.1948, residente a Varazze (SV);
7. TROPIANO Giuseppe, da Varazze (SV) nato a San Giorgio Morgeto (RC) il 7.3.1946, residente in Varazze (SV);
8. CILONA Domenico, da Savona, già nominato;
9. POLLIFRONE Pasquale, da Saliceto (CN), nato a Benestare (RC) il giorno 1.8.1953, residente a Saliceto (CN) via dei Fossi nr. 4;
10. ARSI’ Carmelo, da Cairo Montenotte (SV), già nominato;
11. COTRONA Antonio nato a Martone (RC) il 12.11.1937, residente a Imperia in Via Beralde nr. 20;
12. RAFFAELE Gerardo nato a Candidoni (RC) il 24.01.1932, residente a Cervo (IM) in Via Solitario delle Alpi nr. 28/5, padre del titolare del ristorante “Gli amici del Conte”;
13. GALLUCCIO Eugenio nato a Cittanova (RC) il 02.01.1932, residente a Taggia (IM) in Via Argine snc;
14. CALLIPARI Pietro Carmelo nato a Careri (RC) il 25.06.1952, residente ad Alessandria in Via Norberto Rosa nr. 13;
15. MOIO Vincenzo, nato a Taurianova (RC) il giorno 01.01.1959, residente a Camporosso (IM) in via Piave nr. 25,
16. MANDARANO Mario, nato ad Aieta (CS) i 10.03.1959, residente a Taggia (IM) , già nominato;
17. GANGALE Giuseppe, nato a Strongoli (KR) il 14.04.1939, residente a Sanremo (IM) in via Zeffirino Massa nr. 2/6;
18. CIANO Carmelo, nato a Delianuova (RC) il 22.11.1949, residente a Sanremo (IM) in via Padre Semeria nr. 129/7, da tempo inserito nel contesto della criminalità organizzata del luogo e collegato anche a RIPEPI Paolo e ZUCCO Domenico come rilevato nell’indagine “Marengo” (1997) di questa Sezione Anticrimine;
19. TRIMBOLI Giuseppe, nato a Careri (RC) il 20.09.1947, residente ad Alessandria, già nominato;
20. TRIMBOLI Domenico, nato a Careri (RC) il 16.10.1953, residente ad Alessandria, già nominato;
21. TRIMBOLI Francesco, nato a nato a Careri (RC) il giorno 11.01.1942, residente ad Alessandria, già nominato;
22. BARILARO Francesco, nato ad Anoia ((RC) il 15.01.1947, residente a Bordighera (IM) in via degli Inglesi nr. 103;
23. RIOTTO Nicola, nato a Seminara (RC) il 09.05.1957, residente a Camporosso (IM) in via Oberto D’Oria;
24. PEPE’ Benito, nato a Galatro (RC) il 05.08.1936, residente a Bordighera (IM) in via Defisiu nr. 1/16;
25. PAPALIA Raffaele, nato a Seminara (RC) il 16.04.1966, residente a Diano Castello (IM) in via Seuda nr. 7;
26. CARDONE Vincenzo, nato a Palmi (RC) il 05.09.1969, residente a Diano Marina (IM) in strada Vico Catella Muratorini snc;
27. CIRICOSTA Michele nato ad Anoia (RC) il 29.7.1936, residente in Bordighera (IM), già nominato e non inserito nella corrispondente relazione di servizio perché riconosciuto in un secondo momento.
Le indagini svolte in seno al presente procedimento penale consentivano di affrontare in modo più analitico la realtà ‘ndranghetista operante nella provincia di Alessandria e soprattutto di dimostrare il rapporto di funzionale e reciproca collaborazione con i locali Liguri ed in particolare con quello genovese.
Alla morte del RAMPINO Antonio il “tributo” degli affiliati è evidente al funerale, il 12.2.2008 presso la Chiesa S.Marghetita nel quartire di Marassi a Genova. Ecco i nomi (in coda anche qualche foto) dei partecipanti al saluto del capo-luntruni, dagli Atti dell'Antimafia:
1. BARILARO Fortunato
2. BATTISTA Raffaele
3. BELCASTRO Domenico
4. BRUZZANITI Rocco
5. CARIDI Giuseppe
6. CIRICOSTA Michele
7. CONDIDORIO Arcangelo
8. GANGEMI Domenico
9. GARCEA Onofrio
10. GUZZETTA Damiano
11. MAIOLO Antonio
12. MARCIANO’ Giuseppe
13. PEPE’ Benito
14. PERSICO Domenico
15. PRONESTI’ Bruno Francesco
16. ROMEO Antonio
17. ROMEO Sergio
18. VIOLI Domenico
19. BRANCATISANO Pietro
20. SCRIVA Biagio
21. ANASTASIO Francescantonio,
22. RODA’ Francesco,
23. CILONA Domenico,
24. MAMONE Luigi cl. 36,
25. BOVA Giuseppe
26. SORBARA Michele
27. SORBARA Giacomo
28. SIVIGLIA Annunziato
29. MULTARI Antonino
30. GORIZIA Cosimo
ed altri soggetti tra cui molti n.m.i.
Dal più volte citato rapporto "MAGLIO" relativo all'inchiesta del ROS del 2000 ecco un breve estratto:
(…)
E' fatto quindi accenno ad un episodio accaduto negli anni Sessanta, in particolare di un fatto di sangue estremamente utile per comprendere sia la personalità malavitosa di alcuni indagati che per meglio apprezzare il contesto delinquenziale investigativo, all'interno del quale il RAMPINO Antonio ha sempre avuto un ruolo di spicco e di vertice. Infatti nella notte del 23.4.1961 il pregiudicato DELLA GAGGIA Umberto nato a Napoli il 21.4.1930, residente in Genova, e la sua amante FOGLIA Giuseppina nata ad Avellino il 4.10.1925, erano aggrediti da sconosciuti con armi da fuoco e spranghe di ferro.
Le successive indagini della Squadra Mobile di Genova appuravano che il movente era da ravvisare nella risposta di un gruppo di pregiudicati calabresi ad una sfida del DELLA GAGGIA e portavano all'individuazione dei responsabili identificati in:
- RAMPINO Antonio;
- RAMPINO Benito Giuseppe;
- ANGELUZZO Giordano Bruno nato a Delianuova (RC) il giorno 1.11.1911, ora deceduto;
- MACRI' Angelo nato a Delianuova (RC) il 21.10.1922;
- CRISTI Michele nato a Palrmi (RC) il 4.6.1929;
- GULLI' Giuseppe nato a Laureana del Borrello (RC) il 26.09.1935.
Ma l'aspetto più interessante di tutta la vicenda è dato dalle dichiarazione rilasciate il 18.12.1961 dal GULLI', ovvero uno dei componenti del gruppo, che informava di una situazione per l'epoca e per l'area assolutamente nuova e che tuttavia riletta alla luce delle emergenze investigative della “MAGLIO” offrono uno spaccato decisamente qualificato:
“Hi soggiornato in questa città dalla fine dello scorso anno fino all'ottobre u.s. (...omissis...) A Genova, precisamente nel bar di piazza Lavagna ebbi occasione di conoscere RAMPINO Antonio ed i suoi fratelli Saverio, Franco e Benito. (...omissis...) Io ed i miei familiari alloggiammo presso l'abitazione del RAMPINO nella sua nuova casa in via Pino Sottano, in una camera che lo stesso ci fede trovare ammobiliata. In principio mi disse che dovevo seguirlo semplicemente in quanto lui aveva la possibilità di farsi consegnare dei soldi da parte di coloro che praticavano il giuoco d'azzardo e che pertanto non era necessario lavorare. Mi condusse ad osservare i posti dove avveniva il giuoco anzidetto e notai che il RAMPINO avvicinava i tenutari facendosi consegnare dei soldi (…omissis...) Accompagnai il RAMPINO complessivamente per due sere, dopo di che avendo capito che costui la raccolta la faceva con una certa arroganza... (...omissis...) Inizialmente ritenevo che si trattasse di una persona molto generosa, dedita al commercio e rispettata nell'ambiente, ma in seguito ebbi modo di constatare con i miei stessi occhi che proprio lui era il capo incontrastato e temuto di una vasta organizzazione di meridionali, esclusivamente calabresi, di stanza in questa città e località viciniore, dai trascorsi penali alquanto burrascosi. Compresi subito che il RAMPINO Antonio ed i suoi fratelli Saverio e Benito, traevano cospicui guadagni dal delitto e dall'esercizio di una continua ed incessante azione di violenza e di ricatto. Allo scopo di mettere la Giustizia in condizione di colpire i responsabili e stroncare così detta organizzazione, faccio presente che la stessa fa capo a RAMPINO Antonio ed è tenuta in vita da un gruppo di individui, i quali a seconda delle capacità ne regolano la funzionalità. (...omissis...) In ordine di importanza in seno all'organizzazione seguono: SANSALONE Domenico, CAMMAROTO Antonio e CAMMAROTO Vincenzo, BAGGETTA Giuseppe, MARASCIO Saverio, LONGO Francesco, ALBANESE Vincenzo, MIOTTA Carmelo, MULTARI Giovanni, GRAZIA Antonio, TROPEANO Antonio, COMO Antonio e qualche altro del quale mi sfugge in questo momento il nome. La Società so che è solita riunirsi una volta al mese, ma non posso fornire nessuna indicazione sul rituale, in quanto non potei mai partecipare. Il RAMPINO Antonio mi diceva che in avvenire, quando mi sarei reso degno degli uomini che costituivano la Società, avrei potuto partecipare anch'io alle discussione periodiche...”
Per tale fatto il RAMPINO Antonio in data 24.12.1964 veniva arrestato dai Carabinieri di Milano per detenzione e porto abusivo di una pistola cal. 6,35 con matricola punzonata, mentre era latitante per due ordini di cattura della Procura della Repubblica di Genova e di La Spezia, relativi rispettivamente a duplice tentato omicidio (vicenda DELLA GAGGIA), detenzione porto abusivo di arma da fuoco, concorso in estorsione ed altro, nonché furti pluriaggravati. Il 3.5.1966 era condannato alla pena di 23 anni e mesi 9 di reclusione per omicidio in concorso, estorsione, rapina ed altro, che ha scontato in parte nel penitenziario di Porto Azzurro (LI), prima di ottenere la Grazia.
Dalle risultanze dell'indagine del ROS, datata 2000, si apprende anche che il “RAMPINO Antonio percepiva anche la pensione per l'accompagnamento, oltre a quella della moglie, della figlia e del figlio, così come riferito a PRONESTI' dalla buonanima di Carletto che era l'accompagnatore.
SAVONA accenna ad una colletta fatta in occasione del funerale di Nicola (RAMPINO Saverio) che era l'unico dei fratelli senza soldi...”
Poi si arriva, sempre nell'Informativa “MAGLIO”, al savonese ed al FAZZARI Francesco “u craparu” oltre che agli STEFANELLI ed al GULLACE:
PRONESTI' Salvatore commenta che a VARAZZE, prima degli STEFANELLI, c'era la buonanima di Peppe CALABRIA (significando in questo modo che gli STEFANELLI sono referenti per la 'Ndrangheta in quel centro) e SAVOCA aggiunge che a SAVONA c'era SURACE, FAZZARI, e PRONESTI' precisa FAZZARI inteso “u craparu” di San Giorgio Morgeto (RC), ed infine SAVOCA riflette che i “capoccioni” di allora se li ricorda. Tale brano dimostra così che entrambi, se ancora ve ne fosse bisogno, sono perfettamente a conoscenza degli equilibri mafiosi esistenti da lungo tempo nella regione. Infatti alcuni dei predetti personaggi sono stati identificati in:
- CALABRIA Giuseppe nato ad Oppido Mamertina (RC) il 22.3.195, deceduto a Varazze (SV) il 22.3.1995, imparentato con gli STEFANELLI;
- SURACE Giovanni nato a Seminara (RC) il 19.2.1940, residente in Diano Castello (IM), ritenuto elemento insospettabile in attività di riciclaggio;
- FAZZARI Francesco nato a Mammola (RC) il giorno 1.10.1926, già residente in Albenga (SV), la cui figlia FAZZARI Giulia nata a Genova il 23.7.1959, è coniugata con GULLACE Carmelo nato a Cittanova (RC) il 6.1.1951, già residente in Albenga (SV) e poi in Toirano (SV). E' stato, unitamente al figlio Filippo, già oggetto di proposta per l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Si rappresenta, altresì, che nell'ambito di una indagine relativa allo smaltimento ed all'occultamento di rifiuti tossico-nocivi, rinvenuti in una cava illecitamente gestita da FAZZARI, pregiudicato, nel 1993 sono stati tratti in arresto il Sindaco di Tovo S. Giacomo e l'ex Sindaco di Borghetto S.Spirito, mentre sono emersi indizi di colpevolezza nei confronti di funzionari della USL e nei riguardi di un assessore regionale, accusato di avere favorito l'imprenditore CASANOVA Federico, collegato alla famiglia FAZZARI e titolare di numerose imprese per lo smaltimento dei rifiuti.
E veniamo, in ultimo, quindi al rapporto dei RAMPINO con i FAZZARI-GULLACE...
Il figlio di Francesco FAZZARI, Filippo FAZZARI (vedi qui), si sposò con la FURFARO in Agnana Calabra ed il pranzo fu fatto preso il ristorante GOURMET di Siderno, in località Mirto. Al matrimonio erano presenti due dei fratelli RAMPINO, di cui uno certamente il Franco.
Il Franco RAMPINO, unitamente al MULTARI Francesco (già citato all'inizio) ed al MARTELLI Mimmo (anche questi già citato all'inizio), partecipava certamente ad incontri nella vecchia villa di Francesco FAZZARI a Borghetto Santo Spirito. Così, in quella casa di mafiosi, si incontravano con la Giulia FAZZARI ed il Carmelo GULLACE, Rita FAZZARAI e Roberto ORLANDO, oltre anche ai MAMONE, in particolare il vecchio Luigi ed il figlio Vincenzo.
I RAMPINO andavano spesso nella cava PATTARELLO, a Borghetto S.Spirito, meglio nota come "CAVA DEI VELENI"... Quello con i FAZZARI era infatti un rapporto consolidato con radici nel passato, quando ancora il Francesco FAZZARI viveva a Genova, in via Vasco Da Gama. In un occasione, dopo l'arresto di una settimana circa del Francesco FAZZARI per un fallimento di un'impresa, arrivò il Franco RAMPINO che portò una montagna di soldi in contanti, in banconote da 10 mila lire. Al Francesco FAZZARI disse: "Cavaliere teneteveli"... Il RAMPINO chiamava così ("Cavaliere") il luntrune Francesco, mentre i GULLACE preferifano chiamarlo "Don Ciccio" o "Compare Ciccio".
Il Francesco FAZZARI comprò la tenuta di ACARTA in Calabria (dove si nascondevano i latitanti della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE e dove avevano individuato una "base" da cui partire e dove tornare dopo attentati e omicidi... è lì, ad esempio, che il Mommo RASO ed il Ciccio GULLACE avevano gli incubi la notte perché i bambini ammazzati non gli davano tregua). Chi accompagnava in molteplici viaggi il Francesco FAZZARI ad ACARTA? Il Franco RAMPINO. Ed è lì che il Francesco FAZZARI presentò al RAMPINO il GULLACE Carmelo... ed è lì che il Francesco FAZZARI si vantava, in uno dei tanti viaggi con il RAMPINO, di aver ammazzato uno che sapevano essere "uomo dei D'AGOSTINO". Questi passava nella tenuta di ACARTA, Francesco FAZZARI lo notò e per evitare che questi sparasse a loro (sotto il cappotto nascondeva un mitra) sarebbe quindi stato ammazzato dai due, bruciato ed i resti sarebbero stati occultati sotterrandoli lì nel podere.
Non dimentichiamo che il Francesco FAZZARI voleva vedere morti ammazzati come vendetta il capo della cosca D'AGOSTINO, il Nicola ed il figlio di questi, Totò. La ragione è che lo riteneva responsabile dell'attentato ad una pala cingolata (FL14) che aveva portato nella tenuta di ACARTA. Quando il figlio di Nicola D'AGOSTINO, Totò, venne ammazzatto a Roma, all'EUR, dai GULLACE-RASO-ALBANESE legati e imparentati al FAZZARI, il Francesco FAZZARI disse che "la pala l'hanno pagata".
Ora la storia dei RAMPINO e dei loro cumpari, affari e crimini è forse più chiara a tutti... e che generi dispezzo è non solo naturale ma anche auspicabile!
GALLERIA FOTOGRAFICA DAGLI ATTI DELL'INDAGINE MAGLIO
Al Funerale del RAMPINO Antonio
L'OFFICINA DEL BENITO PEPE'
con il "forno" che ospitava le riunioni