A Isola Capo Rizzuto crolla l'ipocrisia. Libera che farà?

A Isola Capo Rizzuto crolla l'ipocrisia. Libera che farà?

Martedì 03 Dicembre 2013 12:45 Ufficio di Presidenza
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Don Luigi Pio Ciotti con la GIRASOLE nel capo di LIBERALa 'ndrangheta, come ogni altra organizzazione mafiosa, sia Cosa Nostra o Camorre, ha capito da tempo che deve saper “fare antimafia”. Ciò soprattutto attraverso i politici, gli amministratori pubblici. A volte anche con associazioni, comitati e gruppi che si professano antimafia su un particolare territorio. Usare “l'antimafia” per costruirsi patentini di credibilità. Usare “l'antimafia” per salvaguardare i propri sporchi interessi.

Questo è un elemento che se si vuole fare antimafia sul serio, nel concreto, dal punto di vista sociale, culturale, nella cosiddetta “società civile”, non si può ignorare. Se lo si ignora si rischia di generare mostri. Di farsi, più o meno consapevolmente, strumento delle organizzazioni mafiose per perseguire i propri affari.

Più volte noi abbiamo denunciato il rischio di “accreditare” con patentini antimafia soggetti, a partire da politici ed amministratori pubblici, che di antimafia non avevano proprio nulla, ed anzi vedevano la presenza di pesanti ombre se non ben altro di peggio. Questo mettere in guardia, questo indicare alcuni casi verificatisi, è stato inutile. La risposta, ad esempio, di LIBERA è stata quella di querelarci...

Noi non teniamo rancore. Dopo , quella stessa GIRASOLE eretta da LIBERA a “simbolo dell'antimafia” in Calabria (, , , , o, per fare ancora solo due esempio,  e ), se LIBERA vuole fare quel bagno di umiltà che suggerivamo recentemente e sedersi ad un tavolo con gli “altri” dell'antimafia, per cambiare radicalmente ed eliminando certe storture, noi siamo disponibili, come pensiamo lo siano anche altri.

Garantire alle strutture che fanno “antimafia” gli anticorpi necessari ad evitare contiguità con i contigui, e collaborazioni con soggetti tutt'altro che limpidi ed in certi casi complici veri e propri delle mafie, è un dovere, crediamo, a cui non ci si può sottrarre. Così come crediamo sia da considerare un dovere il rifiutare finanziamenti da chi non è trasparente o coerente, come anche eviatare di '"abbracciare" strutture o singoli che è opportuno tenere (e, nel caso, mettere) ben alla larga.

LIBERA ha querelato noi ed altri che hanno osato indicare il problema. Con il blocco politico-economico con cui ha scelto di operare, facendosi “di parte”, ha cercato di annientare, isolare e delegittimare chi osava non allinearsi indicando certe incongruenze, come, ad esempio, l'accettare finanziamenti da chi limpido non era. Crediamo che quanto accaduto ora imponga davvero un cambio di passo.

Noi, per gli attacchi e gli insulti subiti (tutti documentati) non abbiamo mai fatto querela a Libera ed ai suoi esponenti. Non dobbiamo quindi da sotterrare alcuna “ascia di guerra”. Se loro vogliono ritirare la querela contro di noi, perché si era osato metterli in guardia indicando certe storture, noi accetteremo la remissione e saremo a quel punto pronti ad un dialogo e confronto costruttivo che è quello che, da sempre, abbiamo auspicato, nel solo interesse, lo ripetiamo, dell'eliminare le storture utili alla mafia e non certo all'antimafia.

Ma attenzione: un dialogo e confronto serio aperto a tutti, non solo a noi, ma anche agli altri che in questi anni sono stati messi al bando da LIBERA, che ha preferito tenere rapporti con certi amministratori pubblici e politici, nonché anche con certi meccanismi assai discutibili.

La pari dignità deve essere la base perché anche da questo approccio passa l'assunzione di corresponsabilità che impone a tutti, senza esclusione alcuna, di fare la propria parte per evitare lo "stupro" dell'antimafia.

Ognuno di noi ha propri metodi di lavoro e di azione, in alcuni casi molto diversi, anche radicalmente diversi. Ognuno di noi ha convinzioni diverse, ad esempio, anche sulla gestione dei beni confiscati, che noi vediamo viziata di troppe storture dettate dalla sete di business e viziate da un pericolo clientelismo.

Noi non vogliamo imporre il nostro punto di vista, il nostro essere, ad altri. Ma confrontarsi, in un Paese civile, nelle differenze, anche con toni accesi, dovrebbe essere la prassi. Rispettarsi dovrebbe essere la norma. Noi abbiamo subito una “guerra” per ciò che abbiamo indicato su LIBERA, così come sulla gestione di beni confiscati e sui rapporti con politici ed amministrazioni pubbliche. Come noi altri l'hanno subita questa “guerra”. Si voleva dipingere LIBERA come un santuario imbiancato che non sbaglia mai. Non lo è. Tutti sbagliano. Tutti sbagliamo.

Si è assistito ad una volontà di isolare, delegittimare ed annientare chiunque fosse “altro” da LIBERA. Si è posto sul banco degli imputati chi indicava i problemi, anziché affrontare e risolvere i problemi indicati.

La questione è accettare che esistano “altri”. Altri soggetti. Altri metodi. Altre convinzioni. Altre sensibilità. Ascoltandole si possono correggere errori, sbandamenti e superficialità. Si possono quindi evitare conseguenze devastanti che rischiano di spezzare la speranza di tanti ragazzi che credono e vogliono un'antimafia vera e concreta. 

Speriamo che con l'ipocrisia caduta a Isola Capo Rizzuto si volti pagina. Questa svolta è necessaria anche per quei ragazzi e quelle ragazze che si sono visti presentare la GIRASOLE - così come, in altri territori, altri soggetti imprensantabili - quale simbolo dell'Antimafia.
C'è chi come noi, svolgendo l'attività di contrasto alle mafie, sente, da sempre, come primo dovere quello di evitare di essere "usati", altri hanno chiuso gli occhi e si sono fatti usare, hanno permesso l'abuso della fiducia di tanti. E' ora che chi ha chiuso gli occhi li apra!