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Quella realtà di Diano Marina
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Il Centro Storico di Genova, come d'altronde le periferie della città, continua ad essere lasciato al suo destino ed al contempo usato - ma sarebbe meglio dire: abusato - per ottime campagne mediatiche e per la spartizione di un bel po di fondi pubblici, cioè soldi dei cittadini, che così si vedono beffati - ma sarebbe meglio dire: truffati - due volte...
Agli occhi dei cittadini ormai risulta chiarissimo che non si vogliano risolvere i problemi. A partire da quello sociale. Se lo si risolvesse non sarebbero più giustificabili i fondi che sistematicamente vengono elargiti dalle pubbliche amministrazioni per far fronte all'emergenza sociale (sempre con tante belle dichiarazioni del "noi investiamo per il sociale"... "noi abbiamo a cuore i problemi"... "noi facciamo scelte per il popolo"). Se lo si risolvesse, inoltre, quella miriade di strutture "assistite" con le elargizioni di denaro pubblico non avrebbero più ragione di esistere e, quindi, di essere sovvenzionate. Comprendiamo che essendo, fondamentalmente, della stessa "famiglia" chi da e chi prende le sovvenzioni per gli "interventi sociali"... risolvere il problema significherebbe gettare sul lastrico la "famiglia" stessa, con i politici-amministratori che non possono più puntare sul cavallo di battaglia (la questione sociale del loro cuore, sic!) e gli amici ed amici degli amici che operano con i soldi pubblici dovrebbero dedicarsi ad altro. Se il "giochetto" si rompe sarebbero guai per tutti loro... quindi non si risolve il problema sociale, così che tutti loro possano avere un futuro garantito.
Attenzione, questo non vuole dire che non ci siano le competenze, soprattutto nella rete sociale, per risolvere il problema, tutt'altro... le competenze e le risorse ci sono tutte, ma lo spirito di autoconservazione dei "professionisti" della politica e del sociale, è la prima causa del perpetuarsi del disagio sociale, dall'emarginazione alla devianza. L'assistenza e non quindi l'inclusione sociale è il fallimento delle politiche sociali, in quanto è finalizzata a creare meccanismi non di soluzione ma di perpetuazione di intervento. Il problema è: si prende coscienza di questo o no? Coloro che dovrebbero essere i beneficiari degli interventi sociali, vogliono o no "liberarsi" anziché venire da un lato emarginati e dall'altro usati - cioè sfruttati - dall'assistenzialismo? Questo può essere ancora tollerato? Noi crediamo di no.
Vediamo un esempio concreto. La questione prostituzione e tratta. Il sindaco Marta Vincenzi-Marchese e l'assessore alla Sicurezza Francesco Scidone, hanno promosso una campagna mediatica straordinaria sulla questione del bassi. Hanno tra i primi in Italia usufruito di quanto stabilito nel famoso "pacchetto siciurezza" varato dal Governo. Hanno promosso un'Ordinanza che proibisce l'uso dei bassi per la prostituzione. Quindi: un provvedimento che ottiene soluzioni effettive, concrete, nella direzione esattamente opposta a quella del contrasto alla tratta, e quindi allo sfruttamento... che non risolve alcun altro aspetto della questione "prostituzione", anzi lo aggrava!
Nel centro storico di Genova, come altrove, la prostituzione si divide fondamentalmente in due: quella forzata (sfruttata) e quella scelta (o subita per necesita, ma senza sfruttamento).
Chi sfrutta la prostituzione ha a disposizione ingenti disponibilità di denaro, denaro sporco, da riciclare e non ha problemi (come hanno già fatto!) ad acquisire immobili, appartamenti, dove costringere alla prostituzione le vittime della tratta, e quindi può quindi eludere tranquillamente l'Ordinanza sui bassi... e la prostituzione si sposta ai piani alti.
Chi per scelta o per necessità si prostituisce, senza protettore, per poter continuare finirà nelle mani dei boss che hanno già una consolidata disponibilità immobiliare nel centro storico (e non solo!) e che saranno ben fellici di allargare la cerchia della loro "merce".
In più, fatto che dimostra l'assoluta (e si potrebbe dire 'pervicace') assenza di volontà di soluzione della piaga dello sfruttamento della prostituzione è che se la prostituzione si sposta negli appartamenti, diviene praticamente impossibile quell'azione (assai efficace!) di presa di "contatto" tra quelle realtà sociali effettivamente e concretamente impegnate nell'azione di accompagnamento alla "fuoriuscita" dalla rete di sfruttamento. Negli appartamente i volontari, gli educatori, gli operatori di starda come possono attivare il "contatto"? Ma questo non ce lo si è domandati nel momento in cui si è fatta l'Ordinanza, perchè quello che conta, per i politici-amministratori non è risolvere i problemi (anche quelli drammatici delle vittime della tratta), bensì solo quello di ottenere visibilità attraverso titoli da prima pagina sui quotidiani e servizi tv di sicuro impatto. Il problema lo si sposta, dove è meno visibile, dove lo sfruttamento può essere perpetuato e accentuato, dove le possibilità di "liberazione" sono ridotte ai minimi termini e, dove l'occhio della cosiddetta "morale" non vede... dando la sensazione, la percezione (parola che la politica, non a caso, adora), che il problema sia stato risolto come da titolo di giornale e servizio trasmesso dal tubo catodico. Quindi, alla fine di tutto, lo sfruttamento, anche di minori, sia maschile che femminile, può continuare senza problemi lontano da occhi indiscreti, come possono anche essere quelli di "sentinelle" della legalità, ovvero di cittadini, ad esempio, che vedono il mafioso passare a ritirare l'incasso e decidono di segnalarlo alle autorità preposte che invece che ringraziare le "sentinelle" le aggrediscono, ovvero anche lontano dal controllo del territorio che le forze dell'ordine, come i reparti investigativi, possono attuare.
In parallelo a tutto questo, come dicevamo, chi ha "liberamente" scelto di prostituirsi è costretto ad avvalersi del supporto logistico delle organizzazioni mafiose che gestiscono la tratta e possono "ospitarle" nei loro spazi, coprendole con la loro ala "prottettrice".
Da vittime di un esclusione socio-economica devastante divengono così anche vittime di quello sfruttamento mafioso... da cui non è, lo sappiamo, facile sottrarsi. Anche qui: perchè non si adottano interventi diversi? Perchè non si promuove un inserimento sociale di quanti e quante ad esempio scelgono questa strada per necessità di sopravvivenza? Perchè non si riconoscono, come in altri Paesi i diritti - e quindi le tutele! - a chi invece sceglie questa come professione? Cerchiamo di uscire dall'ipocrisia di un moralismo che rischia solo - come sta facendo - di creare danni devastanti e nuova esclusione sociale!
Vediamo un altro esempio dell'aspetto sociale che viene affrontato troppo spesso a slogan e per puri fini di bottega dalla politica e dalle amministrazioni senza il minimo intento di concretezza. La questione dei migranti, cioè di una grande parte della popolazione del centro storico genovese.
L'eslcusione sociale da un lato non fa altro che alimentare, giorno dopo giorno, tensioni e quindi conflitti, e dall'altro va ad alimentare le fila della manovalanza per le mafie italiane che, così, possono liberamente gestire i loro traffici ed affari con la sicurezza che tanto a venir beccati sono quegli 'ultimi' che il "sistema" ha spinto inesorabilmente tra le braccia dei boss, prima con la gestione dell'immigrazione clandestina e poi con lo sfruttamento per i lavori sporchi, rischiosi, quelli sulla strada ed il caporalato.
Negare che questo sia un aspetto della realtà dei migranti non aiuta all'integrazione e condanna ad essere servi delle mafie chi cerca solo un affrancamento dalla povertà.
Affermare che i migranti siano, in quanto tali, criminali, è una gravissima generalizzazione che non fa altro che alimentare ignoranza, esclusione, conflitto e, quindi, lo spingere questi, di nuovo, tra le braccia dell'unica fonte di "protezione"... cioè le mafie. (A Ventimiglia, i venditori ambulanti stranieri sono spariti dal giorno alla notte; sembra che il problema della loro presenza sia stato risolto con l'intervento di alcuni "figuri" saliti dalla Calabria che hanno provveduto nel ricordare chi comanda "effettivamente" sul territorio. E' questo il modello a cui ci si vuol rifare? Pare proprio di si, ma forse lo si capirà meglio dopo, al termine di questa analisi della situazione).
In questo quadro la mancanza del riconoscimento, ad esempio, del diritto pieno alla libertà di culto significa alimentare quanti tra i migranti vogliano promuovere conflitti, radicalizzazioni, rafforzamenti delle sottoculture del clan! Anche qui si parla e straparla spesso della necessità del rispetto delle regole, che poi si è i primi a calpestare, per opportunismo ed egoismo, cioè per quelle stesse ragioni per cui gli immigrati vengono bene per i lavori "sporchi", per essere "servi", della nostra civiltà. Ci dimentichiamo che nel settore edile, ad esempio, come anche in altri tra cui l'assistenza, vi è un uso diffuso di lavoro nero che constringe essere umani a condizioni di lavoro e vita profondamente lesive sia dei diritti dei lavoratori sia della dignità umana. Qualcuno potrebbe dire ed il Sindacato? Quale? Quello che si ricorda delle vittime sul lavoro, dei lavoratori in nero sfruttati e massacrati, solo dopo i fatti drammatici come incidenti o morti, ma normalmente, volta il capo dall'altra parte, pur riempendosi la bocca di parole come "no al razzismo" ed "accoglienza", durante il resto dei giorni?
Concretamente anche qui, quindi, politiche di integrazione efficaci non se ne vedono, nonostante fondi elargiti e progetti si susseguano da decenni. Fondamentalmente per la stessa ragione del primo aspetto affrontato: si vuole dare assistenza, rendere comunque "dipendenti" e non invece "liberare" i migranti, nel perpetuarsi di quella cultura dell'oppressione che unifica ormai, nei fatti, la cosiddetta destra e la cosiddetta sinistra, che non a caso sostiene come ragione dell'"accoglienza" non l'uguaglianza bensì l'"utilità" degli immigrati per la nostra economia.
Andiamo avanti? Vogliamo parlare di altri aspetti, di quelli tanto enunciati dai politici ed amministratori, come la questione vivibilità e sicurezza? Vediamo, brevemente.
La questione vivibilità del centro storico genovese è spesso alimentata dalla discussione sulla cosiddetta movida. Cioè, in realtà, sulla questione della possibilità negata di dormire la notte per gli abitanti e della possibilità di avere spazi di aggregazione aperti. Ora partendo dal presupposto che c'è una questione di fondo che sarebbe bello affrontare e cioè: gli spazi di aggregazione sono solo attività commerciali (tipo pub, bar, locali vari), spesso mascherate da "circoli"? Una visione un po' consumistica dello spazio di aggregazione, secondo il nostro parere. Infatti per noi spazio di aggregazione è dove vi è interazione, dove vi è spazio per la creatività, l'incontro culturale oltre che "il bere" qualcosa. E' l'opposto del consumismo. Uno spazio di aggregazione non può avere costi proibitivi per grande parte dei giovani, dagli studenti ai precari... Uno spazio di aggregazione dovrebbe educare a non abusare di alcolici e superalcolici, e non invece promuoverne, come avvine, l'abuso con offerte e superofferte! Ma questo per chi amministra non conta, sono bazzecole, visto che non si vuole affrontare il problema.
Anche qui l'ipocrisia regna sovrana e la capacità, come la volontà, di affrontare seriamente il problema non appare concretamente all'ordine del giorno delle scelte della Pubblica Amministrazione. Infatti si cerca di barcamenarsi con un colpo al cerchio ed uno alla botte che non risolve un bel niente di niente, mascherandosi dietro ad affermazioni tipo: "ma se si chiudono i locali, torna la droga", come se la droga non ci fosse ugualmente, oppure "ma non si possono lasciare i giovani senza spazi di aggregazione", come se, ripetiamo, le Istituzioni possano mascherare l'assoluta mancanca di spazi pubblici, accessibili, con il rilascio di licenze commerciali o surrogati per pseudo-circoli mascherati. Tutto questo mentre i soggetti preposti al controllo da parte della Pubblica Amministrazione hanno la parvenza di carrozzoni di acquiescenza, nella migliore delle ipotesi, se non di corruttela, nella peggiore, che permettono a chi unge di avere la chiamata preventiva annunciante i controlli, ad esempio. Siamop davanti ad Autorità che di fronte a prove inconfutabili di violazioni, reiterate e gravi, affermano "il non luogo a procedere", tanto da permettere a chi viola le leggi ed è amico dei politici-amministratori, di ricordare ciò in pubblica adunanza a prova della propria impunità ed al contempo minacciare, indicandolo apertamente, chi ha osato indicare gli illeciti commessi, sotto lo sguardo indifferente (e quindi complice) dei pubblici amministratori.
E non si parli poi dell'ipocrisia sulla "Genova, città turistica". Questa vocazione è innata in Genova, ma non se ne vede conceta traccia, se non per un turismo mordi e fuggi concentrato tra Porto Antico - Piazza De Ferrari - Via Garibaldi. Se Genova fosse una città turistica il lungomare di Corso Italia sarebbe vivo, ad esempio, e non terra deserta. Così sarebbe la passeggiata di Nervi... Sarebbero i parchi che invece sono lasciati in condizioni pietose ed alla sola cura dei volontari. Sarebbe il recupero del Parco dei Forti e dei forti stessi. Sarebbe che, magari, ci sarebbe un Ostello accessibile e adeguato. Se lo fosse non sarebbe "pulita" e promossa solo nella suo salotto buono, tutto concentrato in una porzioncina del centro. Se lo fosse non sarebbe impossibile, come è, promuovere eventi e spettacoli al di fuori dei grandi eventi pubblici, ed i settori che si occupano di eventi potrebbero finalmente lavorare. Il turismo che oggi giunge a Genova è prevalentemente puro turismo di età avanzata, da comitive che girano per musei ed alla sera tutti svaniscono in albergo. E' un tursmo che non coinvolge i giovani, perchè quella che viene offerta è una città che al tramonto è morta. Una città della noia, dove, pur nonostante la presenza, da sempre, di un grande fermento creativo, soprattutto tra le giovani generazioni, non vi sono spazi per esprimerla. Quindi non ci si renda ridicoli sostenendo che la "movida" è il volto della "città turistica", ci vuole ben altro e soprattutto un'altra cultura di cui oggi non vi è traccia, tanto meno nelle menti degli Amministratori pubblici tutte concentrate esclusicamente a consolidare la propria corte clientelare.
Nel frattempo nel centro storico genovese, dopo Ordinanze e annunci eclatanti, cosa è cambiato? Nulla! E dalla città vecchia continua la fuga di residenti, continua ad alimentarsi tensione e conflitti! Tutto secondo il copione di quanti vogliono il perpetuarsi di una situazione in cui gli immobili vengono venduti sottocosto da chi scappa, così chi si possa speculare senza ostacolo, mentre il tessuto della comunità viene smembrato passo dopo passo!
La questione sicurezza del centro storico genovese non è alla fine molto complessa, in termini di analisi della realtà.
Ne abbiamo già parlato a lungo ed il problema fondamentale è che il centro storico di Genova, (come è avvenuto per le altre periferie urbane) è stato diviso in due settori. Da una parte quello che deve essere e restare "pulito" e dall'altra quello che è territorio lasciato agli affari delle mafie. Un "equilibrio", intoccabile, che dovrebbe garantire che ognuno possa agire senza conflitti palesi e senza che scorra sangue... (per i regolamenti di conti vi è naturalmente il nulla osta, tanto la mentalità collettiva questo lo ha sempre accettato con la logica del "finchè si ammazzano tra loro"). La situazione prediletta dalle mafie che se possono fare quello che vogliono non hanno bisogno di rendersi visibili, tutt'altro, possono liberamente coordinarsi perchè ce n'è per tutti, senza troppi rischi (che poi si scaricano sugli 'ultimi' a partire dalla manovalanza straniera). Si vuole negare questa constatazione? Difficile, si dovrebbero negare i fatti, la realtà tangibile!
Restando ai fatti del centro storico, non possiamo non vedere - e come noi chiunque voglia guardare ai fatti reali - che vi sono due zone. Quella del cosiddetto "quadrilatero" dove tutto deve filare liscio, dove tutto deve essere in ordine e pulito, dove sono stati investiti milioni su milioni (di euro) per costruire quella cosiddetta "immagine" di città turistica da prima pagina delle riviste patinate. E dall'altra parte tutto il resto del territorio, ad est come a ovest, la zona di San Bernardo da un lato e quelle della Maddalena e di Prè dall'altro. La "salubrità" del "quadrilatero" è garantita dal lasciare "liberi tutti" nell'altra zona. (Persino via Barbi, la zona universitaria, di giorno è viva, la sera terra di nessuno, come ogni carruggio che scende a mare). Peccato che nel "liberi tutti" chi vince è la violenza e prepotenza mafiosa, che si sostituisce di fatto (secondo i 'patti' indicibili) alle Istituzioni. Le regole civili, la legalità è garantita al "quadrilatero" quanto l'illegalità è libera di perpetuarsi al di fuori di questo. Un equazione perfetta e perversa, alla faccia dello Stato di Diritto e della tanto richiamata vivibilità!
La realtà devastata del centro storico genovese non fa altro che auto-alimentarsi. Infatti ogni tentativo di attivazione di maggiori controlli del territorio non fanno altro che spostare il problema nel vicolo più vicino, quando non addirittura, come è successo alla Maddalena, dopo l'Ordinanza sui bassi, non lasciano libero spazio a "prove di forza" da parte della criminalità organizzata che permettono - quando non promuovono direttamente - episodi di cosiddetta micro-criminalità, come ad esempio gli scippi, finalizzati al lanciare ineqivocabilmente il messaggio: se ci lasciate fare quello che vogliamo nessuno vi tocca, se limitate la nostra libertà d'azione allora potete essere vittime di scippi o altro. I segnali che le mafie lanciano sono sempre chiari: se noi controlliamo il territorio e l'omertà protegge i nostri affari e traffici potete vivere tranquilli, altrimenti la pax svanisce!
Ecco che così si hanno intere zone destinate alla prostituzione, altre allo spaccio, altre al gioco d'azzardo, altre all'organizzazione della tratta e dei traffici illeciti. Zone e personaggi ben conosciuti, a cui viene lasciato campo libero nel nome di quel 'indicibile' patto, di quell'equilibrio, che è lo stesso che poi permette di fare il pieno di voti, in quelle stesse zone ai personaggi politici, dell'una e dell'altra parte, che nei momenti di decisione non fanno altro che lasciare che le cose restino così come sono! I proclami, le belle parole sono da prima pagina, mica devono tradursi in provvedimenti effettivi ed efficaci, altrimenti, torniamo al punto di partenza: i problemi si risolverebbero e non ci sarebbe più spazio per la logica del ricatto, del clientelismo, "del favore" anziché "del diritto"... non vi sarebbe più spazio per la cultura mafiosa che non è più solo quella delle cosche, non è solo più quella dei boss ben conosciuti e protetti, ma è ormai propria del "sistema" di Potere che gestisce la cosa pubblica.
Se il problema si risolvesse non ci sarebbe più bisogno di elargire fondi per sostenere le "rinascite" (sic!) di questa o quella parte della città vecchia, come alla Maddalena o Prè. Se il controllo del territorio fosse quello dello Stato, cioè delle Istituzioni, non ci sarebbero vicoli dove "non è opportuno passare", non ci sarebbe la necessità di chiudere angoli e crocevia con "cancelli",.... vi sarebbe vivibilità e quindi sicurezza. Ma questa soluzione significa rompere quel patto "indicibile", spezzare quell'equilibrio, e quindi vorrebbe dire arrivare allo scontro con quelle mafie che via via si sono infiltrate nell'economia legale, inquinandola e condizionandola,... significherebbe rompere la garanzia di pacchetti di voti che con il voto di scambio sono garantiti ai personaggi dell'oligarchia politico-amministrativa che da decenni fanno in questa zona il pieno ad ogni elezione,... significa fare pulizia tra i funzionari delle Autorità e degli Enti pubblici che si sono mostrati inclini al compromesso ed omettono di compiere il loro dovere, o, nella migliore delle ipotesi si piegano davanti alla minaccia e intimidazione.
Ed allora anche qui... l'ipocrisia dei Presidenti di Municipio che, ad esempio, applaudono alle iniziative e rivendicazioni dei cittadini ma poi si mostrano reverenti e chini agli altri oligarchi del Potere locale... perchè una cosa è la propaganda... un'altra è il fare... ed il fare fa correre qualche rischio. Ancora, di nuovo, l'ipocrisia di un Comune che sapendo tutto questo non fa nulla, se non quando viene "spintonato" - e quindi costretto - per alcuni piccoli "contentini", ma che poi non sceglie di attuare le scelte radicali necessarie. Ancora, nuovamente, l'ipocrisia dei "professionisti" del sociale che non possono non conoscere questa realtà ma che fanno finta di nulla, perchè, in fondo, questa situazione garantisce il "bisogno" di loro per perpetuare progetti inutili volti, come visto, al perpetuarsi di una situazione devastatante.
L'esempio del "Patto della Maddalena" è emblematico. Un progetto con finanziamenti da paura che era conosciuto dalla sole segrete stanze che l'hanno partorito (nemmeno l'assessore alla Sicurezza del Comune o il Reponsabile Ufficio Stampa del Sindaco lo conoscevano!). Un progetto che non è stato scritto con il coinvolgimento dei cittadini. Un progetto che può essere il più perfetto di questo mondo ma che se non è affiancato da un intervento sociale, cioè da un intervento complessivo per garantire che il controllo del territorio sia sottratto alla criminalità organizzata, non servirà proprio a nulla... ancora, di nuovo! Dire questo è essere contrari alla "rinascita"? Per nulla, è essere per la "rinasciata" vera che si fonda sulla rinascita di una "comunità", contro le logiche assistenziali che, con sperpero di risorse utilissime, lasciano intatto il problema, la radice del problema che così potrà riprodursi senza freno, mentre gli Amministratori pubblici si vanteranno di aver stanziato un milione di euro qui, un milione la ed un altro milione per un'altra area ancora, ringraziati e riveriti da certi giornalisti asserviti e da militonti ben indottrinati.
Inoltre se una delle nostre richieste è stata accolta, facendo sì che ogni richiesta di contributi a fondo perduto per la "rinascita" della Maddalena e di Prè venisse mandata alla DIA per le opportune verifiche, per affrontare il problema questo, lo ripetiamo, non basta. Non si può infatti pensare che l'unica soluzione per ristabilire la legalità nel centro storico sia quella repressiva e giudiziaria. Chi lo pensa è un folle! Infatti, ad esempio, se i contributi per la "rinascita" vengono elargiti solo a qualle realtà non in difficoltà... ci si prende in giro! Chi è in difficoltà non accederà ai sostegni del "Patto della Maddalena" e quindi è condannato a chiudere i battenti, così come hanno chiuso uno dopo l'altro i negozi storici della Maddalena in questi anni, nella totale mancanza di attenzione da parte della Pubblica Amministrazione. Chi non è in difficoltà e potrà quindi accedere agli aiuti, deve avere un bel gruzzoleto per integrare il contributo pubblico... e chi può farlo? In una situazione di devastazione socio-economica come questa solo chi non ha alcun problema di fondi... e tra questi chi si schiera in prima linea? Quella zona grigia, fatta di prestanome della criminalità mafiosa, che ha disponibilità ingenti di denaro sporco da riciclare, oppure quanti si rivolgeranno ai boss per entrare nella loro corte. Questo anche perchè, non dimentichiamolo, le stesse banche che riciclano tranquillamente il denaro sporco, senza segnalare i movimenti sospetti, e che concedono mutui ed ipoteche ai mafiosi senza alcuna garanzia, sono le stesse banche che non concedono mezzo euro a chi non si presenta con protettori, padrini o santi! Vogliamo parlarne?!?
Questa è la realtà del centro storico genovese. Vogliamo affrontarla seriamente o vogliamo continuare a prenderci in giro? Gli unici che stanno affrontando seriamente questa situazione sono i Liberi Cittadini della Maddalena, con i rappresentanti dell'associazione Centro Storico Est. Loro hanno preso coscienza della relatà, non hanno sposato alcuna iniziativa o campagna, bensì hanno assunto, con la loro capacità critica, consapevolezza di quale sia la realtà che li circonda ed hanno capito che occore agire come "comunità" perchè le cose possano davvero cambiare. Ma le Istituzioni ancora latitano, fanno la lista della spesa delle bazzecole ad ogni incontro... incontro dopo incontro. Poco si vede, e soprattutto mai si notano quegli interventi effettivamente necessari e risolutivi! Esempio emblematico di questo, oltre alla questione dei beni confiscati a Cosa Nostra in Vico delle Mele - di cui abbiamo ampiamente parlato -, è il famoso Centro Interforze delle Vigne. Aperto e diventato stazione della Polizia Municipale, perchè era impensabile con un qualsiasi minimo ragionamento logico, che funzionasse. Nessuno, sotto gli occhi degli scagnozzi dei boss mafiosi, sarebbe mai entrato per fare segnalazioni e denunce! Non è difficile da capire... ma tant'è si sono sperperati soldi, forze e tempo. Altro esempio concreto? Bene iniziamo da destinare la Loggia di Banchi, come i beni confiscati di Vico delle Mele, al gruppo dei Cittadini Liberi del centro storico, perchè vi sia un uso polifunzionale e pubblico concreto (e non mediatico e di facciata, magari sotto qualche sigla di "moda"), dove si possano promuovere, con la collaborazione di tutte le realtà sociali e culturali, con le comunità straniere, quelle attività che ad esempio al Cep di Prà sono state promosse dal volontariato con il Consorzio Pianacci, dimostratesi capaci di ricostruire il senso di appartenenza ad una comunità solidale e libera (non assistita e quindi non ricattabile!).
La rinascita passa dalla cittadinanza attiva... certo questa crea problemi seri alla credibilità dei cattivi amministratori pubblici, ma è una risorsa straordinaria per le Istituzioni che volessero davvero risolvere la questione alla radice!
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Ci sono ancora alcune cose
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