Voto di scambio. Tessere della Margherita prestate
dall'assessore Paolo Striano al "nemico" Luigi Grillo di Forza Italia. Contatti
di esponenti politici del centrosinistra con il mondo delle cosche calabresi.
Appalti truccati a società molto discusse...
L'inchiesta del pm Francesco Pinto va molto oltre le mazzette per le mense e
disegna una Liguria terra di conquista per la criminalità organizzata. Scrivono
investigatori e pm nelle 1.200 pagine di allegati alla richiesta di arresto
presentata mercoledì: «Il tenore delle conversazioni intercettate ha
evidenziato collegamenti di Gino Mamone sia con il mondo politico che con il
mondo delle cosche calabresi. Egli potrebbe rappresentare il punto di contatto
tra i due mondi, al fine di trovare tra essi un'intesa e condividere interessi
comuni, che possono essere identificati in: elezioni di esponenti politici in
occasione di elezioni amministrative a Genova con l'appoggio delle cosche
calabresi; ottenimento di appalti pubblici e di concessioni varie per le
famiglie calabresi in cambio del loro voto politico».
VOTI PER APPALTI, L'INCHIESTA DILAGA
Si scopre così che assessori comunali di Genova (Striano), ex consiglieri
comunali (Fedrazzoni e Cosma), dirigenti regionali, il sindaco di Arenzano
Luigi Gambino e perfino un sottosegretario agli Interni del governo Prodi,
Ettore Rosato (Margherita), coltivavano rapporti discutibili con famiglie in
odore di ‘Ndrangheta. Che alcuni offrivano lavoro in cambio di voti. Tutto
nasce da un'indagine per riciclaggio.
Improvvisamente, scrive la
Finanza in un rapporto, «emergono collegamenti con ambienti
della criminalità organizzata ligure e in particolare con i Mamone», una
famiglia proprietaria di società leader in Liguria per le bonifiche ambientali
e la gestione dei rifiuti, destinataria di non pochi appalti pubblici e vicina
a diversi esponenti del centrosinistra.
Gli episodi interessati dall'indagine si svolgono tutti dal 2007 in poi.
Partendo dai Mamone, si arriva al loro amico e consulente legale Massimo
Casagrande (ex consigliere comunale dei Ds), per poi fare breccia nel mondo
politico ligure. Scrivono gli investigatori: «Gino Mamone è stato segnalato
dalla Dia per i suoi legami con la cosca della ‘ndrangheta calabrese dei
Mammoliti... E dai contatti telefonici emergono inequivocabilmente i contatti
con Vincenzo Stefanelli, detto Cecé, esponente della criminalità organizzata di
stampo mafioso, titolare della ditta Nicat edile di Genova».
Mamone vanta profonde conoscenze e frequentazioni con gli allora consiglieri
comunali Massimo Casagrande, Paolo Striano e Salvatore Cosma. Cosma ha vagato
per tutto l'arco politico: è stato iscritto fino al 1997 al Pds, poi per un
anno alla Lista per Sansa, di cui fu assessore, quindi è ritornato nel 1998 ai
Ds, per passare subito dopo all'Italia dei Valori e militare in ultimo
nell'Udeur dal 2005 fino all'epoca in cui si sono verificati i contatti
contestati (2007).
Salvatore Cosma, come rappresentante dell'Udeur, riesce anche a combinare
incontri tra gli "amici calabresi" e l'allora ministro della Giustizia,
Clemente Mastella. Ma finisce male, Mastella li tratta freddamente: «Una
sporcaccionata così non me l'aspettavo mai, ci tratta come dei pomodori in
faccia», sbotta Stefanelli dopo l'incontro con il Guardasigilli. Gli amici,
però, tornano alla carica in occasione della visita di Mastella a Genova e,
finalmente, riescono a incrociarlo. Ma l'incontro, annotano i finanzieri, «durò
pochi istanti». Dalle carte emergono altri tre episodi clamorosi.
Il primo legato ad appalti pubblici (bonifica dell'Area Stoppani, vendita
dell'ex oleificio Gaslini e bonifica dei depositi Praoil di Pegli). Il secondo
è riferito invece al voto di scambio alle ultime elezioni amministrative.
Infine c'è "l'incidente" dell'aeroporto di Genova in cui Massimo Casagrande e
Claudio Fedrazzoni (entrambi ex consiglieri dei Ds) vengono pizzicati con una
valigia piena di banconote (24.500 euro). Molti i nomi, anche nuovi, coinvolti
nello scandalo degli appalti. Mamone vuole vendere l'ex oleificio Gaslini ad
almeno 13,5 milioni di euro; Massimo Casagrande chiede «un milione di euro» per
favorire l'ottenimento dell'edificabilità.
Troppo, secondo Mamone e i suoi uomini, che il 27 gennaio 2007 ne parlano
durante un incontro intorno al tavolo del ristorante Edilio. Presenti Mamone e
l'acquirente, Michelino Capparelli: «Non ce li si deve dare perché ha chiesto
soldi anche a me Casagrande... e io gli ho detto, se vuoi centomila euro te li
regalo perché siamo amici. Capparelli, lei non deve dare un milione a lui». Poi
Mamone aggiunge ostentando sicurezza e amicizie ai vertici politici liguri:
«Questo progetto non lo ferma nessuno, perché sono amico di Burlando, sono
amico di tutti, della Marta... ».
Ma il pm, come anticipato dal Secolo XIX, ha puntato la sua attenzione anche
sull'appalto per la bonifica della ex-Stoppani. Il 30 gennaio 2007 Mamone parla
con Luigi Gambino, passato e futuro sindaco di Arenzano. Si discute di un
incontro con il comune di Cogoleto. E Gambino: «Io ne vengo adesso, guarda,
ehm... per aprirti tutte le strade possibili».
Ma non basta. C'è un inciso allarmante: «Avvalendosi dei suoi numerosi appoggi
politici, Mamone può ottenere l'approvazione degli enti locali. Grazie alle
intercettazioni sono stati acquisiti preziosi elementi circa il coinvolgimento
delle sottoindicate persone che opererebbero a favore del Mamone: lo stesso
Striano, Giampiero Lazzarini (il responsabile dell'Ambiente di Arenzano),
Gabriella Minervini (direttore generale Ambiente della Regione), Cecilia
Brescianini (vice-commissario per la bonifica della Stoppani) e l'allora
sottosegretario all'Interno, Ettore Rosato (Margherita)».
Sì, proprio quel Rosato che si doveva occupare anche delle iniziative
anti-racket e anti-usura e della tutela delle vittime di reati di tipo mafioso.
Ma non ci sono soltanto i Mamone. I rapporti della Finanza raccontano anche dei
legami con la famiglia Vaccaro, anch'essa di origine calabrese. E qui c'è un
gustoso episodio accaduto il 28 marzo 2007 all'aeroporto Cristoforo Colombo. La Finanza, messa in guardia
da un'intercettazione telefonica, blocca al check-in Massimo Casagrande e
Claudio Fedrazzoni, chiede loro di mostrare il contenuto di una valigetta.
All'interno 24.500 euro in banconote. Casagrande si giustifica così:
«Ventimila euro mi sono stati consegnati da un cliente per pagare una parcella all'avvocato
De Santis di Roma. Il resto sono miei». Una ricostruzione cui gli investigatori
non sembrano credere. Secondo gli investigatori, potrebbero essere serviti per
aggiustare un processo tra una società genovese e l'Agenzia del Demanio che
chiedeva un risarcimento da 1,5 milioni di euro.
Tale causa sarebbe stata vinta grazie all'interessamento di Fedrazzoni e
Casagrande attraverso un avvocato romano. I proventi sarebbero stati divisi
così: 500mila euro al titolare del locale che aveva vinto la causa con il
demanio, un milione di euro, invece, a Casagrande, Fedrazzoni e all'avvocato
romano Enrico De Santis. Ma ce n'è anche per Paolo Striano, all'epoca dei fatti
consigliere comunale e capogruppo della Margherita, segretario metropolitano
della Margherita e membro della commissione urbanistica.
Quello Striano che fino a pochi giorni fa era assessore allo Sport della
giunta il 23 febbraio e Striano è già indagato per corruzione per Vincenzi. È
aver agito come mediatore nella compravendita tra Mamone e Capparelli dell'area
dell'ex oleificio Gaslini. Scrive la
Finanza nel rapporto: «Essendo in scadenza il suo mandato
politico, volendo garantirsi la rielezione, Striano sta tessendo una rete di
rapporti di collaborazione con esponenti del mondo politico ed imprenditoriale.
Queste relazioni gli consentono di adescare i consensi dei privati
cittadini, interessati soprattutto ai posti di lavoro che lo stesso promette in
cambio del voto». Voto di scambio? Chissà. Ma c'è anche un episodio di falso
tesseramento: Striano, per fare un favore al parlamentare del centrodestra
Luigi Grillo, arriva a scambiare come figurine le tessere degli iscritti del
suo partito prestandole agli avversari Forza Italia.
Lo dimostra una telefonata del 26 febbraio 2007. Striano chiama un certo
Antonio con un cellulare intestato alla Margherita: «Senti un po', mi ha
telefonato adesso Rosario (Monteleone, all'epoca segretario regionale della
Margherita e grande sponsor di Striano, ndr) e mi ha chiesto se facciamo un
favore a Gigi Grillo, dandogli una cinquantina di iscritti».
Il fine dello scambio di tesserati? «Verranno chiamati il giorno del
congresso di Forza Italia per andare a votare». Insomma, tesserati della
Margherita vengono prestati agli avversari per votare secondo i desideri di
Grillo al congresso degli azzurri.
GIOVANNI MARI
MARCO MENDUNI
FERRUCCIO SANSA