CON GLI ARTICOLI IN CODA SULLA MOBILITAZIONE DI QUESTI GIORNI
DA L'INFORMAZIONE DI REGGIO EMILIA DEL 13, 14 e 15 MAGGIO 2010
Fino alle scorse settimane chi diceva che c'era la mafia in questo territorio lo tacciavano di essere un pazzo, o, quando erano più gentili, lo ignoravano e cercavano di isolarlo quasi che potesse contagiare altri. E' successo a noi, è successo al Consigliere Comunale della lista civica "5 Stelle", Matteo Olivieri, ed al Meetup di Reggio Emilia, così come è successo a chi in Camera di Commercio propone da tempo l'attivazione di un'attività di prevenzione coordinata con i reparti dello Stato.
Ora qualcuno ha denunciato ed a qualcuno è stata fatta saltare l'auto, ed allora ci si accorge che a Reggio Emilia si ha la mafia in casa! Ed allora si parla, si fanno i proclami, si scende in piazza... si dice che "no alla 'ndrangheta". Il Comune, il mondo economico e la cosiddetta "società civile", tutti insieme a sfilare e proclamare...
Eppure che la mafia sia di casa a Reggio Emilia, come a Modena, Piacenza, Parma, Forlì, Ravenna, Rimini, Ferrara... sino a Bologna, in ogni provincia della regione, non è una novità. Lo si sa da anni, anzi: da molti anni. Lo si sa da atti ufficiali conosciuti ma che si è sempre fatto finta di non vedere.
Si sa che la mafia qui gestisce qui i suoi traffici illeciti, come si sa che si è inserita nell'economia. Ed è quindi risaputo che anche qui controlli gioco d'azzardo, sfruttamento della prostituzione, traffici di armi, traffico e spaccio di droga... ma anche traffici di rifiuti tossici e false bonifiche ambientali... per poi soffocare l'economia locale delle varie realtà territoriali con i suoi capitali sporchi da ripulire e reinvestire, magari in speculazioni edilizie o grandi opere.
Ed allora che è successo? Semplice: quando vi è qualche atto eclatante non si può far finta di non vederlo. Se ne parla, tanto passerà in fretta e tornerà il silenzio, perché qui, come in Lombardia, Umbria, Liguria, Piemonte, Veneto, Toscana, Friuli, Lazio, Marche ed Abruzzo... - da Roma in su, per intenderci - la mafia in casa c'è, perché qualcuno gli ha aperto la porta principale: quella dell'economia!
Si sa da anni ed anni che, ad esempio, le economie di città come Parma e Modena (su cui si sta per abbattere un'ondata speculativa di cemento senza precedenti) si reggono su una spaventosa azione di riciclaggio del denaro sporco. Così come si sa che le società delle mafie, iscritte nelle Camere di Commercio emiliane, con conti, fidi e mutui delle Banche in terra d'Emilia, condizionano il mercato, soffocando l'economia pulita. Si conoscono imprese nate da nulla e divenute colossi capaci di conquistare posizioni monopoliste in un batter d'occhio, così come si conoscono certi flussi finanziari provenienti dall'Est che quando non si fermano nel Veneto, magari per acquisire le Ville del Palladio nel vicentino, scendono e controllano ormai il mercato del "divertimento" della riviera romagnola.
Ebbene sì, qui la mafia è quella che è stata considerata "buona" perché portava e porta soldi (sporchi, ma sempre soldi, il cui odore non importava molto e nemmeno le macchie di sangue davano troppo disgusto) e quindi portava e porta investimenti ed opere, quindi lavoro e quindi "pacchetti di voti", offrendo servizi a basso costo per i consumatori di sesso a pagamento, di coca, di azzardo ma anche per le imprese e pubbliche amministrazioni che avevano bisogno di qualcuno che sapesse fare il gioco sporco del smaltimento illecito dei rifiuti, di forniture sottocosto e di movimenti terra e bonifiche alla carlona.
Qui a Reggio Emilia poi - come si dice - si sparavano tra loro e quando organizzavano attentati con bazzuka o esplosivo, la scuola di guerra l'avevano a Pavia mica a Valle Re, e, soprattutto li eseguivano lontano quegli omicidi... il sangue scorreva in Calabria mica sul selciato della città del Tricolore.
Noi ne abbiamo parlato più e più volte. Ci abbiamo anche scritto un libro "Tra la Via Emilia e il Clan". Ma tutto è corso via, ignorato, rimbalzato sul grande muro di gomma dell'ipocrisia di chi si mobilita contro le mafie solo quando c'è un atto eclatante... o solo quando si tratta di parlare della mafia "cattiva", quella che è al sud, quella che è lontana... quella della manovalanza prettamente "criminale".
Ed allora è curioso vedere che chi ha aperto la porta di casa, in Emilia Romagna, alle mafie, tenendo fede ad un omertà più impenetrabile di quella conosciuta al sud, ora scende in piazza contro le mafie. D'altronde siamo abituati a vedere il mondo cooperativo della Legacoop che sponsorizza e lavora con "Libera" da un lato e dall'altro è quello che quella porta l'ha non solo aperta, ma spalancata.
Questo è il problema. Un problema che nasce da lontano, da quando le Cooperative per scendere a costruire la Bagheria dei Russo e Sanfilippo, su cui puntava l'indice Pio La Torre che per questo fu ucciso, sdoganarono i Cavalieri dell'Apocalisse di Catania. O quando le Amministrazioni rosse chiamarono la Icla dei camorristi a rifare Piazza Maggiore e la Pinacoteca di Bologna. Od ancora quando colossi delle Cooperative accettavano di lavorare alle condizioni ed a braccetto con le mafie nei lavori per l'Alta Velocità... Per arrivare all'oggi dove abbiamo altri colossi delle Cooperative che, con Amministrazioni rosse, danno subappalti e incarichi a società di soggetti che da anni sono indicati dalle Relazioni della DIA, della Procura Nazionale Antimafia o della Commissione Antimafia, come società della 'ndrangheta... come nei casi della Coopsette con i Mamone o della Unieco con i Mamone ed i Fotia, in terra di Liguria.
Questo è il problema. L'economia e la politica spregiudicate che hanno disegnato un contesto permeabile a quell'infiltrazione che da tempo si è tramutata in radicamento delle mafie in Emilia Romagna, come nel resto del Nord.
Qui quindi sta la questione: o si indica questa realtà dei fatti e la si affronta o è inutile... ogni parata o proclama si scioglierà come la neve al sole.
D'altronde se, ad esempio, "Libera" non sceglie di rompere quel legame con il blocco politico-economico che in Emilia Romagna è un tutt'uno, non sarà efficace alcuna sua azione di contrasto alle mafie, non sarà prima di tutto credibile! Tutti si è bravi ad indicare i boss incarcerati, ricordare i morti ammazzati o combattere solo quelle attività prettamente "criminali" delle mafie, ma questo non serve per sconfiggerle, lo sappiamo ormai bene!
D'altronde se, ad esempio, le Cooperative e le grandi imprese emiliane non tagliano i loro rapporti di lavoro e di affari con quelle società di famiglie indicate come mafiose dai reparti dello Stato, queste ultime potranno continuare ad operare e soffocare le imprese oneste e pulite, spingendole a cedere alle richieste estorsive in cambio di qualche "goccia" di lavoro o piegandole sotto il peso dell'usura per utilizzarle poi come "prestanome" dopo averli spolpati.
D'altronde se, ad esempio, non si comprende che è la comunità che deve rigettare certe presenze, rifiutando la logica della convivenza e della contiguità, anche verso quei "professionisti" al soldo dei mafiosi (che stanno nelle banche, negli studi notarili, di commercialisti, avvocati, ingegneri e architetti o geometri senza scrupoli) non si riuscirà a romperà l'omertà e non si riuscirà a far sentire il disprezzo sociale agli uomini delle cosche ed ai loro amici in giacca e cravatta.
D'altronde se, ad esempio, la Regione pensa ad una Commissione Antimafia regionale - come quella prospettata con Libera, poco prima delle elezioni del marzo scorso - composta da Consiglieri anziché soggetti esterni e slegati non solo dalla gestione della Regione, ma anche al blocco politico-economico dominante nella regione, nulla potrà emergere.
D'altronde basterebbe che i Comuni (dal più piccolo al capoluogo di Regione), passando dalla Provincia e dalla Regione stessa, così come da ogni società con una partecipazione pubblica (a partire da quelle del gruppo Hera) ed ogni impresa che operi con concessioni, licenze o incarichi pubblici, fossero obbligati a pubblicare sul web la lista dei loro fornitori, così come ogni consulenza, incarico, appalto o subappalto, per garantire la trasparenza necessaria ad un efficacie azione di prevenzione.
Basterebbe trasmettere ai reparti investigativi non solo gli appalti sopra-soglia (che già, spesso, nonostante vi sia l'obbligo di legge, non vengono trasmessi), ma tutti, così come anche le liste dei contributi che vengono elargiti da Regione, Comuni e Province... per agevolare le azioni di controllo preventivo. Basterebbe la realizzazione di una banca dati pubblica sulle licenze commerciali (e dei circoli "culturali") che vengono rilasciati nei vari Comuni, per garantire la possibilità di controllo e disincentivare chi ha qualcosa da nascondere.
Basterebbe sostenere il lavoro avviato nell'ambito della Camera di Commercio, anziché ostacolarlo più o meno palesemente, per far sì che si monitorizzino - e quindi si segnalino a chi di dovere - società, bilanci e passaggi di rami aziendali sospetti.
Basterebbe quindi trasparenza e correttezza nella gestione della cosa pubblica e dell'economia per costruire un muro impenetrabile alle mafie. Questo serve, non le mezze verità e l'ipocrisia dei proclami, bensì azioni concrete, semplici che non costano nemmeno un euro! Non vi è necessità, per fare questo, di aspettare sentenze o provvedimenti della magistratura o nuove Leggi dello Stato.
Serve solo una cosa: la volontà di farlo. E quindi: si avrà il coraggio di farlo?
La mafia, ricordiamocelo, fa affari ed è negli affari che va colpita... nella sua rete di rapporti e collaborazioni con le grandi imprese e con le pubbliche amministrazioni che gli concedono fette di lavoro e mercato. La mafia è sempre più invisibile, compra e corrompe... ed proprio su questa che occorre puntare l'attenzione e l'indice, sempre, anche quando non ci sono incendi, spari o bombe.
Per questo serve collaborare con i reparti investigativi preparati e determinati che ci sono (dal Gico della Guardia di Finanza a Bologna, al Centro Operativo della DIA di Firenze, alla Squadra Mobile di Bologna, ad esempio) e serve anche sconfiggere e scacciare quanti, dai politici ed amministratori agli alti funzionari pubblici, negano la presenza e operatività delle mafie in questi territori, perché è nel "silenzio" e nell'ombra che le mafie trovano, da sempre, terreno fertile.
Da parte nostra continueremo a raccogliere le segnalazioni dei cittadini e le passeremo ai reparti investigativi con cui collaboriamo, così come continueremo con le nostre inchieste insieme alle realtà sane del territorio, quelle libere dai condizionamenti politici ed economici, per contribuire a far emergere le distorsioni, infiltrazioni e le attività delle organizzazioni mafiose e le loro alleanze politico-economiche, così come le devastazioni ambientali, dell'economia e del bene comune.
Ed anche per questo, a partire dalla prossima settimana inizieremo un iniziativa provocatoria: consegneremo una copia del libro ai Sindaci delle città capoluogo ed ai Prefetti, perché non possano dire che non sapevano!
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SU "L'INFORMAZIONE DI REGGIO" DEL 15.05.2010
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